SPECIALE 71ma #BERLINALE – sessione 1/5 marzo 2021 # 11 (DAILY 2): Radu Jude si interroga sulla Romania di oggi e mette un ipoteca sull’Orso d’Oro

(da Berlino Luigi Noera con la gentile collaborazione di Marina Pavido- Le foto sono pubblicate per gentile concessione della Berlinale)

Competition

Albatros Drift Away di Xavier Beauvois

Il quadro idilliaco di una famiglia felice dove primeggia la figura della moglie. Il marito è un poliziotto che viene sempre più coinvolto nel lavoro. La vita del poliziotto scorre tra un caso da risolvere e uno insoluto e la risoluzione delle piccole beghe dei cittadini di un paese della Normandia. Ma quando scoppia il caso di un agricoltore che contravviene le regole sanitarie nella gestione dell’allevamento di mucche per il protagonista è il limite della sua pazienza per l’enorme pressione di responsabilità a cui sente essere sottoposto. Il regista sapientemente costruisce la drammaturgia della situazione sfruttando anche evidenti simbolismi come la scena della barca che esce dal porticciolo e prende il largo. In un alternarsi di situazioni emotive il film si concluderà positivamente con un bel cameo dello stesso regista nella parte di un cliente del bar con un fare vezzoso che ci ricorda tanto il cinema di Hitchcock.

Babardeală cu bucluc sau porno balamuc Bad Luck Banging or LoonyPorn di Radu Jude  (VIDEO)

Radu Jude è solito stupirci, ma questa volta è inarrestabile. A partire dall’incipit che ritrae scene di sesso esplicite tra due amanti che finiscono online e diventano virali. Sebbene i protagonisti siano mascherati, la donna che è per di più un insegnate viene individuata e schernita. Non c’è bisogno di spiegare che diventa una corsa frenetica della stessa per evitare la diffusione del video. Una feroce satira ad una società post comunista che non si è ancora scrollata di dosso l’ipocrisia del socialismo.

Nella prima parte un lungo viaggio a piedi per le strade di Bucarest di oggi della protagonista del video virale in una visione della modernità e le sue contraddizioni sulle macchie della dittatura di Ceausescu.

Nella seconda parte grazie alla proiezione di foto della Romania dell’epoca risalenti all’esperienza socialista come anche messaggi pubblicitari il regista intesse un pamphlet politico sulle idee dominanti nel mondo comunista.

Poiché trattasi di un trittico nella terza parte si svolge il processo che l’odierna intellighenzia (gli insegnati colleghi) intentano alla malcapitata insegnante soggetto del video incriminato finito su internet. L’ennesimo sguardo critico del regista alla società post comunista che a trent’anni dalla caduta cruenta della dittatura. Il film è doppiamente coraggioso in quanto è stato girato dopo l’inizio della pandemai.

Természetesfény Natural Light di Dénes Nagy

Natural Light è il primo lungometraggio di finzione del regista ungherese Dénes Nagy, i cui due precedenti cortometraggi sono stati presentati al Festival di Cannes. Il film, basato su un romanzo di Pál Závada, tra i principali autori contemporanei ungheresi, é ambientato durante la Seconda Guerra Mondiale, ma si discosta dall’idea di film di guerra per concentrarsi sul selvaggio paesaggio russo e sui i pensieri che attraversano i protagonisti. Oltre al TorinoFilmLab, il film è stato realizzato grazie al supporto di Eurimages, Aides aux Cinémas du Monde, Creative Europe MEDIA e Hungarian National Film Fund.

La storia che si presenta allo spettatore si svolge tra il 1941 e 1944 quando circa 100.000 soldati ungheresi invasero l’Unione Sovietica . Con semplici inquadrature piombiamo nella tragedia della seconda guerra mondiale . Purtroppo il film è molto lento ma quanto basta pe r far riflettere sul senso della guerra, di tutte le guerre soprattutto vista dall’angolazione di un soldato che mai ha ucciso, ma vede attorno a se tanta violenza. Non diventa forse anche lui colpevole?

