SPECIAL 71st #BERLINALE - session 1/5 March 2021 #7 (DAILY 1): Al via la Corea si conferma Leader

(Berlin Luigi Noera with the kind collaboration of Marina fearful – Photos are published courtesy of the Berlinale)

Questa edizione unica della Berlinale si inaugura con pillole sul futuro degli esseri umani e dei loro Android, ma anche scoprendo che dalle ceneri di una guerra la Vita va avanti. Tra queste due visioni il cinema Coreano ci regala una perla di semplicità.

Competition

Ich bin deinMensch I’m Your Man at Maria Schrader

Alma è una ricercatrice del Pergamon mette alla prova l’ultimo ritrovato della tecnologia : Tom. E un robot che le cambierà la vita. All’interno della narrazione c’è anche posto per il suo ex partner e la sua nuova fidanzata Stefi. Tom sempre più assomiglia ad un essere umano con i suoi sentimenti e reazioni. Lo sguardo ipnotico di Tom tradisce le sue origini. Ma cisi può innamorare di un robot Una storia d’amore del terzo millennio. In realtà la direttice del programma di sviluppo dei robot umanizzati è anche lei un robot. Interpretata dalla regista Maria Scharader che mette a disposizione tutte le sue qualità recitative e la notevole esperienza di regia. La domanda è sempre la stessa la Vita e la morte cosa significano per noi umani.

Inteurodeoksyeon Introduction Hong Sangsoo

Una sceneggiatura da mozzafiato è la cornice di un dilemma a cui tutti i noi quando diventiamo genitori siamo incatenati: volere il meglio per i nostri figli. La realtà poi ci ferma perché anche i figli sono individui con le loro aspirazioni che non coincidono con quelle dei loro padri . Una recitazione asciutta che non da spazio ai genitori e lascia interdetti i figli.

Film su più livelli dove le tre storie si intrecciano e oltre alla questione dei rapporti genitoriali si intravede la vita dell’attore che deve interpretare sentimenti che non sono i suoi uscendo da se stesso. Un mare in tempesta chiude questo film di un affezzionato della Berlinale come lo è l’ anima del figlio del protagonista.

Memory Box di Joana Hadjithomas & Khalil Joreige

Natale, siamo in Canada a Montreal dove Alex seconda generazione di libanesi rifugiati immigrati in questa terra lontana allo scoppio della guerra negli anni 80 vive.

Dalla amica della madre Maia rimasta in quella terra martoriata arriva uno scatolone contenente i diari di quegli anni di quest’ultima affidati dalla madre. La coppia di registi utilizzando il proprio materiale personale di quegli anni tra diari e registrazioni della propria famiglia da una parte e foto dei combattimenti in Libano ottengono un calendiscopo toccante dei sentimenti dei civili investiti da una guerra. Una storia personale narrata su più livelli dove gli amori giovanili della protagonista si mischiano con il modo di divertirsi dei giovani di alloro seppure in presenza di una guerra. Ma è soprattutto un omaggio al CINEMA. Una sorta di catarsi generazionale che si consuma nel viaggio a ritroso nella terra natia libanese in occasione dell’estremo saluto all’amica scomparsa. Lo scoprire un Libano ricostruito dopo la devastazione degli orrori della guerra.

Encounters

Years by Avi Mograbi, 66 Questions di Jacqueline Lentzou (REVIEW)

Nous | We di Alice Diop FRA 2020 ci parla di Parigi e della RER una sorta di metropolitana delle SNCF, contrariamente a Sacro Gra di G. Rosi l’ultima parola è lasciata ai personaggi ripresi dalla regista (REVIEW)

Vị | Taste di Lê Bảo

Taste, opera prima del regista vietnamita e autodidatta Lê Bảo è in competizione a Encounters alla BERLINALE 2021 in collaborazione con il Torino Film Lab. Girato con un un cast di attori non professionisti, il film racconta di Bassley, calcatore nigeriano che vive a Saigon, dopo un infortunio non si da pace e insieme a quattro donne di mezza età con cui saltuariamente lavora decidono di sfuggire alla delusione della propria vita e creare un mondo speciale solo per loro stessi.

Girato nella capitale Vietnamita nel buio dei bassifondi dove c’è un popolo che lavora. Ci sono simbolismi evidenti come il simbolo feticcio della televisione.

Sembra un sogno vissuto dal protagonista alle prese con il vivere al di fuori della sua madre patria africana. Commovente la scena finale dove il protagonista si allontana nella radura verso la boscaglia. Per essere autodidatta l’autore coinvolge lo spettatore nell’intimo della sua anima.

Panorama

Dirty Feathers USA / Messico di Carlos Alfonso Corral *Anteprima mondiale / First work

Una comunità di homeless si racconta con tutte le sue sfaccettature in un documentario in Bianco e Nero dove c’è spazio per avere una sorta di normalità come può essere farsi una doccia, oppure avere “un salotto” sotto un viadotto delle strade di confine di El Paso e Ciudad Jàrez dove discutere con i compagni di sorte. Ma anche assaporare la tenerezza della dolce attesa della amata compagna.

Questo è vivere per strada alcune volte come scelta di libertà. Ma altre volte perché si è perso il lavoro. Ambientato al confine americano con il Messico questo microcosmo potrebbe in qualsiasi luogo dove ci sono gli scarti della opulenta società del terzo millennio. A questi reietti del mondo l’unica evasione dalla dura realtà è lo stordimento a poco prezzo con l’alcol e le droghe sintetiche. C’è però tanta umanità nei loro ragionamenti sul senso della vita che potrebbe essere anche la nostra. Un documentario dove il regista pian piano entra nelle vite vissute di questi disederati attraverso le loro parole qualche volta incomprensibili.

