#BERLINALE73 – 16/26 February 2023 SPECIAL #5 (DAYS 2&3)

Dopo l’apertura una carrellata di soggetti e linguaggi diversi tra loro mettono in evidenza l’essere umano al centro della scena con il meglio dalla sezione FORUM alla lente di ingrandimento

L’omaggio a Massimo Troisi di Mario Martone, while Shidniy front reminds us of the first year of war in Ukraine in the first days of the Berlinale

(from Berlin Luigi Noera and Marina Pavido – The photos are published courtesy of BERLINALE)

COMPETITION

BLACK BERRY di Matt Johnson

Matt Johnson ci consegna un viaggio attraverso l’ascesa e il fallimento dell’azienza che produsse il primo smartphone, il telefono che le persone avevano prima di possedere un iPhone”.

Dal libro del 2015 “Losing the Signal” – un’indagine rivelatrice di ciò che è andato bene e sbagliato per Research in Motion (RIM), la società che ha lanciato l’allora rivoluzionaria combinazione di telefono e tastierafornisce alla storia della rapida ascesa e della caduta fulminea di RIM in una sorta di sogno da febbre tecnologica senza fiato, una commedia umana pessimistica implacabile ma avvincente sulla lotta per rimanere al top in un settore in rapida evoluzione.

La storia inizia nel 1996 in quella che allora era un’operazione in una stanza sopra un negozio di bagel a Waterloo, in Ontario, fino all’implosione nel 2018 del gigante della tecnologia, ora chiamato BlackBerry, in cui RIM si era trasformata.

Il personaggio più curiosamente comico del film, Doug, è l’esempio più evidente della qualità che BlackBerry ha anche nella sua forma nei momenti cruciali della storia: i suoi personaggi deboli e fallibili che sono tutti uomini. È solo verso la fine che appare un personaggio femminile significativoun’investigatrice della Securities and Exchange Commission, il cui ruolo è quello di ricordare che tutto è diventato tossico.

Someday We’ll Tell Each Other Everything di Emily Atef

Ci troviamo nella ex DDR dove una famiglia di agricoltori vive in una fattoria al confine tedesco-tedesco che nell’estate del 1990 non è più confine. Vengono in visita i membri della famiglia dall’ovest e tutti cercano la strada attraverso questi nuovi tempi incerti mentre la vita quotidiana continua nella calura estiva. Il figlio Johannes ha trasformato la soffitta della fattoria in un rifugio per sé e la sua fidanzata Maria. Maria legge Dostoevskij e vaga per i prati, impegnata alla ricerca del senso della vita. L’incontro con Henner, un vicino molto più anziano, diventa il suo banco di prova.

Raramente l’adattamento di un testo letterario vibrante è stato in grado di creare una tale energia, e ancora più raramente è stato in grado di rivitalizzare virtù antiquate. Un film sul carisma, sui corpi nudi, sulla mancanza di forza di volontà e sul desiderio. Un’opera schietta, che offre una dose inaspettata di romanticismo tedesco.

Romanzo d’appendice con finale tragico, adatto ad un pubblico tedesco.

The Survival of Kindness di Rolf de Heer

Dramma allegorico senza parole di Rolf de Heer prende spunto da paesaggi selvaggi e sconfinati; in immagini crude di odio e violenza.

Una gabbia viene abbandonata nel deserto australiano. Nella gabbia c’è una donna aborigena che viene lasciata morire nell’inferno del deserto dove gli unici esseri viventi sono gli scorpioni. La forza d’animo di sopravvivenza è più forte e riesce a evadere, in un viaggio alla ricerca della salvezza.

Non è chiaro se stiamo vedendo un presente alternativo, un futuro distopico o una costruzione simbolica. Ma questo è chiaramente un film che risponde a un momento storico specifico, intrecciando l’impatto della pandemia e il movimento BLM. È un film sorprendente e stimolante, anche se piuttosto esaurisce la forza e le idee nel terzo atto.

