#ROMAFF18 – 18- 28/10/2023 SPECIALE #3: (DAY 2) – il Focus su ALICE a cura di Stefano Sica

(da Roma Luigi Noera con la gentile collaborazione di Stefano Sica e Valentina Vignoli – Le foto sono pubblicate per gentile concessione della Fondazione Cinema per Roma)

ALICE NELLA CITTÀ CONCORSO

Excursion di Una Gunjak – Bosnia-Erzegovina, Croazia, Serbia, Francia, Norvegia, Qatar, 2023, 93’

SINOSSI

A Sarajevo, un’adolescente in cerca di conferme dice di aver fatto sesso per la prima volta durante una partita a “obbligo o verità” tra studenti delle medie. Intrappolata nella sua stessa bugia, inventa una gravidanza e diventa il centro di una controversia che va fuori controllo.

RECENSIONE

La sezione autonoma della Festa del Cinema di Roma presenta un’opera bosniaca candidata a miglior film straniero 2024 dalla tematica coerente al tema di Alice nella Città: la donna maltrattata.

L’ispirazione della regista per il film è dovuta alla sua esperienza giovanile nel paese balcanico. In quanto donna e femminista, il suo intento dichiarato era quello di voler lanciare un chiaro messaggio contro la società patriarcale bosniaca, dove la donna è ancora limitata nella libertà e soggetta a opinioni pregiudicate.

Come protagonista è stata scelta Iman: una ragazza di 15 anni dal carattere ribelle che ha una grande voglia di sperimentare nuove esperienze. Con i suoi capelli colorati e un modo diretto di esprimersi verso i coetanei, Iman non rappresenta certo il modello tipico dell’adolescente bosniaca. Per sentirsi realizzata, la ragazza si vorrà mettere in mostra di fronte ai suoi compagni di classe, rivelando una bugia inizialmente innocua: l’aver avuto un rapporto sessuale con un ragazzo più grande di lui. Quella che sembrava solo una menzogna, finisce per innescare una reazione a catena di ulteriori bugie che dipingeranno Iman come una persona, che in realtà non è. Intrappolata nella bolla di finzione, Iman arriva a raccontare di essere rimasta incinta e che nel rapporto il partner avrebbe abusato di lei.

Nel contesto scolastico si crea un ambiente ostile, simile ad una caccia alla strega dal canto medievale, con i genitori dei compagni di classe che rimangono sbigottiti alla notizia e incolpano il sistema scolastico per la mancanza di valori. Anche i coetanei di Iman arrivano pian piano ad isolarla, fino a deriderla sui social network. Persino la sua migliore amica, l’unica persona venuta a conoscenza dell’invenzione di Iman, prenderà le distanze per il parere contrario dei genitori.

Excursion si attesta a risultare un film denuncia della società bosniaca e delle sue contraddizioni, nel quale la regista non chiede allo spettatore uno sguardo giudicante ma mostra il reale problema per come si presenta. Le due amiche protagoniste rappresentano i due estremi della società adolescente: la ragazza delimitata dai valori patriarcali e quella ribelle che si spinge oltre il limite. Il finale aperto lascia parecchi interrogativi che fanno riflettere lo spettatore su un sistema, in cui tutti indirettamente siamo coinvolti.

Katika Bluu di Stéphane Vuillet & Stéphane Xhroüet – Belgio, 2023, 80’

SINOSSI

Goma, Repubblica Democratica del Congo, Settembre 2022. Bravó ha sedici anni ed è stato esfiltrato da una banda armata congolese e portato in un CTO (Centro di Transito e Orientamento) dove poter essere rieducato così da permettergli di reinserirsi in società. Nella foresta era luogotenente, lì è un ragazzino qualsiasi e Bravó non lo accetta, rendendo la propria permanenza più complessa del previsto. Ma nascosto nel suo cuore si cela il desiderio di potersi ricongiungere alla propria famiglia.

RECENSIONE

Presentato alla Festa del Cinema di Roma 2023, Katika Bluu è nato da una missione che l’Unicef aveva commissionato ai due registi: aprire una scuola di cinema per i bambini rinchiusi nel CTO (centro di transito e orientamento) di Goma e realizzare un cortometraggio. Il progetto aveva assunto dimensioni così notevoli da far virare i registi sulla via del lungometraggio.

Katika Bluu ci porta alla scoperta di una realtà poco trattata dai mezzi di comunicazione di massa: la Repubblica Democratica del Congo. Questo Paese africano è stato martoriato da numerose guerre civili tra il 1996 fino ad oggi, nelle quali i ribelli armati – per motivi bellici – reclutano bambini piccoli rendendoli soldati fin dai primi anni di vita. Questi gruppi si nascondono nella foresta e compiono le più atroci barbarità: omicidi, stupri di donne, massacri e rapimenti; tutti a seguito di un lavaggio di cervello complessivo che inculca le ideologie dei ribelli.

La trama della pellicola ha come protagonista Bravò, un soldato di 16 anni appartenente ai ribelli, che viene liberato dalla foresta e portato in un centro CTO dell’Unicef, dove si tenta di reintegrare i ragazzi soldati nella società civile. Inizialmente Bravò mantiene le brutali ideologie apprese dai ribelli e con spavalderia tenta di sottomettere le altre persone usando la forza. Il ragazzo non riesce a sottostare alle regole educative, che negli anni attraverso i lavaggi di cervello dei soldati, aveva rimosso. L’atto dimostrativo di uccidere un coniglio, rappresenta uno sfogo dove si evidenza l’ultimo tratto del Bravò soldato.

