Call by your name di Luca Guadagnino in lizza agli #OSCAR con quattro candidature – la recensione di Marina Pavido

Luca Guadagnino  scava nei sentimenti di una famiglia borghese con il suo stile politically correct e per questo piace!

Nelle sale italiane dal 25 gennaio, Chiamami col tuo nome è l’ultimo lavoro del cineasta italiano, ma trapiantato all’estero, Luca Guadagnino, presentato in anteprima alla 67° Berlinale e che ha recentemente ricevuto ben quattro Nomination ai Premi Oscar, tra cui Miglior Film e Miglior Sceneggiatura non Originale (scritta da James Ivory).

Tratto dall’omonimo romanzo di André Aciman, il film – terzo capitolo della trilogia del desiderio dopo Io sono l’amore (2009) e A bigger splash (2015) ed ambientato nel 1983 – racconta la storia d’amore tra Elio, diciassettenne residente in un paesino del Nord Italia ed Oliver, giovane studente americano ospitato durante l’estate dalla famiglia del ragazzo. Non sarà facile per entrambi scoprire sé stessi ed ancor più difficile sarà, alla fine delle vacanze, separarsi.

Osannato dalla critica italiana ed internazionale, considerato da un cineasta del calibro di Paul Thomas Anderson uno dei migliori film del 2017, Chiamami col tuo nome ha tutte le carte in regola per passare alla storia. Almeno sulla carta. Nulla da dire, infatti, sulla regia, così come sulle atmosfere poetiche ed evocative ricostruite che, grazie alla bravura degli interpreti e, non da meno, ad un coinvolgente commento musicale, riescono fin da subito a far breccia nel cuore dello spettatore ed a far sì che egli stesso si senta parte integrante della storia. I sentimenti dei due giovani, dal canto loro, vengono messi in scena in modo discreto e delicato, quasi a voler richiamare alcune opere della Nouvelle Vague.

Ma allora, con tali premesse, cos’è che di un film come Chiamami col tuo nome proprio sembra non andare giù? Forse, paradossalmente, è proprio lo sguardo del regista. Non fraintendiamoci, dal punto di vista della messa in scena in sé stiamo parlando di un film inappuntabile. L’impressione che si ha – anche, e soprattutto, in luce di quanto un cineasta come Guadagnino ha girato in passato – è che lo stesso autore sia un po’ troppo distaccato da ciò che sta girando, quasi come se l’importante fosse autocelebrarsi come grande maestro, ma senza entrare davvero nel vivo della vicenda. Lo dimostrano, giusto per fare qualche esempio, i primi e primissimi piani troppo enfatici – ed anche piuttosto gratuiti – dei due protagonisti, così come campi lunghi che ci mostrano il paesaggio estivo e si soffermano fissi anche dopo che i personaggi sono usciti di scena, senza che ce ne sia una reale necessità.

Eppure, nonostante ciò, la confezione del prodotto in sé è riuscita eccome. E pare siano in tanti ad essersene accorti. Di fatto, Chiamami col tuo nome è un lungometraggio che da solo presenta parecchi spunti interessanti. Non ci resta che stare a vedere se l’Academy lo riterrà meritevole di qualche statuetta.

Marina Pavido

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