L’inizio/incipit del film è fantastica. Invece il viaggio dopo essersi liberata porta la protagonista fino alle verdeggianti montagne della Tasmania; along the road, incontra molti che la vorrebbero morta, alcuni che la vedono come una minaccia e due viandanti che fanno di tutto per aiutarla. Questa ricerca, accompagnata da una colonna sonora scarna e sussurrata che suona come il vento che soffia su tombe aperte, ha una qualità mitica ovunque, un senso di rimozione anche quando si confronta con scene di brutalità inimmaginabile. È un mondo di oppressione bianca, governato dalle armi e rovinato da una malattia altamente contagiosa e mortale. Si può dare una interpretazione più cupa che il privilegio prevarrà sempre e che la persecuzione e la discriminazione dei bianchi contro i neri sono inevitabili. Gli ottimisti, instead, potrebbero aggrapparsi all’idea che, whatever happens, lo spirito è libero resiste. Film d’autore potente che però ha scarse possibilità di sfondare nel cuore della critica, del pubblico e della Giuria.

Bai Ta Zhi Guang (The Shadowless Tower) di Zhang Lu

Pechino ai giorni nostri mostrata grazie alla storia di un professore con una fanciullezza tormentata dalle colpe del padre molestatore seriale e gli occhi di una sua giovane alunna perdutamente innamorata.

I sobborghi di Pechino che ancora resistono alla modenità, tra le bellezze di Pechino la “Torre dell’Ombra” che presta il titolo a questo film intimo.

Il film è profondamente radicato nel paradosso della Pechino contemporanea, dipinta qui come una città in esilio; una metropoli divisa tra tradizione e modernità.

Quando il recensore di ristoranti Gu Wentong (Xin Baiqing) inizia a parlare dell’edificio che dà il titolo al film, il Tempio dello Stupa Bianco (o Tempio Miaoying) nel vasto distretto di Xicheng della città, dice al suo giovane fotografo Ouyang Wenhui (Huang Yao) che la sua ombra non si vede perché cade lontano, sull’altopiano tibetano.

Il quarantenne Wentong vive da solo nell’angusto appartamento che ha ereditato dalla madre defunta, all’ombra del Tempio dello Stupa Bianco. Divorced, ha una giovane figlia dolce e intelligente, che vive con la sorella dalla lingua tagliente e il marito accomodante. È proprio quest’ultimo a rivelare di essere da anni in contatto segreto con il padre di Wentong, Gu Yunlai, cacciato di casa dalla madre di Wentong in seguito a un disonore che lo ha portato in prigione. Beidahe, la cittadina costiera della provincia di Hebei dove vive in esilio il padre, è anche la città natale della vivace fotografa Wenhui, una ragazza moderna.

La delicatezza del tocco del film emerge non solo nella storia d’amore agrodolce al centro tra il maturo professore e la giovinetta, ma anche dalla ricchezza di dettagli apparentemente marginali. Un film dove la macchina da presa mantiene una rispettosa distanza, privilegiando i campi lunghi o medi rispetto ai primi piani. e trasmettendo la natura refrattaria delle emozioni dei suoi personaggi inquadrandoli attraverso porte, windows, corridoi, specchi e persino con una panoramica, dall’arrivo incerto della coppia in un love hotel nella telecamera a circuito chiuso della receptionist.

Manodrome di John Trengove

Con due grandi attori quali Jesse Eisenberg e Adrien Brody viene messa in scena la storia di Ralphie,

Ralphie è un autista newyorkese di Uber che sta lottando per sbarcare il lunario con la sua compagna, Sal. Ralphie viene introdotto in un gruppo di sostegno tutto al maschile da un amico, e dopo aver subito un esaurimento, rovina in un vortice di follia distruttiva e violenta. Una vita sballata dall’assunzione di pillole per migliorare le prestazioni fisiche che gli fanno perdere il senso della vita. Una comunità lo accoglie per salvarsi in una sorta di setta ma non proprio. Nonostante il recupero il protagonista va per la sua strada allontanandosi dalla setta misogina che è guidata da Dan che appella i suoi adepti suoi figli, lui che è il padre!

