SPECIALE 68ma #BERLINALE #18 – 15/25 FEBBRAIO 2018

Cronistoria della Kermesse Berlinese inaugurata con il SOL LEVANTE e vinta dall’ outsider Adina Pintilie con Touch Me Not con il leitmotiv The FEAR

 (da Berlino Luigi Noera con la collaborazione di Marina Pavido – Le foto sono pubblicate per gentile concessione della Berlinale)

La maratona cinefila più popolare del vecchio continente con oltre 300 pellicole in programmazione è iniziata conIsle of Dogs_1 una serata inaugurale atipica per la scelta di un film di animazione del regista statunitense Wes Anderson che presenta Isle of Dogs. Sono le avventure di un ragazzino giapponese alla ricerca del suo fidato cane “deportato” dal nuovo ordine mondiale in isola a suo tempo adibita a discarica e adesso popolata da cani randagi affetti da una malattia trasmissibile agli “umani”. Ma saranno proprio loro ad aiutare il giovane “umano” a ritrovare il suo prediletto e fidato amico. Anderson ritorna per la seconda volta ad un genere per lui familiare che gli ha portato successo. Infatti la sua destrezza e la squadra che con lui ha collaborato ha confezionato un buon prodotto. Dove sta il segreto di tutto ciò Lo ha spiegato ai Talents insieme al Presidente di giuria Tom Tykwer che appunto svelerà i secrets.

River's Edge_1Ma anche la sezione Panorama è inaugurata da un film sul Giappone scritto e diretto dal maestro giapponese Isao Yukisada che si cimenta nel genere Mango con una storia post moderna dopo il disastro nucleare. In realtà è il tema del film di Anderson. Ecco svelato uno dei temi di questa Berlinale: il rispetto dell’ambiente. I giovani coinvolti nello script di Yukisada sono sottoposti ad uno stress della società giapponese alle prese con il suo invecchiamento, come succede in Italia. La sceneggiatura tiene incollati alla poltrona anche i più forti di stomaco. Dove sono finiti i cosiddetti valori della società post seconda guerra mondiale? Il disfacimento di ideologie consolidate si sente a pelle in River’s Edge e diciamo pure che il sol levante mette una ipoteca sull’Orso di Berlino.

Nella seconda giornata in Concorso  i registi americani David e Nathan Zellner hanno proposto un deludente racconto del WEST dei coloni in America che distruggono la reputazione degli interpreti del calibro di Robert Pattinson (Samuel), Mia Wasikowska (Penelope) e Robert Forster (Old Preacher) con una storia che vorrebbe essere comica ma è invece vuota. Questi sono gli incidenti di percorso dei festival e purtroppo anche la Berlinale subisce. Di tutt’altra fattura invece Las herederas (The Heiresses) Paraguay / Germania / Uruguay / Norway / Brazil / Las_herederasche in una storia semplice di due donne da anni legate da un affetto reciproco vanno incontro alle sorprese che riserva la vita quando ci si accorge che il tempo è passato. Storia delicata al femminile ambientata nell’America latina dove l’amore non ha generi. La Berlinale guarda sempre con rispetto questo aspetto della società umana. Mentre Fuori Conconcorso una bellissima storia di riscatto sociale irlandese con Black 47 di Lance Daly dove tra gli interpreti riconosciamo il valore di Stephen Rea (Conneely) e il giovanissimo Barry Keoghan (Hobson). Lo script in versione western mostra le sofferenze del popolo irlandese causate dai vicini Inglesi in quel periodo.

Per la sezione Panorama DOC è stata la volta dell’inconsueto volto della Slovacchia dove una Organizzazione Až přijde válka_3paramilitare sta prendendo piede senza che le Autorità facciano qualcosa. Anzi con Až přijde válka (When the War Comes) di Jan Gebert viene messo in evidenza come una parte della politica e del clero lo sdoganino a scapito della tenuta della democrazia. Nella stessa sezione dal Libano la giovane Reem Saleh ci racconta con Al Gami’ya (What Comes Around) una comunità di arabi che vivono nella parte povera del Cairo e che fanno comunità anche da un punto di vista dell’aiuto materiale tra loro consentendo agli abitanti una forma di di raccolta di denaro da utilizzare per bisogni come può essere anche un matrimonio. E’ terrificante come però la cultura dell’infibulazione sia radicata anche tra le giovanissime della comunità.

