#BERLINALE 74ma Ed. 15/25 febbraio 2024 SPECIALE #5 (DAY 3)

Lo sguardo critico di Vittorio De Agrò dallo Zoo Palast 

(da Berlino Luigi Noera con la gentile collaborazione di Maria Vittoria Battaglia e Vittorio De Agrò – Le foto sono pubblicate per gentile concessione della #BERLINALE)

#Faruk di Aslı Özge presentato nella sezione #Panorama

Sinossi: Faruk, che ha più di 90 anni, diventa sempre più il protagonista del film che sua figlia sta girando sull’imminente demolizione del suo condominio a Istanbul. Una storia sulla gentrificazione e su una complessa relazione padre-figlia.

Recensione:

Capita spesso che finzione e realtà  si mescolino, quando un regista ha trovato l’ ispirazione da un episodio del quotidiano e/o da un momento significativo  della società in cui vive

È  meno frequente, che il protagonista  del film possa diventare il  padre novantenne dello stesso regista.Ma in questo caso i due piani coincidono  poiche l’anziano padre è  alle prese con una ristrutturazione  del proprio  appartamento .

La bellezza del cinema è  rendere possibile  quanto interessante  una curiosa coincidenza.

Mr Faruk è  un simpatico  novantenne nonché padre della regsta Ozge. Quest’ultima dopo aver sottoposto il genitore ad un realistico provino, decide di affidargli il ruolo di protagonista dando vita cosi ad un film di finzione, ma presentando anche  inevitabili aspetti personali e familiari.

L’iniziale urgenza narrativa della regista era quella di denunciare la speculazione  edilizia   in corso ad Istanbul,  che sta facendo “scomparire” il verde ed l’identità  immobiliare della vecchia Istanbul. Gli interessi dei fondi speculativi nel  distruggere i vecchi palazzi  ha ovviamente causato la protesta  degli abitanti dei quartieri  interessati.

Il Sig Faruk diventa così  il simbolo della protesta.

Nella speranza di ritardare la demolizione dell’edificio in cui vive da decenni,  Faruk partecipa regolarmente alle riunioni di gestione dell’edificio . Aslı Özge offre uno spaccato della vita di un uomo anziano nella vivace metropoli di Istanbul. Ma quello che il regista non aveva “previsto” che il film potesse diventare anche l’occasione di un confronto  a 360 tra padre e figlia.

Il film”Faruk”  alterna finzione e realtà in modo efficace, armonioso e tenero.

Lo spettatore  non può non affezionarsi  al signor Faruk, alle sue smorfie facciali, silenzi e soprattutto  alla vivacità  dei suoi occhi.

Faruk osserva con uno sguardo melanconico misto a curiosità la sorte del suo appartamento, avendo  anche un valore simbolico ed esistenziale.

“Faruk” è  un film particolare, delicato, ricco di suggestioni anche di stampo oniriche, lasciando allo spettatore  il desiderio di conoscere  e fare compagnia  con l’anziano  protagonista, mai banale anche nell’uscire  di scena da consumato  attore.

#AbovetheDust di Wang Xiaoshuai è stato presentato nella sezione #Forum

Sinossi: Wo Tu, dieci anni, sogna di avere una pistola ad acqua come gli altri ragazzi del suo villaggio. Anche se suo padre lo ha promesso, non riesce a portarne uno dalla città. Ma c’è una speranza per Wo Tu: il nonno morente gli assicura di esaudire il desiderio come fantasma. Dopo la sua morte, il vecchio visita il ragazzo in sogno, dando inizio ad una caccia al tesoro. Ben presto, i confini tra realtà e sogno, passato e presente, diventano sempre più sfumati. Un ritratto del profondo amore per la terra, attraverso tre generazioni di una famiglia nella moderna vita rurale cinese.

Recensione:

Qualsiasi genitore farebbe il possibile nel vedere felice il proprio figlio.

Altresì noi figli, essendo viziati, chiediamo troppo spesso la luna ai nostri genitori.

Se un genitore non mantiene una promessa è il peggiore dei tradimenti per un bambino.

È una Cina rurale, povera, arcaica, quella che il regista ha deciso di mostrare allo spettatore abituato allo sfarzo e lusso di Pechino.

