#ROMAFF18 – 18- 28/10/2023 SPECIALE #2: (DAY 1) – La Festa volge lo sguardo alle donne maltrattate

(da Roma Luigi Noera con la gentile collaborazione di Stefano Sica e Valentina Vignoli – Le foto sono pubblicate per gentile concessione della Fondazione Cinema peri Roma)

Nella prima giornata i due film d’apertura hanno avuto un grande successo meritato

CONCORSO PROGRESSIVE CINEMA

Film di apertura: C’È ANCORA DOMANI di Paola Cortellesi, Italia, 2023, 118’ | Opera prima |

SINOSSI: Delia (Paola Cortellesi) è la moglie di Ivano, la madre di tre figli.

Moglie, madre. Questi sono i ruoli che la definiscono e questo le basta. Siamo nella seconda metà degli anni 40 e questa famiglia qualunque vive in una Roma divisa tra la spinta positiva della liberazione e le miserie della guerra da poco alle spalle.

Ivano (Valerio Mastandrea) è capo supremo e padrone della famiglia, lavora duro per portare i pochi soldi a casa e non perde occasione di sottolinearlo, a volte con toni sprezzanti, altre, direttamente con la cinghia. Ha rispetto solo per quella canaglia di suo padre, il Sor Ottorino (Giorgio Colangeli), un vecchio livoroso e dispotico di cui Delia è a tutti gli effetti la badante. L’unico sollievo di Delia è l’amica Marisa (Emanuela Fanelli), con cui condivide momenti di leggerezza e qualche intima confidenza. È primavera e tutta la famiglia è in fermento per l’imminente fidanzamento dell’amata primogenita Marcella (Romana Maggiora Vergano), che, dal canto suo, spera solo di sposarsi in fretta con un bravo ragazzo di ceto

borghese, Giulio (Francesco Centorame), e liberarsi finalmente di quella famiglia imbarazzante. Anche Delia non chiede altro, accetta la vita che le è toccata e un buon matrimonio per la figlia è tutto ciò a cui aspiri. L’arrivo di una lettera misteriosa però, le accenderà il coraggio per rovesciare i piani prestabiliti e immaginare un futuro migliore, non solo per lei.

RECENSIONE

Il debutto dell’attrice poliedrica Paola Cortellesi è un trionfo! Dopo aver interpretato ruoli caratteristici della Roma popolare (Come un gatto in tangenziale), questa volta oltre a collaborare alla sceneggiatura ha fatto il gran passo di dirigere l’ultima sua creazione. Professionista del nostro cinema amata dal pubblico la Cortellesi con grande maestria mescola il tragico con il comico riportando indietro le lancette del Cinema italiano (finalmente!) in una storia di tre generazioni di italici maschi del dopoguerra affrontati con coraggio dalla protagonista Delia.

Il film girato in bianco e nero ci riporta infatti al neorealismo di antica memoria per rimarcare oltretutto la tragedia da come l’Italia è uscita dal secondo conflitto mondiale nella quale gli italiani cercano di rialzarsi. Ma la storia ci presenta soprattutto la voglia di scrollarsi di dosso gli stereotipi di genere che vedono la donna  considerata inferiore.

Il divorzio è ancora un argomento non presente e l’unica va d’uscita è scappare. Delia ha una cara amica fruttarola che invece ha avuto la fortuna di avere un marito amorevole, la quale la sostiene e la incita a ribellarsi ai soprusi.

Come è stato rimarcato in occasione della presentazione del film, questo nasce dall’esigenza di ricordare da dove veniamo per le nuove generazioni perché ancora sono tragicamente tanti i femminicidi di cui quasi ogni giorno ascoltiamo le cronache dei telegiornali.

Delia ha un marito Ivano violento per cultura e nonostante tutto la sua voglia di riscatto prevale sulle vicende giornaliere. Come ogni genitore vuole il meglio per la giovane figlia e quando vede che il fidanzamento con il giovanotto belloccio prelude ad un ripetersi della sua storia non disdegna di fare “saltare” il fidanzamento.

Dobbiamo plaudire alla sceneggiatura con tanti colpi di scena di cui l’ultimo che non possiamo svelare prelude ad un Italia nella quale finalmente (ed è il 1946) anche le donne avranno voce in capitolo nella scelta delle politiche del Bel Paese.

Come ha detto la stessa regista questo film è un omaggio alle tante donne italiane anonime che nel focolare domestico segnato da tanti soprusi hanno trovato il riscatto.

Se c’è una cosa della quale dobbiamo dolerci è la scelta del digitale che non va a braccetto con il bianco e nero. Ma il film vi farà certamente scorticare le mani per gli applausi!

ALICE NELLA CITTÀ –  CONCORSO

How To Have Sex di Molly Manning Walker – UK, 2023, 98’

SINOSSI:Tre ragazze inglesi vanno in vacanza a Malia e vivono il viaggio come un rito di passaggio. Pensano solo a bere, andare in discoteca e rimorchiare, ritrovandosi così a navigare nella complessità del sesso, del consenso e della scoperta di sé. Descritto con giochi di luce e una colonna sonora perfetta, il debutto alla regia di Manning Walker dipinge un ritratto dolorosamente familiare della giovane età adulta e di come le prime esperienze sessuali dovrebbero (o non dovrebbero) svolgersi.

RECENSIONE

La sezione autonoma a latere della Festa di Roma non poteva scegliere di meglio che il film della esordiente Molly vincitrice a Cannes nella sezione Un Certain REgard con il suo lungometraggio esplosivo sull’adolescenza e tutte le sue conseguenze.

Nella presentazione la regista ha rimarcato più volte il suo principale intento di denunciare la mancanza di empatia tra i due generi maschile e femminile.

E’ vero che l’amore ormai è ridotto a mercificazione e lo scotto viene pagato dalle generazioni del terzo millennio dell’opulento Occidente, mentre in società ancora arretrate assistiamo al fenomeno delle spose bambine. Però ci chiediamo se amnche in questo caso come nel film inaugurale della Festa non è il problema di genere ad essere al centro dell’attenzione.

La giovane adolescente Tar (Taz per le amiche) alla fine del ciclo di studi secondari si reca in vacanza in una meta turistica estiva dove  lo sballo è d’obbligo e dove no si dorme.

Qui centinaia di ragazzi si ritrovano in un rito collettivo direi di iniziazione all’età adulta senza però aver passato le tappe precedenti.

E così tre ragazzine cresciute a patatine fritte e coca cola si ritrovano a sballarsi per tre giorni in un turbinio di musica ossessiva. La regista ci sbatte in faccia questa verità e quando anche noi spettatori siamo esausti il film cambia registo ed assume i toni grevi della sbigottimento.

Tar anche se apparentemente consenziente di perdera la verginità viene sopraffatta appunto dalla mancanza di empatia da parte di Paddy, suo amante – direi strupatore – della prima volta. L’altro personaggio maschile anche se sembra abbia la parte del buono in realtà ha anche la sua responsabilità facendosi da parte nei momenti cruciali.

AL termine è stata solo un’esperienza estiva e lo dimostra il grido di Taz al gate dell’aereoporto: Londra stiamo tornando.

Aggiungiamo però che anche noi adulti abbiamo la nostra parte in questo disfacimento perché in tutto il film i genitori delle tre ragazzine riescono solo ad inviare messaggini buonisti, e non è così che gli adolescenti diventano adulti, ma aggiungiamo anche chi è senza colpa scagli la prima pietra!

Dal punto di vista cinematografico il film è una scoperta di un nuovo talento.

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