SPECIALE #VENEZIA78 #9 – 1/11SETTEMBRE 2021: (DAYS 4&5)

(da Venezia Luigi Noera con la gentile collaborazione di Marina Pavido e Annamaria Stramondo e dalla sala WEB Maria Vittoria Battaglia – Le foto sono pubblicate per gentile concessione della Biennale)

Michel Franco prosegue nella sua indagine sociologica sul Messico con un Tim Roth strepitoso, le italiane Laura Bispuri e Federica Di Giacomo purtroppo deludono, mentre Led Zeppelin entusiasmano!

#VE78 CONCORSO

MONA LISA AND THE BLOOD MOON di ANA LILY AMIRPOUR è una fotografia degli anni ottanta e novanta dell’America e delle sue periferie dove alla ordinarietà si accompagna la straordinarietà di eccentricità. In un manicomio di New Orleans la protagonista di questo film molto particolare è dotata di poteri pericolosi a tal punto da condizionare la volontà dei malcapitati sotto il suo sguardo magnetico.

All’irrazionalità del male si contrappone la prontezza perspicacia di Harold un poliziotto che cerca di contrastare la giovane. Chi vincerà la battaglia impari?

Scopriamo la genesi del film dal regista: “Crescendo in America, ho sempre avuto la consapevolezza di essere un outsider. Venendo da un altro luogo e parlando una lingua diversa, è stato difficile ambientarmi. I film fantasy che amavo da bambina avevano la capacità di dare potere all’outsider: gli eroi che trovavo in quei film mi facevano uscire dall’ombra e alimentavano la mia ricerca di libertà personale. Nei miei film l’antagonista assoluto è il sistema, il modo in cui ci costringe ad assumere certi comportamenti, incidendo sulla visione che abbiamo gli uni degli altri e sul nostro senso di appartenenza a un luogo. Con Mona Lisa, volevo creare un nuovo tipo di eroe che affronta i problemi di una realtà moderna e distorta. Una favola-avventura per esplorare ciò che la libertà personale rappresenta all’interno di una società caotica, in cui è difficile sentirsi liberi.”

COMPETENCIA OFICIAL di GASTÓN DUPRAT, MARIANO COHN

Certo non è facile ironizzare sul proprio mestiere, ma i due autori con un cast stellare sono riusciti ed in maniera strabiliante a ridicolizzare il mondo della finanza e quello a volte a questo assoggettato del cinema. La forza della pellicola che lo spettatore percepisce quanto si stiano divertendo gli attori protagonisti in questa sarabanda. Una pellicola commerciale che riuscirà a ammaliare il grande pubblico su temi difficili.  Ed ecco cosa hanno dichiarato i registi:

Mariano Cohn Da un po’ di tempo volevamo fare un film con Penélope Cruz e Antonio Banderas. Alla fine, ci siamo incontrati a Londra per scambiarci delle idee e abbiamo condiviso con loro il seme di ciò che sarebbe diventato l’asse portante di Competencia oficial. Ci serviva un terzo protagonista e abbiamo chiamato Oscar Martínez, che aveva già partecipato a un nostro film, El ciudadano ilustre, e il cui lavoro piaceva molto a Penélope e Antonio. Mediapro Studio ha dimostrato da subito grande impegno nella realizzazione di Competencia oficial.

Gastón Duprat Ci sono molti esempi cinematografici che mostrano come si fa un film, i problemi di produzione e le difficoltà che comporta la realizzazione di un progetto. Ma la cosa più unica in un film è quello che gli attori riescono a suscitare: farci piangere, farci ridere, generare emozioni. Il film indaga questa relazione complessa e straordinaria, solitamente nascosta alla vista del grande pubblico. L’opera rivela come questi tre talenti della recitazione riescano a emozionare gli spettatori, trattando allo stesso tempo temi quali il processo di creazione artistica, la competenza professionale, l’ego e il bisogno di prestigio e riconoscimento.

