SPECIALE #VENEZIA78 #12 – 1/11SETTEMBRE 2021: (DAY7) le recensioni di Maria Vittoria Battaglia

(da Venezia Luigi Noera con la gentile collaborazione di Marina Pavido e Annamaria Stramondo e dalla sala WEB Maria Vittoria Battaglia – Le foto sono pubblicate per gentile concessione della Biennale)

Per i cinefili raffinati  le pillole deliziose offerte dalla sezione Orizzonti e dalla sezione autonoma GdA

Anatomia, di Ola Jankowska (GDA) 2/5

Un viaggio a ritroso nel tempo, nei ricordi d’infanzia evocati da vecchie videocassette e dai luoghi che un tempo rappresentavano la quotidianità. E’ questo il viaggio che si trova ad affrontare Mika quando ritorna in Polonia per far visita al padre malato.

E mentre le condizioni di salute del padre peggiorano i ricordi si fanno più intensi, un’intensità che sa di amaro e malinconia per la consapevolezza della precarietà del tempo e della vita.

Mika torna a casa, e come sovente accade nei ritorni, tutto sembra come è sempre stato nell’interminabile attesa che tutto, inevitabilmente, cambi.

Ogni scena del film è tesa, rallentata, sembra interminabile come ogni momento quando ci si avvicina alla fine di qualcosa; e con la stessa attesa, con la stessa atmosfera di sospensione lo spettatore viene condotto alla fine di questo lungo viaggio.

White Building, di Kavich Neang (Orizzonti) 3,75/5

White Building è la storia di un gruppo di ragazzini appassionati di ballo e dei loro sogni infranti, delle speranze disattese da un mondo che va troppo veloce, abbandonando persone lungo la via e lasciandosi dietro una scia di frammenti di troppe vite distrutte.

La prima parte del film indugia sulle risate, sulla spensieratezza dei ragazzi che pregano per vincere gare di ballo, flirtano con le ragazze e giocano nei parchi con altri coetanei, il tutto intervallato da momenti di serietà in cui adulti più consapevoli discutono di problemi ben più gravosi di una gara di ballo. Le riunioni diventano sempre più frequenti, prendendo lo spazio che prima era dei giochi e dei sogni.

La vita di Nang, a questo punto precipita; la malattia del padre, la demolizione del palazzo in cui era cresciuto, la separazione dagli amici di sempre.

Non c’è più posto per le speranze: Nang torna in città, e dalle macerie di quel vecchio palazzo dovrà ricominciare a costruire la sua vita.

Deserto Particular, di Aly Muritiba (GDA) 3,5/5

A volte nella vita, per ritrovarsi, bisogna perdersi. E Daniel (Antonio Saboia), il protagonista di questo film, si è perso, e si trova davanti a un mondo – l’unico che conosceva – in totale sfacelo.

Il declino fisico e mentale del padre, un uomo fiero e severo, la relazione altalenante con la sorella minore, la sospensione dal lavoro e la minaccia dell’arresto. Cosa rimane di Daniel quando il mondo in cui si era ancorato non esiste più?

Il film diventa così un road movie che vede il protagonista guidare per le lunghe e polverose strade del nord del Brasile, cercando Sara, la donna con la quale aveva una relazione virtuale e che di punto in bianco è sparito.

Ad ogni chilometro percorso il vecchio mondo di Daniel si fa più lontano, non solo fisicamente; ad ogni svincolo il vecchio Daniel si perde un po’ di più, fino al desiderato incontro con Sara. Da qui tutto cambia: la verità sulla sparizione viene d’improvviso svelata, lo spettatore, con Daniel, si trova catapultato in un mondo nuovo, diverso da quel mondo a contorni decisi che ci era stato presentato nella prima parte del film. A questo punto inizia una carrellata di dialoghi tra i due protagonisti, il cui tema dominante sembra essere l’identità di Daniel. Chi è Daniel? Grazie all’inaspettato incontro di Sara, e a un viaggio alla ricerca dell’amore che sa più di pellegrinaggio alla riscoperta di sé, Daniel riuscirà finalmente a ritrovarsi, riconoscersi e a ricostruire un mondo – il suo – ormai da troppo tempo a pezzi.

Ma Nuit, di Antoinette Boulat (Orizzonti) 5/5

“La libertà è il sentimento di non avere paura”

Ma Nuit è un piccolo gioiello. Un film delicato, intimo ed estremamente autentico.

La paura di vivere, l’ansia legata alla consapevolezza che la vita è appesa a un filo, precaria come l’equilibrio di qualcosa in bilico sull’orlo di un abisso.

Il soffocamento derivante dall’impossibilità di fare progetti e persino di sognare perché non ci si può proiettare nel futuro quando ogni cosa è così effimera.

Marion (Lou Lampros), che vive tutto ciò come un macigno, cerca di ‘attraversare la notte’, scalfire l’abisso più profondo per conquistare la luce e affronta questo viaggio insieme ad Alex (Tom Mercier), che sembra invece non aver paura di niente ed essere libero, perché la libertà è il sentimento di non avere paura.

Temi già visti e dialoghi già ascoltati vengono resi incredibilmente nuovi, grazie alle interpretazioni di due bravissimi giovani attori, a una fotografia che gioca su continui contrasto e una prospettiva mai banale.

Maria Vittoria Battaglia

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