SPECIALE #VENEZIA78 #5 – 1/11SETTEMBRE 2021: (DAY 2) 107 Mothers di Peter Kerekes – la recensione di Marina Pavido

(da Venezia Luigi Noera con la gentile collaborazione di Marina Pavido e Annamaria Stramondo e dalla sala WEB Maria Vittoria Battaglia – Le foto sono pubblicate per gentile concessione della Biennale)

Un approccio registico di pedinamento zavattiniano è alla base del film di Peter Kerekes

Presentato all’interno della sezione Orizzonti a Venezia78, 107 Mothers è l’ultimo lungometraggio diretto da  Peter Kerekes.

Non una, ma tante storie ambientate in uno speciale carcere di Odessa. Un carcere femminile dove vengono ospitate numerose madri e donne incinte, ognuna delle quali ha una pena detentiva da scontare, ognuna delle quali cerca in tutti i modi di stare il più possibile vicina ai propri figli. Quando nasce un bambino viene portato in una struttura speciale insieme ad altri figli di detenute. La mamma potrà vederlo soltanto in orari prestabiliti. Nel momento in cui un bambino compie tre anni, tuttavia, bisognerà decidere se mandarlo da alcuni parenti o addirittura in un orfanotrofio, in attesa del rilascio della madre stessa. Tra tutte queste storie spicca quella di Lesya, una giovane donna accusata di omicidio passionale. Lesya (qui impersonata dall’attrice Maryna Klimova) è una delle tante detenute di cui tutti ignorano l’esistenza, ma che, ogni giorno, sono portate ad affrontare sfide più grandi di loro.

Peter Kerekes, dal canto su, ha dato voce a tutte queste donne optando per un approccio registico  essenziale, ma incredibilmente efficace. Un approccio registico in cui il pedinamento zavattiniano ben riesce ad adattarsi alla coralità del film, conferendo all’intera messa in scena una ben bilanciata armonia. Le detenute, così come le sorveglianti, sono tutte caratterizzate da una grande umanità. Il dolore di ognuna di loro, ma anche la speranza e – perché no? – un velato tocco di umorismo (soprattutto per quanto riguarda i momenti in cui una delle sorveglianti interagisce dopo il lavoro con la propria madre) esplodono vivi e pulsanti sul grande schermo, senza mai risultare eccessivi, artefatti o pericolosamente forzati.

Non punta Peter Kerekes a un’estetica eccessivamente marcata o a inutili virtuosismi registici. Tutto ci viene mostrato così com’è, senza edulcorazione alcuna. E l’esperienza del regista insieme ai suoi collaboratori in un vero carcere femminile si fa sentire forte e chiara. Intensi primi piani di volti sofferenti, momenti di relax in cortile durante l’ora d’aria e, soprattutto, tanti, tantissimi neonati che piangono o bambini che si accingono a spegnere le candeline sulla torta di compleanno insieme alle loro mamme ricorrono costantemente durante la visione di questo piccolo e delicato 107 Mothers.

Un film dolente e doloroso, diviso in due parti nette (la prima riguardante i momenti immediatamente dopo una nascita, la seconda gli ultimi giorni prima del compimento dei tre anni dei bambini delle protagoniste), che data la particolare ambientazione (in questo caso proprio la città di Odessa) non disdegna nemmeno di strizzare l’occhio al grande cinema del passato, con un chiaro omaggio al Maestro Eisenstein e alla sua ormai celeberrima scalinata, mentre un bambino e una sorvegliante si accingono a scenderla mano nella mano in un caldo pomeriggio d’estate.

Marina Pavido

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