SPECIALE 68ma #BERLINALE #12 – 15/25 FEBBRAIO 2018: (DAY 5) – Season of the Devil Lav Diaz

Il Bianco e Nero delle filippine di Lav Diaz

(da Berlino Luigi Noera con la collaborazione di Marina Pavido – Le foto sono pubblicate per gentile concessione della Berlinale)

Presentato in concorso alla 68° edizione del Festival di BerlinoSeason of the Devil è l’ultimo lavoro del cineasta filippino Lav Diaz, il quale, appena due anni dopo il triondo a Venezia del suo The Whoman who left, ha tentato la strada del musical.

Fedele, sotto molti aspetti, alla sua poetica originaria, anche con questo suo lavoro Diaz ci racconta una porzione di storia delle Filippine, mettendo in scena il dramma di un villaggio che – intorno alla fine degli anni Settanta – viene occupato militarmente e all’interno del quale, privati di ogni libertà di parola e di operato, gli abitanti vivono costantemente nel terrore. Prendendo spunto – come ci viene detto da una voce fuori campo in apertura del lungometraggio – da vicende di personaggi realmente conosciuti dall’autore, vengono messe in scena, qui, le tristi vicende di Hugo, giovane poeta rivoluzionario, e di Lorena, sua moglie, la quale ha da poco avviato una clinica all’interno del proprio villaggio. Di fronte alla necessità di combattere e di reagire, il ragazzo entrerà in profonda crisi e, per un certo periodo, si allontanerà da casa.

Su una cosa siamo d’accordo: pur presentandosi come un autore tendenzialmente ostico, il buon vecchio Lav col cinema ci sa fare eccome. Sempre magnetiche e di forte impatto visivo, ad esempio, sono le numerose inquadrature – rigorosamente a camera fissa – degli ambienti ricostruiti, così come dei rari, rarissimi primi piani dei personaggi, tutte rigorosamente in un curato e contrastato quanto basta bianco e nero, vero e proprio marchio di fabbrica – insieme alle lunghe attese ed ai piani sequenza – dell’intera opera dell’autore. Privo, d’altronde, di ogni qualsivoglia arrangiamento musicale, l’intero lavoro prevede pochissimi dialoghi parlati, accanto a suggestivi canti a cappella. Il problema di un prodotto come Season of the Devil, però, è che – nonostante la presenza al suo interno di elementi più che validi – risulta sostanzialmente molto meno equilibrato – per quanto riguarda la stessa struttura narrativa – rispetto ai soliti lavori del regista. È il caso, questo, di intere sequenze che si ripetono per parecchi minuti di fila e che finiscono per risultare pericolosamente ridondanti (ne è un esempio il momento in cui il giovane Hugo si rende conto dell’importanza di agire contro l’occupazione militare), così come di temi musicali ripetuti molto più spesso di quanto realmente necessario. Se, ad esempio, prendiamo in considerazione tutta la precedente filmografia di Diaz, possiamo convenire che, malgrado la lunghissima durata dei suoi lavori, ogni singolo elemento – all’interno della narrazione – era sfruttato come si deve e perfettamente pertinente al contesto. Proprio la durata, in quei casi, era pienamente giustificata. In Season of the Devil, però, forse proprio perché non perfettamente in sintonia con un genere come quello del musical, Diaz non sempre sembra a proprio agio e, di quando in quando sembra gestire male i tempi, oltre che i suoi stessi interpreti, molti dei quali sono chiaramente cantanti, al contrario di altri che si sono – in occasione delle riprese – improvvisati tali.

Detto questo, Season of the Devil è complessivamente un buon film. D’altronde, un autore come Lav Diaz sa il fatto suo e ci sa ben fare per quanto riguarda la messa in scena in generale e momenti di grande effetto come quelli in cui vediamo il protagonista da bambino incontrare una misteriosa figura in maschera o anche trovate indovinate come quella di aver creato il temutissimo comandante Narciso come una sorta di mostro a due facce.

Che, nonostante tutto, si voglia bene ad un cineasta come Lav Diaz, è praticamente scontato. Ed è forse proprio questo ad aver deluso maggiormente le aspettative dei suoi sostenitori. Sul fatto che, tuttavia, momenti di crisi possono capitare anche ai migliori, non vi sono dubbi. Bisogna, a questo punto, stare a vedere quale piega prenderà la sua carriera ed in che modo il celebre regista filippino saprà di nuovo sorprenderci ed emozionarci.

Marina Pavido

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