Nelle sale italiane dal 9 marzo Phantom Boy di Alain Gagnol e Jean-Loup Felicioli – la recensione di Marina Pavido

Phantom Boy, l’ultimo lungometraggio di animazione di Alain Gagnol e Jean-Loup Felicioli, è PHANTOM_BOY_PRIZEstato presentato in anteprima al 33mo Torino Film Festival ed è risultato vincitore del Platinum Grand Prize al 18mo Future Film Festival.

Leo è un ragazzino di undici anni costretto a sottoporsi a pesanti cure in ospedale. Egli, da quando ha scoperto di essere malato, ha il potere di uscire dal proprio corpo durante il sonno, senza essere visto da nessuno. Alex, invece, è un giovane poliziotto ferito da un pericoloso malvivente dal volto sfigurato che minaccia di distruggere New York con un potente virus informatico. Grazie ai poteri di Leo – e grazie anche all’aiuto della caparbia giornalista Mary – però, l’uomo potrà portare avanti la sua inchiesta anche dall’ospedale.

Leo è, dunque, un piccolo fantasma che ogni notte vola sulla città di New York. La sua figura si snoda sinuosa tra i palazzi quasi come se stesse danzando. I disegni – rigorosamente a mano, bidimensionali, dai fondali spigolosissimi e dalle figure che stanno a ricordare le opere di Picasso (in particolare per quanto riguarda il volto del malvivente sfigurato) e di Modigliani – stanno bene a sottolineare questo contrasto sogno/realtà, così come la contrapposizione tra il mondo dell’infanzia e quello dell’età adulta. Al contempo, il genere polar – in piena tradizione francese, ovviamente – sembra inizialmente contrapporsi al surreale, all’onirico. Eppure, alla fine, tutto riesce a trovare un punto di incontro, in Phantom boy. Ed il risultato è un’armonia di immagini e di colori per una storia semplice ma raffinata, che fa di questo ultimo lavoro della coppia di registi una vera e propria perla dell’animazione europea.

E così, dunque, la Francia si conferma ancora una volta come una delle nazioni, in Europa, più prolifiche ed interessanti, per quanto riguarda l’animazione. Infatti, se si ripensa anche solo alle produzioni degli ultimi anni, di nomi promettenti, di fatto, ce n’è parecchi: da Sylvain Chomet (L’illusionista) a Rémy Chayé (Tout en haut du monde), senza dimenticare Stephane Aubier, Vincent Patar e Benjamin Renner (Ernest e Célestine), oltre all’ottimo Jean-François Laguionie (Le stagioni di Louise). Dopo il successo di Un gatto a Parigi (2011), candidato, tra l’altro, al Premio Oscar come Miglior Film di Animazione, ecco che la coppia Gagnol-Felicioli riconferma, dunque, il proprio talento con un lungometraggio che per stile e genere ricorda sì il precedente lavoro, ma con il quale, tutto sommato, sembra che i due abbiano dato prova di una loro ulteriore maturazione artistica.

Marina Pavido

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