Michel Franco prosegue nella sua indagine sociologica sul Messico con un Tim Roth strepitoso in SUNDOWN – Siamo ad Acapulco in un resort esclusivo dove una famiglia inglese soggiorna per le vacanze. Sebbene ci sia una vista mozzafiato con lo sfondo del mare cristallino di Acapulco la famiglia si annoia. Questo mondo dorato come in ogni sceneggiatura che si rispetti dura il tempo dell’incipit. Una notizia sconvolgente arriva da Londra e costringe i protagonisti a interromperla, ma il marito Neil dimentica il passaporto cosicché è “costretto” a restare in Messico . . .

L’esperienza di Neil di rimanere da solo in un paese straniero permette al regista ad una carrellata sul proprio paese, ma anche a tratteggiare con maestria il personaggio di Neil, della moglie Alice e dei due loro figli. Il contrasto tra la ricchezza di Neil e la povertà ma semplicità degli abitanti di Acapulco è una ricchezza di questa pellicola.

Ancora una volta Michel Franco partendo dal particolare arriva al cuore dell’universale animo umano. Per lui infatti “Non è un caso che Sundown sia ambientato ad Acapulco. È sconvolgente per me vedere la città in cui ho passato le vacanze da bambino trasformata in un epicentro di violenza. Sundown nasce dalla necessità di esplorare un luogo che sembra sempre più distante ed estraneo. L’esplorazione di tutte le prospettive che emergono ad Acapulco è anche uno studio sui personaggi, e un’analisi di dinamiche familiari. Il sole occupa un posto di primaria importanza: colpisce sempre in modo aggressivo e diretto. L’immagine deve assolutamente riflettere due cose: gli stati emotivi dei protagonisti, e la prorompente violenza attorno a loro.”

Altra pellicola graffiante è ILLUSIONS PERDUES di XAVIER GIANNOLI con un cast francese composto da Benjamin Voisin, Cécile de France, Vincent Lacoste, Xavier Dolan, Salomé Dewaels, Jeanne Balibar, Gérard Depardieu, André Marcon, Louis-Do de Lencquesaing. Insomma il meglio del meglio francese.

Francia fine ‘800 in un paese di provincia il giovanissimo poeta Lucien intrattiene una relazione con la sua protettrice e per evitare lo scandalo è costretto a trasferirsi a Parigi. E’ un analisi critica e divertente della nuova società francese nata dalle ceneri della rivoluzione con i nuovi media dove i giornalisti vengono asserviti a chi paga di più. Dopo il grande successo ecco che si intravede il tradimento morale per entrare finalmente nell’entourage della nuova aristocrazia: dopo essere stata demonizzata si riprendeva la sua gloria verso la borghesia che tanta modernità aveva introdotto nella società francese. La storia francese raccontata attraverso la letteratura e la scrittura che sono los pecchio della potenza di una società. Come confermano le paroe del regista: “Il romanzo di Balzac rivela la matrice del mondo moderno, il momento in cui un’intera civiltà era sul punto di cedere alla legge del profitto. Volevo prolungare quel gesto grazie al cinema, prendendomi, rispetto al testo originale, delle libertà che mi permettessero di esprimerne lo spirito.”

Nel fine settimana a #VENEZIA78 –ORIZZONTI delle pillole cinematografiche:

MIRACOL (MIRACLE) di BOGDAN GEORGE APETRI

Thriller che ha per sfondo la vita conventuale. Una giovane novizia Cristina esce furtivamente dal convento, si spoglia degli abiti religiosi e si aggira nella vicina città in cerca di qualcosa. Rientrata in convento un ispettore di polizia ripercorre il suo itinerario alla ricerca di quanto accaduto ed alla verità. Forse è quello il miracolo!

Per il regista “Miracol si rivela attraverso due facce opposte ma complementari della stessa lente: una visione del mondo realistica, contrapposta a una visione basata sulla fede. La storia funziona bene sia se la si interpreta dal punto di vista pragmatico degli spettatori atei, sia se la si percepisce da una prospettiva religiosa, soprannaturale e immateriale. Il film non risponde a delle domande, ma offre semplicemente un punto di partenza verso un punto d’arrivo misterioso, valido, unico e irripetibile nell’anima di ciascuno spettatore. La pellicola mette in risalto il dualismo di questa equazione: l’approccio perfettamente realistico di una storia che, d’altro canto, si può interpretare integralmente in chiave spirituale – ma solo se lo si desidera.”

