ROUBAIX, UNE LUMIERE di ARNAUD DESPLECHIN: la recensione di Maria Vittoria Battaglia

Thriller incompiuto che mette a nudo l’umanità dei criminali di una Francia desolata

Esce il 1 ottobre, distribuito da No.Mad Entertainment, ROUBAIX, UNE LUMIÈRE, film di Arnaud Desplechin in Concorso a Cannes 2019 e presentato in anteprima ai RENDEZ-VOUS di Roma. Il film è stato designato Film della Critica dal Sindacato Nazionale Critici Cinematografici Italiani – SNCCI con la seguente motivazione:

“Un commissario esperto e compassionevole. Due donne amanti e forse assassine. Una città, Roubaix, estremo nord della Francia, terra desolata e impoverita, filmata con toni lividi e notturni. Un polar dai tanti rimandi cinefili (Hitchcock, Melville, Pialat), mosso però da un sentimento di pietà verso vittime e carnefici, quasi sconsolato nell’attestare i vari tentativi della ragione di rendere comprensibile il caos della realtà”.

Lampioni, sirene, falò; il film si apre con un tripudio di luci che richiamano l’atmosfera tipica della notte di Natale. Il contrasto con il buio della notte e del piovoso clima invernale preannuncia un film che sarà cupo e malinconico.

Il film vuole essere un thriller che oltre a rappresentare la fattualità degli eventi ne ricerchi anche le radici umane e psicologiche che hanno spinto i criminali ad agire in un dato modo, ma il tentativo non sembra essere riuscito in pieno. La storia si presenta, infatti, come una rassegna di alcuni casi di cronaca avvenuti a Roubaix, in Francia, da un tentativo di truffa assicurativa, ad una rapina, a una aggressione ed infine all’omicidio di un’anziana donna di 82 anni.

Luci e colori sono sempre adeguati alla scena, e il ritmo è lento quel tanto che serve per suscitare la curiosità dello spettatore, che si ritrova, però, a seguire le vicende così come sono, giustapposte tra loro e intervallate da alcune riflessioni del giovane poliziotto Louis Cotterel (Antoine Reinartz) che a volte sembrano aprire ad una svolta che però non arriva mai. Vi è un timido tentativo di accennare alla vita privata e alle dinamiche familiari dei singoli personaggi ma a questi cenni non segue mai un vero sviluppo, neanche quando riguardano le due ragazze accusate dell’omicidio – Claude (Lea Seydoux) e Marie (Sara Forestier) – con cui il regista vorrebbe solidarizzare.

Il film ha, comunque, il grande merito di riconoscere, seppur mai in maniera approfondita, l’umanità anche a chi commette dei crimini, e di mettere in luce il volto di una Francia che poco conosciamo, caratterizzata – come racconta il protagonista Daoud (Roschdy Zem) – da tassi altissimi di povertà, criminalità e disoccupazione.

A parte questo, però, il film non sembra riuscire a dirci molto altro, se non una semplice – ma comunque ben fatta – narrazione dei casi avvenuti nella notte di Natale in questo grande e freddo comune francese.

Maria Vittoria Battaglia

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