SPECIALE #VENEZIA75 #9 – 29 AGOSTO/8 SETTEMBRE 2018 (DAY 6): Monrovia, Indiana di Frederick Wiseman – la recensione di Marina Pavido

(da Venezia Luigi Noera con la gentile collaborazione di Marino Pavido- Le foto sono pubblicate per gentile concessione della Biennale di Venezia)

Presentato fuori concorso alla 75° Mostra d’Arte Cinematografica di Venezia, Monrovia, Indiana è l’ultimo lavoro del celebre documentarista statunitense Frederick Wiseman.

Se in passato il maestro ci aveva mostrato aspetti di vita riguardanti università, biblioteche, singolari quartieri e, più in generale, grandi centri nevralgici, eccolo scegliere, in questa occasione, un piccolo paesino rurale del Midwest (Monrovia, appunto, nello stato dell’Indiana), in cui abitano soltanto 1400 cittadini e in cui il tempo, sotto molti aspetti, sembra essersi davvero fermato.

Con una struttura narrativa che tanto sta a ricordare il ciclo della vita (dalla prima infanzia, momento in cui ci viene mostrata la vita all’interno di una scuola, fino alla morte, quando assistiamo ai funerali di un’anziana signora), il regista si inserisce con il suo solito fare discreto e quasi “invisibile” all’interno di questa piccola comunità rurale, mostrandoci – come solo lui sa fare – scene di vita quotidiana riguardanti il lavoro all’interno di allevamenti, i momenti degli acquisti al supermercato, piccole assemblee cittadine, il lavoro del veterinario locale e persino la produzione di bistecche ed hamburger. Ed ecco che, dopo sole due ore e venti, anche noi ci sentiamo parte di quel piccolo mondo fuori dal tempo. Quasi come se lo conoscessimo da sempre.

Non ha paura, Wiseman, di giocare con gli stereotipi. Non ha paura di risultare eccessivo, nel mostrarci le piccole stranezze e le bizzarre abitudini di alcuni abitanti. La sua macchina da presa, al contrario, osserva – silenziosa e riservata come sempre – il tutto con sguardo benevolo, affettuoso, persino nostalgico, se si pensa che di realtà del genere ce n’è sempre meno nel mondo, a causa della globalizzazione. Frederick Wiseman, dal canto suo, è innamorato di ciò che ci racconta. E, ancora una volta, è riuscito a far suo quel piccolo, curioso mondo fino a poco tempo fa a lui così lontano.

Per il tema trattato, così come per la sua singolare struttura narrativa, questo prezioso Monrovia, Indiana può classificarsi di diritto quasi come una sorta di “opera definitiva”; a detta dello stesso regista, il giusto corollario della serie sulla vita americana contemporanea. Un’opera la cui durata è piuttosto contenuta, rispetto ai precedenti lavori dell’autore, ma che, forse anche grazie alla sua particolare struttura autoconclusiva, risulta, probabilmente, il suo lavoro più completo. Una finestra spalancata su un mondo a noi sconosciuto, da cui non vorremmo allontanarci poi così presto, ma che, ahimé, sta pian piano svanendo. Ma, si sa, la particolarità del cinema di Wiseman è proprio questa: tutti noi, davanti allo schermo, ci troviamo di punto in bianco catapultati in un nuovo mondo, che, ben presto, sentiamo come se fosse nostro da sempre.

Marina Pavido

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