Figlia mia_1Nel fine settimana Laura Bispuri ben accolta in sala viene schiacciata dai colossi russo e tedesco. Infatti da un lato in Concorso abbiamo gustato opere eccellenti come Dovlatov di Alexey German Jr. che Dovlatov_4commuove lo spettatore per il senso di impotenza della avanguardia culturale Russa ai tempi di Breznev sopraffatta dalla burocrazia anzi tecnocrazia dei Soviet. E in sala l’applauso liberatorio rende giustizia di tante omissioni da parte di una sinistra miope dei paesi della Nato durante la guerra fredda. Ma è stato anche proposto l’attuale fenomeno dei clandestini in una novella posizionata ai tempi dell’invasione nazista della Francia ed ambientata ai nostri giorni in una Marsiglia trampolino di lancio per scappare dall’Europa verso le Americhe. Il protagonista Franz Rogoswki è lanciato verso l’Orso d’argento in questa interpretazione sublime. Si tratta di Transit di Christian Petzold, il regista è amante delle storie intime di ciascuno di noi che si trasformano in lamento universale. Tra questi due colossi anche Laura Bispuri con Figlia mia che riscuote successo da parte della stampa e del pubblico in una storia al femminile dove il quarto personaggio è la Sardegna terra di emozioni forti come lo è la storia presentata. La delusione viene invece dalla Francia con Eva di Benoit Jacquot, dove neanche la presenza di un attrice come Isabelle Huppert allo sbaraglio nel remake dell’omonimo film degli anni ’60 con l’indimenticabile Jeanne Moreau. Nella selezione Berlinale Special nei Gala al Friedrichstadt-Palast segnaliamo una pellicola che è un biopic nudo e crudo di Oscar Wild, dei suoi amori omosessuali negli ultimi giorni di vita in un turbinio di emozioni consegnateci in The Happy Prince Germania da Rupert Everett  che oltre ad essere il protagonista si cimenta alla regia in questa opera prima.

TRANSIT by CHRISTIAN PETZOLD Paris. Georg (Franz Rogowski) kann im letzten Moment seiner Verhaftung entgehen und gerät an die Papiere des toten Schriftstellers Weidel, dessen Identität er annimmt. Er flüchtet nach Südfrankreich, in der Hoffnung, dort auf politische Gesinnungsgenossen zu treffen. In Marseille lernt er Marie Weidel (Paula Beer) kennen, die dort seit Wochen auf ihren Mann wartet, nicht wissend, dass er nie wieder kommen wird. Die beiden Verlorenen beginnen eine leidenschaftliche Affäre. Aber für Marie steht im Gegensatz zu Georg fest: Sie will weg aus Marseille und in Südamerika ein neues Leben beginnen. Der Tag der Abfahrt des Schiffs naht, und Marie gibt die Hoffnung nicht auf, ihren Mann noch zu treffen. Von Minute zu Minute spitzt sich die politische Situation in Marseille weiter zu. Paul könnte den Platz von Maries Mann einnehmen, doch er zögert. Die Verwendung dieses Bildes ist für redaktionelle Zwecke honorarfrei. Veröffentlichung bitte unter Quellenangabe: CHRISTIAN SCHULZ / Schrammfilm / ZDF www.cs-christianschulz.de
TRANSIT di CHRISTIAN PETZOLD

Sempre per Berlinale Special all’ Haus der Berliner Festspiele segnaliamo il coraggioso documentario sulla triste realtà della produzione agrotossica in Argentina in Viaje a los Pueblos Fumigados di Fernando Solanas: Un viaggio nella sconfinata terra argentina che mette a nudo le nefandezze delle Multinazionali dedite al profitto e non alla salute dell’uomo e dell’ambiente. Il documentario è dedicato a Papa Francesco che nel suo “Laudato Si” punta l’indice sul mancato rispetto dell’ambiente.

Nella sezione a latere Panorama abbiamo scelto invece il documentario Al Gami’ya (What Comes Around) di Reem Saleh realizzato con pochi mezzi che entra nella vita di ogni giorno di una comunità araba in un quartiere povero del Cairo. La comunità si autofinanzia con la raccolta settimanale di fondi in una sorta di risparmio forzato per poter far fronte a necessità improvvise. C’è anche un altro aspetto però sconcertante che ci colpisce, in merito alla barbara usanza dell’infibulazione presente nella cultura di questa povera gente.

