SPECIALE #CANNES75 – 17/28 maggio 2022 #17 (DAY 9)

ALLE BATTUTE FINALI TANTI GIOELLI E GIOELLINI DAL MONDO

(da Cannes Luigi Noera e Marina Pavido – Le foto sono pubblicate per gentile concessione del Festival di Cannes)

In Concorso Claire Denise stupisce con la trasposizione di un romanzo poco noto, dall’Iran una storia familiare di eredità, mentre ad Un Certain Regard i risvolti della guerra sulle donne ucraine violentate e la vita dei Palestinesi oppressi dallo Stato Israeliano. Temi universali ed attuali

Concorso Ufficiale

STARS AT NOON di Claire DENIS

Un Thriller ambientato in Nicaragua è l’ultima fatica della regista amata dal Festival di Cannes.

Un film fuori dal comune della regista francese che non si capisce se sia di genere erotico oppure un thriller politico.

Adattamento di “The Stars at Noon”, il romanzo del 1986 di Denis Johnson ambientato durante la rivoluzione nicaraguense del 1984. Il film girato è ambientato in Nicaragua, ma si svolge ai giorni nostri con tanto di  telefoni cellulari, dove però anche se le connessioni Wi-Fi sono present,i sono poco sicure

L’incipit ci catapulta in un paese in mano ai militari;  da poco è terminata una manifestazione di piazza in un parco della città ed incontriamo la protagonista, una giornalista Trish Johnson perennemente a corto di fondi e in in bilico per il pericolo di vedersi confiscareda un momento all’altro i documenti e il passaporto, che si guadagna da vivere prostituendosi con altolocati esponenti del potere.

Una notte, nel bar di un hotel decisamente elegante in confronto al suo misero alloggio, incontra un inglese vestito di bianco dalla parlantina tranquilla, apparentemente chiamato Daniel de Haven (Joe Alwyn), che è in città con una delegazione di una compagnia petrolifera internazionale.

Dopo un primo approccio di sesso a pagamento è chiaro che qualcosa è scoccata tra loro!

Di qui parte una trama abbastanza complicata da colpi di scena che come detto mutano il genere di film che perciò non convince anche se accattivante.

LEILA’S BROTHERS di Saeed ROUSTAEE

Un anziano fuma la sigaretta mentre osserva alcuni lavoratori di una fabbica. Improvvisamente ai lavoratori viene ordinato di fermarsi e recarsi alla moschea a pregare, dove ritroviamo anche l’anziano uomo pregare.

Fuori della fabbrica i lavoratori rumoreggiano.

Dopo l’introduzione “sociale” per farci immergere in un paese teocratico come l’Iran veniamo introdotti in un ambiente familiare della giovane Leila e dei suoi fratelli (da qui il titolo) alle prese con una eredità. Leila e i suoi fratelli non riescono ad avere una visione per il loro bene comune. Siamo di fronte al sopravvento del dio denaro che avvelena i rapporti familiari stretti mandando in rovina le relazioni e non solo. Nonostante tutto Leila è una donna determinata e si difende bene dagli attacchi dei suoi fratelli.

Il film sconta l’eccesiva presenza di dialoghi spesso serrati che distolgono lo spettatore dal contesto in cui svolge la storia. Ovviamente per i limiti imposta dalla lingua originale siamo costretti a leggere la traduzione dei sottotitoli che spesso può tralasciare dettagli idiomatici della lingua originale (Iran) facendo sfuggire alcune parti.

Ma è del tutto chiaro la contrapposizione tra le antiche tradizioni ed una visione realistica dell’oggi. E’ noto come in Iran sia molto sentito l’incongruenza liberticida tra il  regime degli Ayatollah e il mondo moderno democratico. E’ una astuzia del regista per superare la censura di stato.

Finalmente dopo 80 minuti il film prenda una sua forma anche se non si sa dove andrà. Ci è sembrata una lotta estenuante tra il regista e lo spettatore sulle indiscutibili mancanze del regime iraniano attuale in una pièce teatrale.

Un Certain Regard

DOMINGO Y LA NIEBLA(DOMINGO AND THE MIST) di  Ariel ESCALANTE MEZA

Il secondo lungometraggio di Ariel Escalante Meza è “un racconto lugubre e dall’atmosfera dolorosa” ambientato nella campagna del Costa Rica.

Nell’incipit un rappresentante delle multinazionali offre ai proprietari una buona somma per espropriare i terreni per l’estrazione dei materiali necessari alla costruzione di un autostrada.

L’anziano Domingo osserva quanto sta accadendo ed è contrario all’esproprio immaginando cosa diventerà la sua proprietà: una miniera a cielo aperrto.