Il paragone con Taxi Driver è automatico, ma, a differenza dello studio fondamentale sull’isolamento di Scorsese, questo film tenta di assumere una posizione neutrale sul comportamento del suo protagonista e di conseguenza manca dell’emozione o dell’intuizione che potrebbero aver dato una svolta unica a questa storia ben battuta. instead, diventa un altro brutto film dominato dalla psiche di un uomo tormentato.

Ralphie è in gran parte un prodotto del suo ambiente. Il suo territorio nel nord dello stato di New York (il film è stato girato a Syracuse) è un mondo lontano dalle ricche guglie scintillanti di Manhattan. La palestra dove si flette allo specchio, le strade squallide in cui si aggira per i biglietti, il banco dei pegni dove scambia i beni rubati con contanti sono tutti luoghi oscuri e senz’anima.

Gli insulti anti-femminili esplicitamente offensivi stressano lo spettatore. Sebbene questo atteggiamento possa essere autentico per la cultura rappresentata sullo schermo, il film vi si appoggia più pesantemente di quanto forse fosse necessario, rendendolo colpevole proprio del problema che presumibilmente sta criticando.

BERLINALE SPECIAL & SERIES

Laggiù qualcuno mi ama di Mario Martone

Presentato fuori concorso il doc del conterraneo Mario Martone sull’attore scomparso prematuramente prima del successo del film Il Postino che riuscì con la sua forza d’animo e amore per la recitazione a concludere sebbene già minato dalla malattia che loporterà alla morte a soli 41 years.

Troisi, the love, le donne, il fenomeno ne sece fuori una immagine inaspettata. La lunga intervista con Anna Pavignano, la sua compagna nel lavoro e nella vita si fonda sull’argomentazione sviluppata da Martone e Pavignano sul ruolo di Troisi come nuovo eroe del cinema italiano post-femminista introverso e androgino.

Grazie al materiale originale consistente nella raccolta di foglietti dove l’attore regista annotava lo sviluppo del lavoro di scrittura ci mostra un inedito Troisi.

Vengono mostrate pure le sue vicissitudini nella prima parte del suo mestiere in campo dello spettacolo dal vivo con varie denunce di blasfemia.

Sarà l’incontro con Roberto Benigni a lanciarlo nel mondo del Cinema con Non ci resta che piangere uno spaccato dell’ Italia di ieri e di oggi.

Interessante la posizione della critica che si stupisce di quanto manca la Napoli nei lavori di Troisi.

Il regista Paolo Sorrentino è uno degli intervistati più illuminanti del film, sondando i meccanismi comici interni dell’attore-regista mentre commenta una serie di spezzoni dei suoi film e rivela che Troisi ha avuto una grande influenza sul suo film del 2021 La mano di Dio. La parte più commovente è quella finale, dedicata a Il Postino. Le interviste con il regista del film Michael Radford e il montatore Roberto Perpignani sono intervallate da filmati dietro le quinte girati sul set che mostrano Troisi come una figura scarna e pallida che mette tutta la poca energia che gli è rimasta nella sua performance. Tocca alla voce fuori campo di Martone informarci che Troisi ha rinviato un trapianto programmato per apparire su Il Postino, «perché non voleva fare il film con il cuore di qualcun altro».

Superpower di Sean Penn e Aaron Kaufman

Quando i registi Sean Penn e Aaron Kaufman hanno iniziato a girare Superpower all’inizio del 2021, un’invasione su vasta scala dell’Ucraina da parte di Vladimir Putin era una minaccia incombente, anche se apparentemente distante. Penn e Kaufman si sono recati in Ucraina per saperne di più su Volodymyr Zelenskyj, l’attore e comico che ha interpretato un improbabile candidato presidenziale in televisione prima di diventare l’effettivo presidente dell’Ucraina, e che all’epoca era noto principalmente agli americani per aver respinto i tentativi di coercizione in Ucraina. Ma il 24 February 2022, mentre Penn e Kaufman stavano girando a Kiev, l’invasione di Putin li ha datti involontari testimoni in prima fila. (REVIEW)