Profile_1Anche se non è un Documentario nella sezione Panorama dall’America il film fiction Profile di con una narrazione attraverso la condivisione e uso dei social racconta come vengono reclutati dall’ISIS i fighter europei convertitisi all’Islam. Una avvincente storia che con il ritmo dei giovani cresciuti con i social si snoda sui sentimenti di due giovani europei che combattono per ideali opposti. Sempre nella sezione Panorama dall’Italia dei fratelli Damiano e Fabio D’Innocenzo il film La terra dell’abbastanza (Boys Cry) che però non convince. Il film non va oltre il solito cliché della periferia romana alle prese con la malavita. Uno dei protagonisti è il giovane che nel film di Bruni svolge un ruolo intermediario tra l’anziano e i coetanei, qui non convince la suaimpostazione drammaturgica che ricorda quella di Valerio Mastandrea. La ciliegina sulla torta è affidata a Luca Zingaretti nei panni di un improbabile malavitoso romano. Sarà anche perché nell’immaginario è ricordato nei panni dell’amato commissario Montalbano.

Per la sezione Forum abbiamo scelto tre opere tra loro differenti. La prima è un documentario Minatomachi (Inland Sea) del giapponese Kazuhiro Soda, , il secondo un opera metaforica e sperimentale Tuzdan Kaide (The Pillar of Salt) di Burak Çevik, dalla Turchia paese nel quale è evidente il bavaglio che opprime la libera cultura, la quale per sopravvivere è costretta a simili espedienti cinematografici. L’Austria ai tempi di Kurt Waldheims è raccontata in forma burlesca da Waldheims Walzer (The Waldheim Waltz) di Ruth Beckermann che mostra quanto il potere sia indifferente al passato nazista del massimo rappresentante dell’ONU.

Ang Panahon Ng HalimawAl giro di boa la Norvegia primeggia e Lav Diaz commuove e così ad inizio settimana la Berlinale ritorna al suo carattere politico in Concorso, lasciandosi dietro alcuni peccati veniali del fine settimana. Parliamo di due film potenti e commoventi. Il primo Utøya 22. juli (U – July 22) Norvegia di Erik Poppe con uno stile minimalista nel quale il sonoro predomina sul resto ci mostra lo stato d’animo che il terrorismo crea nell’immaginario collettivo con una sentenza di rifiuto di ogni forma di violenza qualunque essa sia la ragione. Lo spettatore è atterito dagli spari nel mucchio e vorrebbe anche lui scappare. Una riprova ancora che si può fare del buon cinema senza tanti fronzoli o sentenze ideologiche. L’altro film anch’esso politico è Ang panahon ng halimaw (Season of the Devil) Philippines di Lav Diaz che è al suo terzo film dopo Venezia, dove vinse, e un ritorno alla Berlinale che lo apprezza particolarmente. Ci commuove lo stile musicale che accompagna le nefandezze di un potere totalitario come quello filippino in una pellicola in bianco e nero.  Ma alla Berlinale c’è anche posto per due biopic. Il primo in rigoroso bianco e nero l’intervista all’attrice tanto discussa Romy Schneider da parte di un rampante giornalista della rivista STERN dove vengono fuori le fragilità della attrice ben voluta dal pubblico e meglio Foto: Peter Hartwigconosciuta per il personaggio della Principessa Sissi. Si tratta di 3 Tage in Quiberon (3 Days in Quiberon) di Emily Atef . L’altro film è il tanto atteso ritorno di  Gus Van Sant che però con Don’t Worry, He Won’t Get Far on Foot delude le aspettative della platea. Il film ha un suo respiro grazie all’interpretazione di Joaquin Phoenix che

Joaquin Phoenix as John Callahan and Jonah Hill as Donnie star in DON'T WORRY, HE WON'T GET FAR ON FOOT.
Joaquin Phoenix  in DON’T WORRY, HE WON’T GET FAR ON FOOT.