Berlinale Special

Tina di Dan Lindsay, T. J. Martin

Sarebbe meglio dire che il film sulla famosa cantante Tina Turner ci presenta Ike e Tina, il suo partner agli inizi della lunga e prestigiosa carriera di potente cantante. Una coppia inossidabile dei primi successi a partire dal 1951. Il sodalizio tra i due però termina negli anni 60 con Tina che spicca il volo con il pezzo “The Deep River” (1966). A questo punto il repertorio della Turner come noi la ricordiamo viene snocciolato in tutta la sua bellezza con una interprete all’altezza della situazione.

Quello che sembrava un sodalizio eterno si è sgretolato lasciando dietro di se i cinque figli avuti dai due nel matrimonio.

Della carriera strepitosa ne soffre quindi la famiglia alla quale Tina sebbene fosse molto legata (soprattutto i figli) non riesce a dare la necessaria presenza per i continui impegni lavorativi. Tuttavia la storia ci racconta una mamma che anche se non presente fisicamente forniva ai suoi figli una presenza morale cercando sempre di stare con loro nei momenti di pausa delle continue tournee.

Berlinale Series

Entre hombres Amongst Men di Pablo Fendrik

Ambientato negli anni ’90 a Buenos Aires, AMONGST MEN trasporta il pubblico nel mondo sotterraneo della criminalità, presentando un paesaggio urbano in tumulto, segnato da intensa violenza e decomposizione morale, politica e sociale.

Buenos Aires, 1996. Tre uomini influenti vengono registrati mentre prendono parte a un’orgia in una suite con tutti i soliti ingredienti: alcol, droga e sesso. Ma dopo una riga di troppo, una prostituta muore e il video compromettente scompare all’improvviso. Questo innesca una catena di eventi che coinvolge rapidamente non solo l’intero mondo sommerso  e la malavita della città, ma anche le forze di polizia corrotte. Nella ricerca della videocassetta avvengo fatti orrendi che ricordano una costruzione registica alla quale ci abituato Tarantino. Basato sull’omonimo romanzo cult di Germán Maggiori, che ha anche collaborato a questo adattamento, il regista e co-sceneggiatore Pablo Fendrik racconta in quattro episodi un losco mondo di uomini e la palude della corruzione a Buenos Aires.

Encounters

Das Mädchen und die Spinne The Girl and the Spider di Ramon Zürcher, Silvan Zürcher

Nel corso di due giorni e una notte, quando Lisa si trasferisce dall’appartamento che ha condiviso con Mara per entrare in quello in cui vivrà da sola, molte cose si romperanno e alcune verranno riparate.

Il film ci è sembrato disturbante per la sua fragilità emotiva tra i vari personaggi, ma sono i dettagli che fanno la differenza come appunto il ragno menzionato nel titolo. C’è poi la presenza del gatto che è l’occhio distaccato dei registi. Le scene si svolgono all’interno degli ambienti delle due abitazioni, il prima e il dopo il cambiamento. Ci siamo trovati davanti a una pièce teatrale che vira al  cinema d’autore. E’ quindi  un nuovo linguaggio che ha trovato la sua naturale collocazione nella nuova selezione fortemente voluta dalla nuova linea editoriale del festival.  Forse questo è il risultato, anzi la reazione di alcuni di noi alla pandemia.

Anche per Hygiène sociale di Denis Côté – La vera peculiarità del lavoro di Coté è la pandemia, infatti le numerose restrizioni a cui tutti dobbiamo sottostare, anche l’artista ha dovuto per forza di cose adattarsi a determinate regole e, come lo stesso titolo sta a suggerire, si è adattato a questa nuova situazione girando questo suo film in aperta campagna e facendo in modo che gli attori stessi potessero mantenere il distanziamento sociale. E alla fine così è stato. (RECENSIONE)

Anche nel caso di The Scary of Sixty-First film d’esordio di Dasha Nekrasova

Si parla di una nuova sistemazione ma con un linguaggio decisamente da thriller con due coinquiline scoprono e rivivono gli oscuri segreti del loro nuovo appartamento nell’Upper East Side. Senza voler svelare il finale una delle due protagoniste si ritrova posseduta dagli spiriti delle giovani vittime del miliardario pedofilo Jeffrey Epstein.