ENCOUNTERS

White Plastic Sky di Tibor Bánóczki e Sarolta Szabó

In una animazione stop motion viene mostrato un futuro non troppo lontano (2123) nel quale solo la città di Budapest si è salvata dalla distruzione sotto una cupola protettiva. Per la sopravvivenza però è necessario che i suoi abitanti al compimento dei 50 anni si sacrifichino attuando una sorta di eutanasia che li trasforma in vegetali per ricreare le condizioni di una volta nella Terra. Quando la protagonista Nura raggiunge i 50 anni decide di sacrificarsi per gli altri. Ma il suo compagno non è dello stesso parere e fa di tutto per farla ritornare umana.

Un eco-fantasy profondamente commovente che affronta direttamente l’apocalisse climatica che minaccia la vita sulla Terra, in una storia intrisa della malinconia di coloro che sono più consapevoli di quanto il genere umano sia vicino all’estinzione. Though, come nel caso della coppia al centro di questa affascinante storia d’amore, questo peso è alleggerito dal loro acuto senso della bellezza del mondo.

Shidniy front | Eastern Front di Vitaly Mansky, Yevhen Titarenko

Kiev, 24 August 2022, Giorno dell’Indipendenza dell’Ucraina. Un carro armato bruciato in una strada deserta. Una voce fuori campo ci dice: “Questo è l’asse centrale della capitale dell’Ucraina. Questo è equipaggiamento militare russo. Questa non è ancora la vittoria”. È passato mezzo anno da quando il mondo intero è venuto a conoscenza dell’attacco della Russia. In realtà è iniziato nel 2014, ma all’epoca molti non lo percepivano come tale. Ciò è spiegato anche dalla voce nel commento che appartiene a Vitaly Mansky. L’altro regista, Yevhen Titarenko, cattura le immagini di un insider che rivelano esattamente cosa significa (this) war. from 2014 fa parte del battaglione medico di volontarii.

A volte inquietantemente crudo e diretto, ma sempre illuminante, questo film mostra in primo piano come una nazione sta lottando per la propria sopravvivenza.

Infattio non è il solito reportage sulla guerra, è qualcosa di più attraverso il racconto di una squadra di pronto soccorso dei soldati feriti al fronte. I volontari ce la mettono tutta, ma il soldato arriva morto in ospedale. Il film è girato con mezzi minimi grazie a una Gopro. Alle scene di distruzione della guerra si alternano scene in un laghetto dove potersi fare un bagno e le riflessioni degli autori su quanto sta accadendo.

The Adults di Dustin Guy Defa

Un breve viaggio di ritorno a casa si trasforma in un soggiorno più lungo ed Eric e la sorella Rachel si trovano ad affrontare i cambiamenti tra la loro infanzia e gli adulti che sono diventati.

Dopo essere cresciuti in un nucleo familiare che costituisce l’intero mondo, con il suo particolare insieme di abitudini e un linguaggio condiviso, ritrovarsi nel mondo degli adulti può sembrare terrificante. Un senso di perdita difficile da superare.

Eric rivede nella città dove ha vissuto da adolescente non solo la sorella, ma anche amici con i quali ha condiviso ore allegre. Tutto è cambiato i suoi amici si sono sposati, hanno figli ed invece Eric è rimasto il ragazzino di allora. Film pedagogico dialogato sul passaggio alla età adulta delle nuove generazioni. Un tirare le somme all’alba di una partenza che non sarà più come prima.

PANORAMA

Matria di Álvaro Gago

Già dai primi fotogrammi il ritmo è incalzante e non lascia respiro allo spettatore.

Sono le prove e le sofferenze di una madre single sulla quarantina in una città costiera nel nord-ovest della Spagna . Ramona, 42 years, spigolosa, scaltra e autodistruttiva impulsiva, lavora per un’impresa di pulizie, facendo il secondo lavoro a bordo di una draga. La vita di Ramona è continuamente sul punto di andare in pezzi. Quando a lei e ai suoi colleghi dell’agenzia viene detto che dovranno accettare un taglio di stipendio, lei si arrabbia, trovando lavoro come badante ad un anziano vedovo.

