SPECIALE #CANNES75 – 17/28 maggio 2022 #018 (DAY 10)

Un Certain Regard termina con un film delizioso, ma Kored-Da spiazza tutti!

in copertina un immagine da The Blue Caftan

(da Cannes Luigi Noera e Marina Pavido – Le foto sono pubblicate per gentile concessione del Festival di Cannes)

Siamo alla penultima giornata e mentre Un Certain Regard si conclude con un film marocchino sui sentimenti , nel concorso l’attesa spasmodica del regista KORE-DA non smentisce, e viene accompagnato da un film sull’adolescenza che farà molta strada.

Concorso Ufficiale

CLOSE di Lukas DHONT

E’ la storia di due adolescenti con i loro sogni per il futuro nell’era dei social media.

Primo giorno di scuola al liceo per Leo e Remi; qualcuno li apostrofa che sono più che amici, anzi una “coppia”. Remi suona il clarinetto.

Dopo tante occasioni di stare insieme Leo prende le distanze dall’amico, mentre Remi soffre per il respingimento dell’amico del cuore. Quanti di noi durante l’adolescenza hanno avuto l’amico del cuore? Tutti direi vista l’età evolutiva senza però che il sentimento si trasformasse in una tragedia come nella presente storia-

Quando tutta la classe va ad una gita scolastica Remi non si presenta: si è suicidato per il dolore del rifiuto. Nel liceo tutti sono distrutti dalla tragedia.

Dopo aver elaborato il lutto Leo sopravvissuto alla tragedia si sente in colpa per il suicidio dell’amico. Purtroppo c’è da sottolineare che la cultura belga nei confronti dei minori non è del tutto sana. Ci si chiede dove erano i genitori dei due ragazzini?

Dove era la madre di Leo che non si è accorta della problematica. Siamo di fronte a degli adulti che non sanno preservare gli adolescenti dalle loro pulsioni

In fondo da una regia belga cosa ci si poteva aspettare? Prevediamo che il film avrà successo perché tocca l’anima di genitori spesso inadeguati.

Dhont ha già dimostrato di essere un talentuoso regista di giovani attori con il suo debutto, Girl, proiettato a Cannes Un Certain Regard nel 2018, dove ha vinto diversi premi, tra cui la Camera d’Or per la migliore opera prima. Il suo lavoro su Close si basa su questo, catturando il ribollente mondo interiore del personaggio centrale.

Close appartiene a quel genere di soggetti maneggiati con una delicatezza di approccio e un abbraccio empatico, e suggerisce che c’è un sano appetito del pubblico per film trattati con sensibilità come questo, che esplorano i bordi scomodi dell’infanzia.

Le belle riprese a mano catturano il modo in cui gli occhi del protagonista sono ancora attratti dal suo ex migliore amico, che ora si accompagna con gli altri ragazzini.

BROKER di KORE-EDA Hirokazu

E’ il primo film in lingua coreana, dello sceneggiatore e regista giapponese che torna al suo tema preferito, la famiglia, per raccontare la storia di due baby broker e di una madre che cerca di vendere il suo neonato a possibili genitori. Per gli standard gentili di Kore-eda, Broker è un affare più pieno di suspense e guidato dalla trama del solito, ma l’enormità della sua compassione e l’aria malinconica rimangono immutate.

Due malfattori sono soci in un’attività di mercato nero di neonati lasciati nei baby box, vendendoli a coppie che non possono avere figli.

Con tante caratteristiche che ricordano il precedente film premiato aCannes, Broker si concentra su persone che operano al di fuori della legge, anche se i due uomini si considerano impegnati a svolgere un bene per la società. Ciò si rivela vero anche per le poliziotte che li stanno seguendo per coglierli sul fatto in modo da poterli arrestare. Si scopre che non è solo la polizia a inseguire Woo-sung, con il risultato che Broker ha occasionalmente un tono vagamente da thriller.

La volontà di Kore-eda di prendere in considerazione prospettive diverse si estende ai potenziali genitori che i broker incontrano durante il loro viaggio di città in città. Ognuno ha la propria storia e il film fa  riflettere su come i bambini siano un’immagine così potente nella nostra società, rappresentando ottimismo, vitalità e innocenza.

BORA BORA (PACIFICTION) di Albert SERRA

Una storia estenuante (dura poco meno di tre ore) ci porta nei paesi d’oltremare francesi

Il regista catalano Albert Serra ci racconta di un Alto Commissario per la Polinesia francese, in parte un politico astuto e in parte un filosofo morale illuminista.

Una serie di riflessioni sulle tensioni sia politiche che naturali in un “paradiso” postcoloniale del Mare del Sud attraverso un personaggio principale affascinante e ambivalente

Tutto inizia con la scena ambientata in un porto mercantile con file di container. Un gommone della Capitaneria locale arriva nel porticciolo dove c’è una discoteca sulla spiaggia.