interpreta il famoso disegnatore John Callahan, il quale iniziò la sua brillante carriera dopo essere rimasto disabile a causa di un incidente e si riabilita grazie all’aiuto di Alcolisti Anonimi. Anche il film americano Fuori Conconcorso 7 Days in Entebbe di José Padilha  sul dirottamento di un aereo Francese da parte di una cellula rivoluzionaria dell’estrema sinistra tedesca e del   Fronte Popolare per la liberazione della Palestina non va oltre che una semplice descrizione dei fatti. Peccato perchè il tema trattato è interessante, ma la narrzione non riesce a coinvolgere lo spettatore. Per chi è amante di Monster Hunt, pellicola uscita nel 2015,  può godere il sequel selezionato per la  Berlinale Special Gala al Friedrichstadt-Palast con la regia di Raman Hui. Infine per la Berlinale Series (Zoo Palast) la serie israeliana Sleeping Bears – ideata e regia di  Keren Margalit ha deluso la platea. La serie tratta di una coppia di di insegnanti di un liceo alle prese con vari omicidi da risolvere. Tra il cast segnaliamo la protagonista della pellicola Appuntamento per la sposa e del protagonista nel più recente film palestinese sul rapporto padri figli. Purtroppo non va neanche bene per il secondo film italiano selezionato da Panorama. Infine alle battute finali Gröning e Adina Pintilie con linguaggi disturbanti confermano il tema @Berlinale: the Fear. Erano tante erano le aspettative per il film tedesco di Gröning Mein Bruder heißt Robert und ist ein Idiot e per l’altra produzione tedesca di Adina Pintilie Touch Me Not, tanto è che qualcuno abbia azzardato “al buio” una seria ipoteca sugli Orsi della 68ma Berlinale. Gröning presenta in un racconto intimo un sentimento universale come la PAURA. In un rapporto fra sorella e fratello poco chiaro e sullo sfondo di paesaggi bucolici, con elementi post-industriali rappresentati dalla stazione di servizio in mezzo al nulla, il regista utilizza tutti questi elementi per discernere sulla filosofia. In un fine settimana cruciale per la giovine appare netto il sentimento di paura nel mettersi in gioco, del prossimo abbandono del fratello. Il regista ha troppo materiale a disposizione e lo utilizza tutto. Questo è il risultato della digitalizzazione dell’universo cinema in quasi tre ore estenuanti. Anche nel film della regista rumena i protagonisti hanno paura di se stessi. Disturba e dispiace però l’utilizzo di corpi mutilati e deformi dalla nascita. La regista si sa ha la fobia del corpo come nel suo docufilm Nu te supara, dar… (Don’t Get Me Wrong – 2007) che getta uno sguardo alla vita quotidiana dei pazienti in un ospedale psichiatrico rumeno. Il regista iraniano Mani Haghighi, portato quest’anno nella selezione maggiore della Berlinale, affascina con  Khook (Pig) e la sua fotografia fantasmagorica e coloratissima. Un autocritica del mestiere di regista in un racconto noir. Anche il cinema messicano di Alonso Ruizpalacios con  Museo (Museum) è rirriverente verso la cultura. Partendo da fatti realmente accduti si svolge una improbabile ma verietero trafugamento nel più grande museo di Città del Messico da parte di due giovani della borghesia attratti dal brivido dell’imprevisto mettono in atto la rapina del secolo trafugando pezzi unici della civiltà indie. Il finale però è amaro. Invece Fuori Concorso Steven Soderbergh in Unsane, thriller soft, utilizza i nuovi mezzi di ripresa dei social con la maestria che deriva dal sua consolidata esperienza registica. Sempre fuori concorso dal regista svizzero Markus Imhoof un doc che ci consegna con Eldorado una realtà che ben conosciamo e che ci vede attori nel salvataggio delle centinaioa di miglia di persone che ogni anno affrontano i pericoli del Mar Mediterraneo per fuggire dalla guerra e dalla carestia del continente africano. Il regista accosta questa tragedia a quella della seconda Guerra Mondiale, che vide tanti bambini italiani del nord rifugiati nella neutrale Svizzera ospiti di più fortunate famiglie. Ora come allora chi fugge e fuggiva dalla guerra vedee e vedeva come un Eldorado appunto l’Europa oggi e la Svizzera ieri. Anche qui il motore di tutto è  la  PAURA. Oggigiorno non si hanno più le certezze del dopoguerra e questo sentimento è ben percepito e descritto dagli autori selezionati in questa 68ma edizione della Berlinale. Nell’ultimo giorno delle proiezioni ufficiali due film In den Gängen (In the Aisles) Germania di Thomas Stuber e Twarz (Mug)  della polacca Małgorzata Szumowska più volte invitata alla Berlinale e inspiegabilmente premiata dalla Giuria.

TALENTS_MOTTO_2018In ultimo segnaliamo quanto interessanti siano i TALENTS TALKS nei quali si sono avvicendati, oltre al Presidente della giuria internazionale Tom Tykwer sul tema di quest’anno Berlinale Talents: Secrets  moderato dal veterano Peter Cowie, anche registi come Gus Van Sant  che ha trattato il tema A Place Like Home: The Cinema of Gus Van Sant modearto da  Marten Rabarts, e un duetto al femminile Technically a Woman: Cinematographers Speak Out  con Agnès Godard e  Nancy Schreiber moderato da Vinca Wiedemann. Negli ultimi due giorni ai TALENTS TALKS si sono avvicendati, Lav Diaz in Songs from the Past: Films Travel in Time moderato da Vincenzo Bugno, Willem Dafoe in A Journey Through Time with Willem Dafoe, moderato da Peter Cowie e Barbara Auer insieme a Christian Petzold con  In Transit: Thrown into the World moderato da Ben Gibson.

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