Forum

The First 54 Years – An Abbreviated Manual for Military Occupation di Avi Mograbi (REVIEW)

 

Generation (RECENSIONI a cura della RedazioneMVit)

Tabija,di Igor Drljaca

“One day a boy appeared. Nobody knew where he came from. He met a girl with whom he had many things in common. Feeling a connection she wondered that valley with him. Sadly, however, she was promised to another…”

Tabija, La Fortezza Bianca, è un film che fa della contraddizione la sua arma vincente.

La contraddizione, l’anima di una Sarajevo che ancora porta i segni della guerra, domina ogni parte di questa opera, che è una storia d’amore e al contempo un di sofferenza e separazione, una storia di speranza e allo stesso tempo di rassegnazione, che racconta di due ragazzi con differenze incolmabili eppure così vicini da innamorarsi l’uno dell’altro.

love, pain, drammi familiari, ricchezza e povertà si incrociano dando vita a un film ricco, intenso, che narra di un amore adolescenziale ma infine lascia lo spettatore attonito di fronte a una presa di coscienza circa quanto effimera sia la felicità.

Ed è questa la contraddizione più forte di Tabija: la durezza del film che si cela dietro l’apparente leggerezza.

Drljaca dona allo spettatore un film sincero che tramite gli sguardi ipnotici dei protagonisti – Faruk e Mona – dice molto di più di quanto inizialmente sembri e l’amore non resta che un pretesto per narrare la vita stessa.

Stop-Zemlia di Kateryna Gornostai

Stop-Zemlja è la storia di Masha, dei suoi amici Senia e Yana e dei suoi compagni di classe alle prese con l’ultimo anno di scuola. Ognuno ha la propria storia,le proprie passioni e i propri interessi.

Una classe normale, la cui dinamica è ben espressa durante tutto il corso del film; non si vedono mai insegnanti perché la scuola non interessa come istituzione ma come luogo in cui l’adolescente cresce, trovando gli amici, scoprendo l’amore e anche i problemi. La scuola – il nido che presto verrà abbandonato. E nonostante la noia delle lezioni e l’indifferenza per alcuni compagni è una fase cruciale della crescita e Masha, così come anche i suoi amici, non sono immuni dai dubbi e dalle paure che questo comporta: che sarà dopo? Come è il mondo fuori da scuola? Cosa rimarrà di questi rapporti ora così intimi e totalizzanti?

Le emozioni e le ansie dei protagonisti – come anche quelle dei personaggi di contorno – emergono molto chiaramente nell’arco del film, complice anche una colonna sonora curata in ogni dettaglio e che riesce ad arrivare fin nel profondo, mettendo a nudo, insieme al protagonista, anche lo spettatore.

The film, Unfortunately, rimane però vittima della sua stessa ambizione: nel tentativo di illustrare il disagio giovanile che emerge nel confronto con fasi così significative la regista intramezza le scene con delle interviste ai personaggi che, guardando direttamente in camera, si aprono e confidano, verbalizzando cose che già erano chiare e rendendo così il film un po’ ridondante. Ciò nonostante Stop-Zemlja rimane un film ben riuscito che colpisce nel segno, che pur mostrando uno spaccato di gioventù ucraina riesce a staccarsi dalle coordinate geografiche e temporali che si è dato potendo così coinvolgere ogni spettatore: difficile, indeed, non ritornare con la mente al periodo della scuola, non riconoscere in quelle ansie e le nostre stesse paure, non ridere con loro quando giocano al parco ricordando i compagni, le esperienze e le emozioni di un tempo.

La Mif di Fred Baillif

Tutte vivono sotto lo stesso tetto, che non si sono scelte, proprio come in una famiglia.

In realtà sono in una casa famiglia, in una struttura tenuta da assistenti sociali.

Le giornate passano tra rivalità, amicizie, confidenze e litigi: il film si concentra sull’equilibrio precario e le instabili relazioni di amicizia e di fiducia delle ragazze tra loro e con lo staff.

Piano piano si svelano le storie di ciascuna delle ospiti, i retroscena violenti, traumatici, il problema dell’abbandono.

Uno spettro di difficoltà sociali e disagi emotivi ben evidenziato che mostra tutte le debolezze di una società che ancora non riesce a tutelare chi più ne ha bisogno, costretto troppe volte da limitanti formalità a voltare le spalle a chi avrebbe bisogno di una mano tesa.

Il regista però riesce anche a sottolineare la dedizione la forza e le angosce di chi cerca di offrire alle persone in difficoltà un luogo sicuro, degli assistenti sociali che tengono in piedi la comunità dove si trovano queste ragazze: persone che troppe volte pensiamo essere semplici professionisti ma che sono in realtà persone, anche loro con il proprio bagaglio alle spalle, che devono gestire situazioni talmente instabili e variabili che sembra impossibile fare sempre la cosa che sia al contempo emotivamente, socialmente, legalmente e formalmente giusta.

La Mif è un film che analizza un ventaglio di situazioni e personalità talmente ampio da rischiare di diventare troppo pretenzioso eppure riesce a non appiattire nessun personaggio, a restituire sempre quella complessità che ogni storia, ogni volto e ogni emozione raccontano.

 

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