“Above The Dust” conduce lo spettatore dentro una storia ricca di suggestioni, tradizioni e simbolismi e soprattutto narrativamente pensata sull’alternanza tra realtà e finzione, tra la fase onirica e la rievocazione di un passato familiare funzionale alla storia.

“Above The Dust” presentato in anteprima nella sezione Generation della Berlinale 2024, inizia con una tormenta di sabbia che ha devastato uno sperduto villaggio cinese e provocato la morte del nonno del giovane protagonista Wo Tu.

È una tragedia che però che agli occhi e soprattutto all’ ingenuo cuore di Wo Tu diventa vana speranza di poter ricevere l’agognata pistola d’acqua.

“Above The Dust” cerca di tenere insieme differenti linee narrative e temporali con lo scopo di raccontare la storia moderna della Cina tramite Wo Tu e la sua famiglia.

Wang Xiaoshuai realizza un film ambizioso nelle idee, ma non altrettanto efficace e creativo nello sviluppo scenico   presentando alcuni passaggi inutili e/o prolissi e soprattutto eccessivamente simbolici per uno spettatore non “cinese”

“Above The Dust” ha una struttura narrativa “circolare”, ma una circolarità che non convince completamente anche a causa di un ritmo piuttosto compassato e quasi “monocorde”, non rendendo la visione sempre fluida e coinvolgente.

“Above The Dust” strizza l’occhio anche al genere “coming age” , ma troppo legato alla mentalità e tradizioni cinesi

In conclusione “Above The Dust” è un interessante opportunità di conoscere e soprattutto scoprire una Cina diversa dagli abituali cliché occidentali, diventando inevitabile amico oltre che solidale di Wo Tu nelle sue continue avventure.

#NightsStillSmellofGunpowder di Inadelso Coss presentato nella sezione #Forum

Sinossi: Nel periodo successivo alla guerra civile del Mozambico, vado a trovare mia nonna, confrontandomi con ricordi sbiaditi e confini sfumati tra verità e finzione. La presenza di un ex ribelle nel villaggio riecheggia gli implacabili fantasmi della guerra, rispecchiando le tensioni della mia generazione.

Recensione:

La guerra è una parola orribile, terribile, brutta che non andrebbe mai pronunciata. La Guerra porta con sé  morte, distruzione, dolore.

Nessuno esce vincitore da una guerra, a maggiore ragione se  contrappone fazioni dello stesso paese.

Una guerra “civile”  lascia, se possibile,  macerie fisiche e ferite psicologiche ancora più evidenti e devastanti.

Avevo sentito solo l’eco della guerra civile in Mozambico durata dal 1977 al 1992, non avendo ovviamente conoscenza delle due fazioni in lotta. Leggendo sul web ho “scoperto”: I combattenti per l’indipendenza (FRELIMO) e i ribelli della Resistenza Nazionale (RENAMO).Il risultato di  quindici anni di sanguinose battaglie  è lo spaventoso numero di vittime a causa di  troppe mine sparse nel martoriato territorio del Mozambico.

Come si può ricostruire un paese dopo tanto orrore?

Come possono vivere due ex nemici all’interno di uno stesso villaggio?

I ricordi sbiaditi dei sopravvissuti  sono sufficienti come monito per le future generazioni?

Sono soltanto alcune delle domande che il regista Inadelso Coss all’epoca ancora un bambino spensierato,  pone a sé stesso ed al pubblico iniziando questo doloroso viaggio nella memoria, visitando il villaggio in cui vive sua nonna.

#NightsStillSmellofGunpowder  è un documentario, un diario di viaggio, un racconto vivido e poetico  del dopo guerra vissuto, metabolizzato da una piccola comunità, ma simbolo di un Paese che sta cercando di mettersi il passato alle spalle.

Inadelso Coss costruisce questo film mettendo subito in chiaro la sua duplice funzione: personale, intima e quella più universale. Una scelta registica e narrativa che si evince da subito, alternando con sapienza, sensibilità  le immagini di archivio  relativo al conflitto e le interviste ai reduci, anche se sarebbe più corretto definirlo come l’esposizione dei corpi, dei volti più delle parole nel dare consistenza e veridicità alla tragedia vissuta.