IL PARADISO DEL PAVONE di LAURA BISPURI

La regista si è cimentata su un testo pieno di difficoltà dovendo affronatre le storie diverse dei tanti personaggi che irrompono nella scena. Infatti oltre alla mamma festeggiata, Norà c’è la sua amica del cuore (che volutamente resta in disparte, ma noi ne vorremmo sapere di più), ma c’è anche il figlio con la sua compagna e la figlioletta Alma, il suo ex compagno e tanti altri, ma soprattutto il Pavone di Alma. E’ lui il personaggio al centro della storia e che unisce i vari personaggi con un amore impossibile (una colombella dipinta in un quadro). Il film risulta molto triste, i personaggi sono tristi e fra loro dissociati, quasi a dover stare insieme per una sorta di obbligo non dichiarato. La morte del Pavone fa diventare tutto molto più triste con il corteo funebre sulla spiaggia di Castel Fusano di tutti i componenti della famiglia allargata. Laura Bispuri si cimenta pure nella scrittura dei testi “qualcosa vuol dire qualcosa” – ecco le frasi non dette o non sentite che portano incomprensioni.  Lo spiega lei stessa: Ci sono film che insegui per anni e altri che all’improvviso entrano nella tua vita e ti sorprendono. Il paradiso del pavone è un piccolo viaggio nell’intimità e nell’autenticità degli esseri umani: un film su una famiglia allargata in cui tutti si parlano ma nessuno si ascolta davvero. Finché un evento inaspettato costringe i protagonisti a guardarsi negli occhi e a svelarsi per ciò che sono. Ed è come se la loro vita diventasse improvvisamente la nostra, in uno specchio di sentimenti che ci fa riflettere sulla complessità dei rapporti umani, sul mistero della perdita, sulle mille voci che ci parlano da dentro, sull’importanza del silenzio, sulla nostra costante ricerca dell’amore.

AMIRA di MOHAMED DIAB Prima di lasciarvi alla lettura della (RECENSIONE) riportiamo il commento del regista: “Il fatto che nel luogo in assoluto più sacro e diviso della Terra esista una qualche forma di ‘immacolata concezione’, è tanto affascinante quanto surreale. Amira rappresenta un’esplorazione microcosmica della divisione e della xenofobia che regnano nel mondo odierno. Nell’atto di dipanare l’identità della nostra eroina, il film solleva la questione se l’odio”

 

TRUE THINGS di HARRY WOOTLIFF

Girato in 4/3 è la storia di fragilità al femminile. Katie è  una giovane single avanti negli anni ed improvvisamente nell’ufficio in cui lavora si presenta un “ragazzo cattivo”. E’ inevitabile per la riuscita della sceneggiatura che lei se ne innamori perdutamente!

Sebbene la protagonista alla sua età non possa permettersi errori di valutazione nasce una storia fatta di tanto sesso.

Le vicende si alternano per tutto il film con la protagonista che cerca di liberarsi dal fardello di un rapporto tossico senza riuscirci. Solo al termine con un cambio di stile nella narrazione Katie vedrà la luce oltre il tunnel. Opera di formazione e niente di più. Ascoltiamo cosa ne dice l’autore: “True Things è il racconto ammonitore di un rapporto a sfondo sessuale distruttivo tanto complesso quanto comune; una relazione che ci è familiare al punto da essere quasi un rito di passaggio. È una specie di storia d’amore con lo sguardo rivolto alla fragile percezione di sé di una donna; al modo in cui le donne usano i rapporti per esplorare la propria identità. Kate ha smarrito la percezione di chi sia veramente e ha accettato una versione di sé plasmata sia dalla società sia da coloro che le sono vicini. Nel viaggio che intraprende per raggiungere l’autonomia, la vediamo lasciarsi ossessionare e sviare da un uomo prima di scoprire infine la sua più profonda autenticità. Questo film è estremamente soggettivo e intimo e tratta fondamentalmente del rapporto di una donna con sé stessa.”