Mr De Roller arriva nel locale accolto dalle autorità e tutti attendono che qualcosa accada. Gli artisti si preparano per la performance. Mr De Roller viene accolto dalle Autorità locali per discutere sulla ripresa dei test nucleari  sull’isola caraibica.

Si tratta di fermare i test nucleari francesi. E’ rappresentativa una performance dei nativi che simulano un combattimento, insieme alle parole vuote di circostanza espresse dal rappresentante francese alla vista dall’alto della barriera corallina.

All’inizio l’Alto Commissario De Roller sembra essere un uomo con poche pieghe nei suoi modi morbidi come ce ne sono nel vestito di lino pulito e nella camicia dei Mari del Sud che indossa praticamente in ogni scena, anche quando è su una moto d’acqua. Politico nato, loquace ma anche guardingo, sia che incontri attivisti locali o tenga un discorso in onore della scrittrice parigina  che, seguendo le orme di Gauguin, è fuggita a Tahiti per liberare il suo blocco creativo.

Pacifiction cerca di trasmettere una serie di riflessioni sulle tensioni sia politiche che naturali in un “paradiso” postcoloniale del Mare del Sud attraverso un personaggio principale affascinante e ambivalente che non appartiene più completamente al mondo europeo che si è lasciato alle spalle, ma non sarà mai pienamente accettato dal luogo che è la sua casa tropicale.

Un Certain Regard

THE BLUE CAFTAN di Maryam TOUZANI

Musica greve, immagine sfocata di una stoffa: le blue Caftan!

E’ una storia di amore e di passione come ha spiegato la regista.

Halim è un sarto che tiene d’occhio il nuovo lavorante Yosef nella sartoria della moglie Mina. Coppia affiatatissima da decenni

La storia èun triangolo emotivo tra una coppia di mezza età e un uomo più giovane, la storia è ambientata nella medina della città marocchina di Salé, dove Mina e suo marito Halim  gestiscono un piccolo negozio che vende caftani tradizionali . Halim è un maalem, ossia un maestro sarto specializzato in tagli su misura e ricami artistici, il che significa che il processo di preparazione dei capi è lento e costoso – e sempre più lento, dal momento che l’arte del maalem non è più di moda.

Halim e Mina hanno un rapporto di amore forte sebbene lui vada anche con gli uomini ai bagni pubblici. Una storia intima tra i due sarti con momenti di tenerezza. Mina non sta bene ed Halim è costretto ad aprire la sartoria da solocon l’aiuto del tirocinante Yousef, sebbene non abbia i modi necessari come Mina per trattare con i clienti. Il film risulta lento con una descrizione minuziosa dei dettagli. Infine i tre personaggi raggiungono un loro reciproco equilibrio.

Halim confessa apertamente la sua omosessualità alla moglie e finalmente il caftano bleu viene terminato grazie all’aiuto di Yousef e i tre personaggi lo ammirano!

Mina è pienamente consapevole della vita segreta del marito gay, e la coppia gode di una relazione tenera e di supporto reciproco – e Halim è stato un partner amorevole e premuroso durante l’esperienza passata e presente del cancro di Mina. Ma è arrivata al punto in cui non può fare a meno di notare quanto suo marito si stia affezionando a Youssef, rendendola sempre più irritabile per la presenza del giovane nel loro negozio.

La caratterizzazione emerge molto riccamente attraverso la recitazione dell’attrice, dà a Mina un misto di tenacia, fatica e gioia di vivere silenziosamente irriducibile, con una distinta vena di ribellione anti-conservatrice. Mentre la qualità della regia di Touzani emerge in modo particolarmente evidente quando i tre ballano insieme. Come si conviene ad un film d’autore i dettagli sono mostrati con primi piani strettissimi.

Questo è anche un film che si scaglia silenziosamente ma efficacemente contro il crescente conservatorismo: in particolare in una scena in cui Mina e Halim vengono controllati da un poliziotto, e nel complesso, il film è un vero e proprio appello alla tolleranza e una protesta contro i confini determinati dal genere: anche la visita di Mina con Halim in un caffè frequentato da uomini è un affronto silenzioso ma energico al sistema.

Il finale cupo vede Mina morire ed assistiamo al funerale celebrato con il rito mussulmano che prevede il lavaggio della salma per purificarla. Il marito Halim decide di rivestirla con il caftano bleu e la avvolge in un lenzuolo bianco. I due uomini Halim e Yousef portano a spalla il feretro di Mina verso la sepoltura in un camposanto mussulmano in riva al mare accompagnati da una bellissima fotografia e musica.

Luigi Noera

Lascia un commento

Top