Nella presentazione è stato sottolineato che il film stesso è ossessionato dai film gialli italiani e dall’horror psicologico degli anni ’70. Entrambi i generi si reincarnano in un’opera che non è consapevole del proprio limite e si propone di sfidare e demolire ogni rapporto di potere e di genere. E’ questo il limite di un film che vorebbe essere qualche altra cosa ma non ci riesce.

Forum

La veduta luminosa The Luminous View di Fabrizio Ferraro

L’esausto regista Emmer e Catarina, la giovane assistente di un produttore piuttosto latitante, partono per un viaggio alla ricerca dei luoghi in cui il poeta Hölderlin ha vissuto. La loro convivenza si rivelerà però molto problematica.

Il regista nostrano rivela da vero cultore della materia il suo interesse sia per l’opera che per il vissuto del poeta tedesco. Ma la descrizione è così dettagliata che solo chi conosce il poeta può effettivamente comprendere il racconto. Insomma una pellicola di nicchia su un autore che solo in pochi conoscono e potranno comprendere.

Questi sono i peccati di autoreferenzialità a  cui è andato incontro il regista.

Forum Expanded

Autotrofia di Anton Vidokle – un doc denuncia a favore delle specie animali

Ambientato in una zona montana in provincia di Matera, Autotrofia inizia filmando con uno sguardo documentaristico una processione, un rituale della fertilità.

La fertilità è il leit motiv del film, ed è vista come la capacità positiva di dare, di crescere, ossia come la vita.

Contrapposta alla vita – la fertilità – vi è la morte ovvero l’attività umana che fino ad ora ha permesso il sostentamento dell’uomo: caccia, allevamento et similia.

Chiarito che le anime dei defunti si reincarnano in altri esseri viventi, presumibilmente animali, alcuni dei personaggi denunciano il fatto che alimentarsi come l’uomo è abituato a fare equivale quasi a cannibalismo, a mangiare i nostri antenati.

Il desiderio è, allora, quello di dire basta al consumo, al cannibalismo e arrivare ad essere, come la maggior parte del mondo naturale, autotrofo.

Mangiare l’energia del sole, cessare di essere assassini eterotrofi e diventare così liberi, disfacendosi delle catene di un’esistenza governata solo dall’esigenza della nutrizione.

Generation

Una escuela en Cerro Hueso A School in Cerro Hueso di Betania Cappato (RECENSIONE)

Last Days at Sea LetzteTageam Meer di Venice Atienza  (RECENSIONE)

MissionUlja Funk di Barbara Kronenberg

Mission Ulja Funk è una avventura tragicomica, un road movie stravagante e inaspettato, condito sempre da un tocco di sarcasmo.

Ulja (Romy Lou Janinhoff), dodicenne appassionata di scienze, vive la sua vita lottando per alimentare le proprie passioni e aspirazioni continuamente soffocate dalla famiglia e dalla comunità in cui vive, una comunità caratterizzata da una religiosità ipocrita e formale.

Così, quando riesce a predire, anche prima della Nasa e dell’Esa, dove avverrà l’impatto di un meteorite sulla terra, decide di reclamare ciò che è suo e di recarsi nel luogo stabilito, costi quel che costi.

Dunque, reclutato un compagno di classe altrettanto stravagante (seppur in modi estremamente diversi) – Henk (Jonas Oeßel) – e accidentalmente rapita la nonna, inizia questo road movie che porta i nostri avventurieri da un paesino nel cuore della Germania fino in Bielorussia.

Mission Ulja Funk è anche un film di formazione: ogni personaggio, al termine di questa avventura, diverrà consapevole di qualcosa, anche se ognuno rimarrà saldo nelle proprie stranezze.

Barbara Kronenberg ci dona un film divertente, vivace, che riuscirà a strappare ad ogni spettatore certamente più di un sorriso.

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