 

Matria è anche una testimonianza vibrante e autentica della vita in una piovosa città costiera della Galizia, un luogo dove le donne si spruzzano continuamente con acqua per eliminare l’odore di pesce, dove le chiacchiere diventano inevitabilmente oscene e dove la maggior parte degli uomini è apparentemente ferma

Il finale impietoso vede la protagonista decidere di abbandonare quei luoghi perché la sua Vita non è là.

Perpetrator di Jennifer Reeder

L’incipit non promette nulla di buono! Una ragazza è stata rapita e scorre del sangue. E’ una giovane messicana che spaccia e arrotonda con furtarelli nelle ville dei benestanti. La giovane vive con uno spacciatore per il quale “lavora” e con il quale condivide l’appartamento del magazzino sottostante.

La giovane in un estremo tentativo di sbarcare il lunario finge di voler essere ammessa al college e così poter depredare la sua facoltosa compagna. Al di là dello stile Horror si intravede il senso di una scalata nel livello sociale: il dramma delle classi povere messicane.

In verità non è un film horror di per sé tanto quanto un energico pezzo di pop art femminista concettuale.

La risorsa principale del film è la giovane Kiah McKirnan presente anche nel film The Adults della sezione Encounters. Interpreta Jonny, abbreviazione di Jonquil, una diciassettenne che vive con l’anziano papà Gene e mantiene la famiglia con una carriera notturna nel furto con scasso, qualcosa che fa con competenza ed eleganza indossando un bel trench.

L’atmosfera generale del sogno febbrile rispecchia in qualche modo il tenore ribelle e digressivo della narrazione e il fatto che i personaggi sembrano abitare mondi immaginari completamente diversi.

In tutto il caos, But, sono la performance imperturbabile e l’umorismo energico di McKirnan a tenere tutto insieme, mentre la fotografia si adatta all’atmosfera e l’uso eccessivo di toni claustrofobici di verde e arancione a volte creano un’atmosfera più opprimente.

The Quiet Migration di Malene Choi

Il lungometraggio autobiografico pone l’accento sulle ricadute emotive dell’adozione transnazionale, in una miscela di osservazione di tipo documentaristico, dramma sociale realista

ed è stato selezionato per il Torino Script Lab.

Choi assembla la storia nei ritmi e nei rituali del caseificio di famiglia, catturando un mondo senza tempo di cieli notturni stellati, campi di grano ondeggianti, il cambiamento delle stagioni e le incessanti esigenze delle faccende quotidiane.

Il protagonista è di origini sudcoreane è tornato da poco dal college e si presume che un giorno prenderà il controllo della fattoria, una prospettiva che grava pesantemente sulle sue giovani spalle.

Con intento metaforico, frammenti di una meteora atterrano nella fattoria – un altro oggetto trapiantato e depositato in una terra straniera.

Quiet Migration è intriso di una grande generosità di spirito. L’equilibrio e la compassione che apporta alla storia dissanguano il melodramma, ma rendono ancora più credibile l’intesa raggiunta dalla famiglia.

Opponent di Milad Alam

Racconto attuale di un rifugiato iraniano in Svezia che riflette questioni molto più ampie relative alla libertà e alla tolleranza. È un film che attira la tua attenzione fin dai primi istanti, quando i funzionari chiamano un centro sportivo di Teheran cercando di intervistare il wrestler professionista Iman. however, lui è già scappato da una porta sul retro per salvarsi la vita.

La sequenza di apertura in stile thriller del film è seguita dal trasloco in un angolo remoto del nord della Svezia e in un hotel che funge da centro per rifugiati. Questa ora è la casa di Iman, della moglie incinta Maryam e delle loro figlie Asal e Sahar.

