Sola al mio Matrimonio: storia di disagio sociale e psicologico

Dal 1° ottobre al cinema per la regia di Marta Bergman presentato alla sezione ACID di Cannes e al Rome Indipendent Film Festival. Distribuito in Italia da CINECLUB INTERNAZIONALE DISTRIBUZIONE. La regista, rumena di nascita, si è dedicata da subito al documentario, esplorando la Romania e osservando le comunità rom. Questo è il suo primo lungometraggio di finzione.

Finalmente dopo lo stop dovuto alla pandemia arriva nelle nostre sale questa storia straziante di disagio sociale e psicologico.

E’ la storia della giovane rom Pamela, ragazza madre, la quale per se e per la sua bimba sogna un mondo migliore e non già la miserabile vita insieme alla nonna e si immagina che un salto di qualità nella sua vita è possibile.

Affrontando mille disagi per se e sua figlia inizia questo viaggio della speranza che la porterà in Belgio per incontrare il suo possibile futuro compagno di vita Bruno.

Bruno sebbene già adulto e con una buona posizione sociale è ancora legato al cordone ombelicale della madre ma anche al severo giudizio del padre.

Quella che potrebbe sembrare a prima vista una “uscita di sicurezza” per entrambi i protagonisti risulta invece un fiasco per l’incomunicabilità fra due mondi così diversi ma legati dal disagio sociale e psicologico. Il primo di miseria materiale ma desideroso d’amore e l’altro di miseria morale sebbene intriso anch’esso di un desiderio amoroso. L’amore non è in vendita perché in realtà è un dono. Messi davanti a questa realtà.

Entrambi riescono da queste contraddizioni a trovare un nuovo equilibrio nella vita.

Con un linguaggio cinematografico schietto che all’inizio può sembrare puerile la giovane regista affronta brillantemente questa esperienza passando dal cinema del reale a quello della finzione non abbandonando però lo stile di denuncia sociale che è più vicino al cinema del reale del quale questo lungometraggio è il naturale sbocco delle inchieste condotte durante la sua carriera di documentarista.

Tante volte restiamo vigili e attenti per capire come andrà a finire questa o quella situazione, come Pamela riuscirà a cavarsela dai guai in cui si è cacciata. Ma siamo anche vicini a Pamela e alla sua piccola bambina nelle situazioni più tenere e nell’intima e profonda convinzione che il sentiero dell’emancipazione femminile è impervio ma inevitabile, e primario anche rispetto all’identità etnica, da difendere ma le cui tradizioni non sono sempre meritevoli di conservazione, soprattutto in questa storia quelle più maschiliste, ruvide ma simili a quelle più intellettuali e sottili della borghesia illuminata belga.

Di seguito il trailer italiano:

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