La nonna del regista soffre dei primi sintomi dell’Alzheimer e riesce a ricordare solo di notte. Un ex ribelle si stordisce con l’alcol e continua le battaglie nella sua anima. Gli echi dell’orrore alleggiano nell’aria, sulle persone, su ogni albero e sasso di questo sperduto villaggio. Una guerra a cui nessuno vuole più pensare, ma che tragicamente segnato l’esistenza di tante generazioni.

#NightsStillSmellofGunpowder è un esperienza sensoriale, della memoria, una caccia ai fantasmi, ai ricordi mancanti e quelli immaginari. Un mix di emozioni e sensazioni che affascina e colpisce lo spettatore fino all’ultima immagine di questo viaggio bello quanto doloroso.

#REINAS è un film diretto da Klaudia Reynicke presentato nella sezione #Generation

Sinossi: Lucia e Aurora stanno per lasciare per sempre il loro paese con la madre e hanno bisogno che il padre assente firmi i documenti di uscita. È stato conveniente per Carlos non essere papà, ma ora se vuole che le sue figlie siano amate, deve riconquistare il suo posto prima che se ne vadano.

Recensione:

L’unità e solidità di una famiglia si vede nei momenti difficili. Una coppia è davvero una coppia quando è capace di superare insieme qualunque tipo di crisi.

Esiste però la crisi economica capace di far saltare in aria un intero Paese.

L’inflazione galoppante è uno tsunami economico che rende ancora più esplicito e netto il divario tra ricchi e poveri.

“Reinas” ambientato nel 1980 in Perù inizia  con il giornalista del tg che annuncia, per l’indomani,  l’esponenziale crescita dei prezzi dei beni di prima necessità e chiudendo  la trasmissione con un accorato “Che Dio ci aiuti”

Nella scena successiva vediamo un tassinaro che vanamente cerca di conquistare l’attenzione di un  cliente.

Scopriremo che il tassinaro si chiama Carlos, padre  assente di due figlie. Quest’ultime cresciute dall’ex moglie decisa a lasciare il Peru  e ricominciare insieme alle figlie una vita negli Stati Uniti.

Ma per far espatriare le due minori, è necessaria la firma di Carlos sui documenti di viaggio.

Carlos ha deluso tutti, rimanendo un quasi fannullone ed un “cantastorie” agli occhi dell’ex moglie e della sua famiglia.

L’uomo però non vuole  lasciare andare le figlie prima di riconquistare la stima ed affetto. E così convince l’ex moglie, con la promessa di firmare i documenti per l’espatrio, di trascorrere una giornata al mare con le figlie.

“Regine” racconta con sensibilità e semplicità  le difficoltà e responsabilità genitoriale nei confronti di un figlio e quanto possa essere “umiliante” per un padre dover ammettere i propri limiti ed inadeguatezza.

“Regine” è altresì il racconto dell’amore indissolubile e totale che lega un padre alle proprie figlie.

Carlos ama le sue figlie, chiamandole con affetto le sue “Regine”. Ma ciò  nonostante, l’uomo  fino all’ultimo preferisce inventarsi lavori  pur di non ammettere il proprio fallimento come uomo e firmare, dando così un futuro diverso alle amate Regine.

“Regine” è la storia di 2 sorelle unite, che vivono però con animo diverso, la partenza da Lima. Aurora, la più grande, non vuole lasciare i suoi amici e soprattutto il suo primo fidanzatino. Lucia, la più piccola, ha più teneramente timore di lasciare i luoghi sicuri ed accoglienti in cui è cresciuta.

Klaudia Reynicke  scrive una sceneggiatura con molti spunti autobiografici, come ammette la stessa regista nelle note, eppure la storia conserva comunque un respiro “universale” affrontando tematiche delicate e intime.

“Regine” è una visione intesa, genuina, emozionante nei tempi e modi giusti senza eccedere nel retorico e buonismo e ben interpretato dall’intero cast artistico.

I matrimoni possono concludersi, i genitori farsi un’altra vita, un padre /una madre può  deludere le aspettative. Ma anche se lontani e distanti, l’amore ed il benessere di un figlio supera ogni incomprensione e crisi.

Vittorio De Agrò (RS) della Redazione RdC

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