La figura delle madri nel CTO è decisiva: sono donne che sono risultate vittima dei ribelli e hanno intrapreso questa vita per evitare le torture e dedicarsi completamente al bene dei ragazzi. Le madri riescono a riallineare Bravò, dandogli una lezione morale che lo farà scoppiare in un fiume di lacrime, ormai consapevole degli orrori che aveva commesso e ampiamente pentito. Il ragazzo necessitava solo di cura, attenzione e amore, che in tutti gli anni da soldato non aveva mai ricevuto.

Tra balli di gruppo, una cotta per una giovane ragazza e il sostegno verso un nuovo soldato scosso arrivato al CTO; Bravò tenta di ricongiungersi con la sua famiglia, tornando nel villaggio dove vive la madre. Purtroppo gli abitanti non gli perdoneranno le barbarie belliche da lui commesse. L’insorgere dei cittadini permetterà solo un contatto fisico tra Bravò e sua madre, attraverso lo scambio di un oggetto simbolico. In seguito il ragazzo tornerà nel CTO, unico luogo sicuro dove alla fine si sente amato.

L’obiettivo del film è quello di portare alla luce del pubblico una delle tante guerre dimenticate nel mondo, e mostrare i micidiali effetti che provoca sui bambini, che vengono privati di un loro futuro. Gli attori sono stati interpreti di loro stessi, e non hanno potuto offrire una rappresentazione più realistica di così; ma per evitare dei problemi con i ribelli sono stati costretti a cambiare il nome di battesimo nel film. “Katika Bluu” se tradotto in lingua italiana equivale a “stare nel blu”, colore del simbolo dell’Unicef. Il messaggio finale del film ci spiega come questo “stare nel blu” rappresenti una sentenza, per specificare come i CTO siano l’unico luogo sicuro per i bambini soldati, ai quali risulta impossibile il reinserimento nella vita reale.

PANORAMA ITALIA Concorso

Eravamo bambini di Marco Martani – Italia, 2023, 101’

SINOSSI In un paese della costa calabrese, un pacifico trentenne viene arrestato per aver minacciato con un coltello un carabiniere. Durante il suo interrogatorio si intrecciano le storie di altri quattro suoi coetanei, amici d’infanzia, tutti traumatizzati da un fatto di sangue a cui hanno assistito da bambini.
Un messaggio di uno di loro rompe la quotidianità perché manifesta l’intenzione di voler tornare nel paese calabrese per vendicarsi di qualcosa o qualcuno. Gli amici lasciano subito le loro vite “interrotte” per raggiungerlo ed impedirgli di fare qualche sciocchezza. Ma una volta arrivati in quel luogo di vacanze e di ricordi, abbandonato traumaticamente vent’anni prima, tutti si renderanno conto che il vero motivo che li ha spinti a ritrovarsi dopo tanti anni sarà guardare in faccia l’orrore che hanno vissuto e fare finalmente i conti con quel trauma che non gli ha permesso di vivere una vita normale bensì l’ha trasformata in un inferno.
RECENSIONE Marco Martani presenta alla Festa del Cinema di Roma 2023 “Eravamo bambini”, un film di un gruppo di amici con la vita spezzata che cercano vendetta. Il regista – già conclamato sceneggiatore con quattro nomination al David di Donatello – prende spunto dall’opera teatrale Zero di Massimiliano Bruno per costruire una trama cinematografica sviluppata su due piani temporali: passato e presente.

“Chiudere gli occhi e non ricordare più quella notte, anche se il passato torna sempre”. Citazione all’interno dell’opera, è la frase più emblematica che descrive tutta l’angoscia e il dolore dell’anima provato dai protagonisti negli ultimi vent’anni. Eravamo bambini racconta la storia di un trauma indelebile vissuto da cinque ragazzi adolescenti, tutti figli di umili famiglie, in uno “sporco” piccolo paese calabrese. A seguito dell’evento gli amici finiranno per perdere i contatti e non sentirsi per molto tempo. Vent’anni dopo, i ragazzi ormai trentenni vivono in diverse parti d’Italia, ma tutti sono alla presa con un’esistenza complicata, dovuta ad un pessimo stato di salute mentale

Un giorno a seguito di un messaggio vendicativo di uno di loro, i cinque finiranno per riunirsi e tornare nel paese per placarlo da tale istinto. Una volta rivisti i luoghi dell’adolescenza e ricordati tutti i bei momenti passati assieme, il trauma tornerà nelle menti di tutti i protagonisti, riaccendendo in tutti loro il comune desiderio di vendicarsi di ciò che gli ha rovinato la vita. La resa dei conti non lascerà alcuna possibilità di perdono, rendendo brutale il finale dell’opera.

La trama presenta un ottimo montaggio: un climax crescente di rancore e tensione, con un piano temporale che oscilla tra scene passate e presenti fino al punto di massima tensione nel finale. Inoltre il regista ha valorizzato una storia emotivamente spinta, attraverso la scelta di un cast di ottimo livello, nel quale tutti gli attori si sono calati perfettamente nel loro personaggio.

Eravamo bambini vuole mostrare al pubblico gli effetti che possono avere i traumi su degli innocenti adolescenti, che si vedono improvvisamente la loro vita spezzata. Una volta adulti, tutti i personaggi presentano un tratto comune: l’assenza di affetti stabili. In un parallelismo simile un marinaio a cui sono stati tolti tutti gli strumenti di navigazione si trova in piena tempesta, i protagonisti hanno finito per dover navigare a vista nella loro vita, senza la possibilità di un alcuna bussola o di un faro che li conducesse al porto più sicuro.

Stefano Sica

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