Tra il documentario e la finzione ci apre uno squarcio sulla situazione nel paese nativo del regista con uno sguardo appunto doloroso. La solitudine di Domingo è la solitudine di un popolo. E’ un film per certi versi naïve che mostra il coraggio del protagonista a ribellarsi ai soprusi delle multinazionali.

Apprezzabile l’uso sapiente del sonoro fiori campo per raccontare il domani di questa terra povera.

Il rappresentante delle multinazionali è ben informato su Domingo e lo raggiunge a casa minacciandolo con soldi e pallottole! A Domingo in questa nebbia esistenziale non resta che decidere. Anche Paco ed un altro amico alla fine hanno capitolato dopo le intimidazioni con incendi dolosi. Persino sua figlia cerca di convincerlo senza riuscire.

La sceneggiatura di Meza va oltre uno scenario semplicistico di Davide e Golia per raggiungere qualcosa di più complesso e mesto. L’opposizione di Domingo alla costruzione dell’autostrada fa di lui una figura eroica. Il suo senso del passato e il suo rapporto con sua moglie potrebbero essere molto più romantici di quanto vorrebbe ammettere. Sua figlia invece ha una prospettiva molto meno sentimentale sulla loro vita familiare. La mamma è morta di tristezza, rimprovera all’anziano padre.

Sono quasi degli acquarelli le inquadrature nel pomeriggio che portano da una scena all’altra con la voce della moglie morta in terza persona.

Domingo è una figura solitaria e risoluta in questi paesaggi infatti con una determinazione stanca e ostinata va incontro al suo destino.

MEDITERRANEAN FEVER di Maha HAJ

Ad Haifa, un’improbabile amicizia tra due vicini è alla base di una muta esplorazione della mascolinità e della malattia mentale

L’incipit ci mostra il sogno premonitore di Waleed che immagina di assassinare la moglie.

Il protagonista è uno sfigato e sua moglie non l’aiuta nella crescita dei due figli adolescenti, il maschio potrebbe avere la febbre mediterranea appunto mentre la sorella nell’età dello sviluppo si scontra sempre con il padre.

Il ritmo sempre uguale delle giornate viene interrotto dall’arrivo di un nuovo vicino di casa così diverso da lui.

Dopo tante assenze dalla scuola da parte del figlio l’uomo capisce che qualcosa non funziona con il professore di geografia: è la questione Palestinese sul voler far diventare Gerusalemme la Capitale di Israele! Con tanta ironia il regista ci mostra la Palestina, anzi i palestinesi ed il loro disappunto per l’occupazione israeliana, partendo dalla storia del protagonista Waleed.

La nuova amicizia però su frantuma quando durante una partita di caccia avviene un tentativo di ucciderlo.

A questo punto c’è un cambio di stile nella narrazione che ricorda piuttosto un thriller che un film politico con un colpo di scena finale del suicidio per sfuggire ai debiti.

Il finale resta aperto quando il nuovo inquilino si scopre essere un anestesista e il protagonista a causa delle sue idee suicide è in dubbio.

BACHENNYA METELYKA(BUTTERFLY VISION) di Maksim NAKONECHNYI

Può sembrare a prima vista che la regia voglia fare propaganda vista la guerra che infuoca e distrugge l’Ucraina invasa dai Russi di Putin. Ma è urgente sentire la voce del popolo aggredito. E’ questo invece l’intento mostrando la storia di una soldatessa ucraina fatta prigioniera in Donbass prima della guerra dai separatisti russi e usata come scambio di prigionieri . Il suo ritorno a casa non è indolore perché costellato di interrogatori, di esami medici su eventuali abusi subiti. Non ultimo lo scontro con il marito che si rifiuta di accettare cosa sia successo.

Lilia il cui nome in codice è butterfly che deriva dalla sua scelta di essere reimpiegata come servizio di ricognizione pilotando droni da remoto.

Ci sono conseguenze tragiche della guerra che stravolgono la vita di Leila e del marito il quale si suiciderà, mentre il frutto della violenza la piccola Marion sarà adottata.

Un piccolo ma brillante momento di assonanza nelle incursioni attentamente dosate del regista in schermi e visioni oniriche arriva quando ci rendiamo conto che la vista del territorio a forma di ventaglio nell’angolo del monitor di ricognizione aerea di Lilia è quasi identica a quella di un’ecografia fetale. È solo una delle tante scelte registe azzeccate in un film che termina con una liberazione emotiva meravigliosamente minimizzata, mesi dopo la “liberazione” irrisolta di Lilia dalla prigionia.

Luigi Noera

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