Passiamo adesso a #VENEZIA78 FUORI CONCORSO – NO FICTION dove è stato presentato BECOMING LED ZEPPELIN di BERNARD MACMAHON UK (RECENSIONE) Ma è anche interessante il racconto del regista sull’esperienza maturata con il film: “Con Becoming Led Zeppelin il mio obiettivo era quello di fare un nuovo tipo di film, un documentario che somigliasse a un musical. Volevo intrecciare le quattro diverse storie dei membri del gruppo prima e dopo la formazione della band, facendo raccontare ampie parti della loro storia solo dalla musica e dalle immagini, in modo da legare le canzoni ai luoghi in cui furono create e agli eventi che le ispirarono. Ho usato solo pellicole e negativi originali, con oltre 70.000 fotogrammi restaurati manualmente, e ho ideato delle sequenze di fantasia, ispirate a Singin’ In The Rain, sovrapponendo filmati inediti di esibizioni dal vivo a fotomontaggi di poster, biglietti e viaggi, per ricreare visivamente il senso di frenesia dei loro esordi.”

#VENEZIA78 FUORI CONCORSO – SERIES

SCENES FROM A MARRIAGE di HAGAI LEVI È un adattamento della classica miniserie svedese di Ingmar Bergman Scenes from a Marriage con l’inconfondibile ironia che solo gli israeliani posseggono. Ma è anche una dichiarazione di ossequio al regista più amato dall’autore. I temi sono sempre quelli classici quali amore, odio, desiderio, monogamia, matrimonio e divorzio attraverso la prospettiva di una coppia americana dei nostri giorni. Interessante la genesi del lavoro commentata dal regista:

“Scener ur ett äktenskap (Scene da un matrimonio), di Ingmar Bergman, è decisamente l’opera d’arte che più mi ha influenzato. Lo vidi casualmente per la prima volta a diciotto anni, quando ero un giovane, devoto ragazzo ebreo, che viveva in un villaggio remoto e non sapeva nulla di cinema, relazioni o sesso. Ricordo che pensai tra me e me, scioccato: Quindi, questa è arte! La sua brutale onestà, il suo minimalismo radicale, il suo totale affidarsi al testo e alla performance sono stati dei punti di riferimento per tutta la mia produzione successiva. Più tardi, quest’opera è diventata ancora più personale per me. Se Bergman, quasi cinquant’anni fa, voleva fare una dichiarazione sul prezzo del matrimonio, io sentivo che era giunto il momento di parlare anche del prezzo del divorzio. In un’epoca in cui la società consumistica e narcisista ci spinge a cercare costantemente l’autorealizzazione e una libertà superficiale, vale anche la pena ricordare quanto, solitamente, sia traumatica una separazione nel corso della vita umana. Si tratta, comunque, di una storia d’amore. Due persone che si sono salvate a vicenda quando si sono incontrate, sono morte insieme quando hanno vissuto insieme, e non possono rinunciare l’uno all’altra, anche quando toccano il fondo”

Dalla sezione autonoma 18ma Giornate degli AUTORI un doc Hugo in Argentina, di Stefano Knuchel (RECENSIONE)

Per gli EVENTI SPECIALI

IL PALAZZO di Federica Di Giacomo

Utilizzando materiale d’archivio la documentarista ricostruisce la mitica figura di Mauro, artista poliedrico scomparso dopo una lunga malattia e ricordato dai suoi compagni/amici di viaggio nell’avventura artistica mai terminata. Tante ore di girato senza però arrivare ad un prodotto finito appunto nell’attico del Palazzo del centro di Roma dove adesso si svolge il memoriale di Mauro. Ci racconta un artista che però non si riuscì ad esprimer compiutamente come capita in tanti casi per molteplici ragioni legate proprio all’ambiente libero artistico.

Purtroppo non si riesce a cogliere l’essenza del film in questa seconda prova che non convince come la precedente che aveva un tema ben delineato. Un occasione mancata! Almeno a noi è mancata una chiave di lettura e ce scusiamo con l’autrice per il notevole lavoro documentaristico che ha svolto.

Lascia un commento

Top