SPECIALE #CANNES75 – 17/28 maggio 2022 #13(DAY 6)

Valeria Bruni Tedeschi racconta i suoi primi passi nel Cinema

(da Cannes Luigi Noera e Marina Pavido – Le foto sono pubblicate per gentile concessione del Festival di Cannes)

Un thriller come solo la cinematografia iraniana sa confezionare ci lascia

Concorso Ufficiale

HOLY SPIDER Ali ABBASI

Un thriller poliziesco che mostra fino a che punto può essere distorta la moralità fondamentalista

Un’ondata di omicidi nella città santa di Mashhad è al centro del film di Ali Abbasi.

Ambientato nella città santa di Mashhad in Iran – la produzione è stata girata invece in Giordania – il film intreccia la politica e la religione con un serial killer di prostitute, appunto  Holy Spider che lancia una rete oscura.sulle vittime predestinate.

Il Ragno – Saeed–  da cui il film rende il nome è un normale padre di famiglia e un veterano di guerra che è ha combattuto due anni al fronte. La storia qui proposta è basata su una storia reale di omicidi perpetrati tra il 2000 e il 2001, più di un decennio dopo la fine della guerra Iran-Iraq. Il protagonista ha dichiarato la sua missione di ripulire le strade dalle prostitute.

Abbasi ha realizzato questo noir iraniano che, anche se osa curiosare nella capitale spirituale dell’Iran con la sua moschea più grande del mondo non con l’intento di mettere alla gogna il potere religioso iraniano, ma piuttosto confezionare un thriller poliziesco che mostra fino a che punto la moralità fondamentalista può essere contorta e quanto sia banale il volto del male.

Una donna si prepara per uscire di notte a prostituirsi, lasciando il figlio a casa che dorme. Deve sobbarcarsi a continue umiliazioni e un uomo la uccide strangolandala con il suo stesso velo.

La giornalista Areezo Rahimi si reca nella città santa per indagare sul serial killer che imperversa.

A questo punto il regista svela l’assassino mostrando un insospettabile padre di famiglia che possiede la stessa moto.

Addirittura l’assassino si fa sempre più audace attirando le vittime a casa sua, finché una prostituta di corporatura robusta gli crea qualche problema nel disfarsi del cadavere.

Il noir è perfetto, noi sappiamo chi è , mentre la giornalista lo deve ancora scoprire ed è un espediente per tenere sulle corde il pubblico

Lo stratagemma di mandare la giovane giornalista donna a Mashhad e seguirla attraverso il caso non sempre funziona in modo logico o drammatico, ma certamente mette a segno la necessità di Abbasi di dimostrare ripetutamente la misoginia all’opera nel centro sacro del suo paese natale.

La polizia che ignora le prove o è troppo pigra per provarci trovare qualcuno che potrebbero segretamente credere stia facendo loro un favore ripulendo le strade da “sporche puttane” (un santo assassino, forse). Alla signora Rahimi inizialmente viene negata la sua camera d’albergo in quanto donna che viaggia da sola e viene avvertita di indossare il suo chador.

Proprio quando il pubblico sta aspettando che giustizia venga fatta, Abbasi si allontana per trascorrere più tempo con la famiglia di Saeed mentre attende il giudizio; sente di non avere alcun crimine a cui rispondere, anche se ha ucciso così tante donne a mani nude. La sua famiglia, inclusa la moglie Fatima ne sono convinte.

Politicamente l’assasino verrebbe assolto, ma per le evidenti prove viene impiccato.

les-amandiers-bruni-tedeschi-cannesFOREVER YOUNG di Valeria BRUNI TEDESCHI

È la fine degli anni ’80 a Parigi, una giovane troupe di comici è appena stata ammessa a Les Amandiers, la prestigiosa scuola di teatro diretta da Patrice Chéreau. Hanno iniziato la vita e all’inizio della loro carriera. Lungo la strada impareranno, agiranno, ameranno, temeranno, vivranno al massimo e vivranno anche le loro prime tragedie. (RECENSIONE)

Un Certain Regard

LES PIRES di Lise AKOKA e Romane GUERET

Iniziamo con riprese amatoriali tremolanti e già abbiamo capito quale piga prende la storia. Ryan un adolescente problematico, ultimo nel film ed anche nella vita.

Il regista per avvicinarci al protagonista usa primi piani strettissimi che rendono intima la visione del film. In realtà è un film nel film. Il regista riesce ad entrare in sintonia con gli attori no professionali. Qualcuno ha obbiettato che ormai da decenni, l’uso di attori non professionisti nei film è stato preso come una sorta di etichetta di buon riuscita. Il cinema francese, in particolare, ha una lunga tradizione di film in cui i ragazzi di strada provenienti da zone difficili interpretano ciò che il pubblico considera una versione di se stessi e delle loro vite difficili. Quindi l’idea di un film che metta in discussione le modalità e l’etica di questo fenomeno è intrigante. C’è emozione nel vedere quanto i quattro bambini possano recitare brillantemente.

Ai tempi dei Social è facile ritrovarsi in una storia di bullismo cibernetico, ed è quello che succede agli interpreti non professionisti. E’ encomiabile l’enorme lavoro del regista su di loro.

Una chicca tutta italiana è l’utilizzo di un brano di Patty Bravo : “tu mi fai girare come una bambola”

Ambientato in un complesso residenziale ai margini della città di Boulogne-sur-Mer, nel nord della Francia, segue il casting, la pre-produzione e le riprese di un lungometraggio di un regista belga che, all’età di 54 anni, è ansioso di realizzare il suo primo lungometraggio.

Mentre lui e la sua troupe fanno audizioni, provano, filmano, registrano e escono con il cast scelto di ragazzini minorenni di questo complesso residenziale “Cité Picasso”, i confini vengono superati da alcuni di loro alla ricerca di quel senso di realismo crudo che sicuramente stupirà il pubblico del festival.

Alla fine, questa opera prima è probabilmente vista meglio non come una critica al “turismo cinematografico dei bassifondi”, ma come una difesa di lungometraggi di ragazzi che sono considerati dai loro coetanei e vicini come mele marce irredimibili.

syk-pyke-borgli-cannesSICK OF MYSELF di Kristoffer BORGLI

graffiante commedia nera racconta il desiderio di visibilità e di successo. Ciò che abbiamo da offrire e che gli altri si aspettano da noi. E ancora, il malato voyeurismo e la particolare attenzione verso i drammi umani. (RECENSIONE)

 

retour-a-seoul-chou-cannesALL THE PEOPLE I’LL NEVER BE (RETOUR A SEOUL) di Davy CHOU

Retour a Seoul si concentra sulla storia della giovane Freddie, cresciuta in Francia insieme ai suoi genitori adottivi, la quale, dopo venticinque anni, decide di tornare nella sua città natale. Qui avrà modo di contattare i suoi genitori biologici. Mentre suo padre si dimostrerà entusiasta di conoscerla, sua madre sembrerebbe non intenzionata a incontrarla. (RECENSIONE)

Luigi Noera

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