#SmokeSauna di Anna Hints

#SmokeSauna  è un’ode al corpo femminile, che dall’oscurità si libera delle violenze subite per librarsi alla nitida luce, alla trasparenza dell’acqua.

Se nella prima inquadratura vediamo l’archetipo del femminile (la donna, così come è stata ritratta per secoli, dal punto di vista maschile: forme tondeggianti con un neonato in grembo), Smoke Sauna si occupa di decostruire quest’immagine della donna, dando voce a canti e a sospiri, confessioni e lamenti. Già in questa prima inquadratura, infatti, il corpo è denudato: assistiamo ad uno spoglio della realtà femminea.

La regista estone, Anna Hints, ci racconta una cultura che conosce bene. Per sette anni ha lavorato a questo documentario, partendo dalle sue “sorelle” e allargando il cerchio di conoscenze, ascoltando le voci di donne estranee, che sono pian piano diventate parte della storia. Si è dovuto costruire un legame di fiducia prima di poter filmare. “Per tirar fuori la vulnerabilità bisogna prima di tutto riuscire ad essere vulnerabili”, ha affermato la regista nell’intervista rilasciata dopo aver vinto il premio alla Miglior Regia per Documentari al Sundance Festival del 2023.

La macchina da presa viene accolta nell’intimità del rito della sauna. (La tradizione della sauna in Voromaa, Estonia, è Patrimonio Unesco dell’Umanità.) Per prima cosa bisogna rompere il ghiaccio, prendere l’acqua gelata. Quell’acqua andrà versata sulle pietre bollenti all’interno della struttura in legno, una piccola baita, per creare il vapore. Una donna si occuperà di frustare l’altra con delle foglie, mentre questa, rilassandosi, troverà una sorella che l’ascolta.

Delle silhouette femminili, in ombra, raccontano le loro storie. I volti, le facce, le espressioni arriveranno poi. Sono le pance, le cosce, le braccia, le mani – che si accarezzano, si strofinano, si consolano – ad accompagnarci nel racconto.

Per quanto singolari ed intime le esperienze narrate, queste voci sono universali.

Parlano della loro infanzia, della loro gioventù: “La cosa più importante per una donna era essere apprezzata dagli uomini: quindi, le tette.” Centrale resta lo sguardo maschile sul corpo di queste donne; dall’influenza dei porno, alle violenze familiari, ognuna descrive la sua lotta personale nell’affermarsi. “Mia sorella era considerata bellissima, io, non essendo dotata di bellezza dovevo, di conseguenza essere brava a scuola.” La percezione del corpo; l’aspettativa di dover piacere, di essere attraenti: il gruppo di donne nude, accaldate, sudate, sfoga il peso del desiderio dell’uomo, riappropriandosi così del proprio corpo e della propria identità.

Il corpo della donna è come la terra: è inteso come “una risorsa”. Una di queste figure rivela di non aver più l’utero, “Mi hanno tolto anche il seno, mi hanno tolto tutto ma non mi toglieranno l’anima.” Per troppo tempo si è cercato di definire il ruolo della donna secondo schemi che non concedono la libertà dell’individuo.

Non si tratta di storie vissute solo dalle donne che si raccontano ma di esperienze che fanno appello al vissuto femminile. Ed è proprio la sauna, questo rito tutto al femminile, che nel buio permette di raccontarsi, di aprirsi.

La regista dedica il film a tutte le sue sorelle; le sorelle grazie alle quali ha costruito il documentario ma sentiamo che il suo “abbraccio” si allarga a tutta la circonferenza del mondo, ad una sorellanza universale.

Valentina Vignoli

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