Iman consegna pizze per vivere e aspetta notizie sulla loro richiesta di asilo. Lo spettatore è attratto dalla quotidianità della vita in un paese straniero, dalla dipendenza da un traduttore per la comunicazione ai sacrifici della moglie, ex studentessa di musica e insegnante di pianoforte, ora casalinga.

Il fatto che Iman e la sua famiglia stiano sfuggendo a un pericolo è alla vista di tutti.

Il colpo di scena si ha quando Iman decide di sostenere la sua richiesta di asilo riprendendo la sua carriera di wrestling, con l’obiettivo di competere per la Svezia. Nell’intimità forzata degli spogliatoi e delle docce comuni, Iman è un uomo che ha paura di tradirsi. Non osa lasciare che il suo sguardo indugi troppo a lungo, sussulta al contatto in uno sport che dipende dall’afferrare, trattenere e toccare. I suoi problemi diventano ancora più acuti quando il compagno di squadra Thomas mostra interesse per lui.

Un film che mescola tolleranza verso i rifugiati con la questione del diverso perché omosessuale che però non riesce ad essere convincente ma piuttosto artefatta.

FORUM

Regardless of Us di Yoo Heong-jun

Girato in bianco e nero viene presentata la storia di una famosa attrice la quale in punto di morte viene raggiunta al capezzale amici e colleghi, actors, directors, produttori ed anche l’attrice copratogonista che tanto tempo fa ea stata la sua amante. E’ il riavvolgimento di una vita dedicata all’Arte. Il tema della morte è un elemento fondamentale della vita di ogni essere umano.

Film molto dialogato che prende forma dalla filmografia giapponese. La telecamera è fissa sul soggetto che nel letto d’opedale attende i suoi visitatori e si sofferma sulla strada dove vive l’attrice. Viene elaborato anche il rapporto madre figlia, in un film lento in forma di piece teatrale minimalista.

Where God Is Not di Mehran Tamadon

Film girato prima della recente rivoluzione delle donne in IRAN per i loro diritti raccontato da artisti imprigionati per le loro idee di ribellione vero il potere teocratico degli Ayatollah con un senso di umana leggerezza.

In una stanza vuota alla periferia di Parigi, viene ricostruita una cella di prigione. Il regista Mehran Tamadon sta mettendo insieme un’impalcatura di doghe di legno per delimitare le pareti e i letti a castello. Sta parlando con Homa Kalhori, che è impegnato a dipingere le sbarre della prigione sul muro e lo corregge quando lo spazio che sta costruendo diventa troppo grande. Dice che le celle di Ghezel Hesar erano molto più piccole: otto metri quadrati per 25-30 women.

Nel corso delle ricostruzioni e delle rievocazioni, i due insieme all’intervistato mettono i loro corpi nelle posizioni che avevano durante gli interrogatori e le torture. Ciò consentirà loro di trasmettere le loro esperienze? È utile per loro tornare al passato? Non fornendo risposte facili a queste difficili domande, il film si prende invece la libertà di osservare ripetutamente la propria premessa con un sereno scetticismo.

Le celle di isolamento però hanno rinforzato l’empatia fra le donne. Lo scenario minimalista è sufficiente per descrivere la brutalità del regime iraniano.

FORUM Expanded

The Man Who Envied Women di Yvonne Rainer (1985)\

Attorno a un tema familiare – la rottura di un matrimonio – Yvonne Rainer costruisce il racconto maliziosamente divertente di un donnaiolo soddisfatto di sé. Seduto su una sedia di fronte alla telecamera, Jack Deller divaga sulle donne, la cui assenza visiva attraversa l’intero film. Nella colonna sonora sentiamo le loro domande e commenti, di volta in volta rabbiosi o laconici, che sottolineano e allo stesso tempo sovvertono il discorso sicuro di sé di Deller. Le parole pronunciate sono tratte da testi presenti nel cinema e nella cultura quotidiana, dalla teoria poststrutturalista, psicoanalitica e femminista. Oltre al tema della relazione fallita (eterosessuale), vengono esplorati altri campi di conflitto: la carenza di alloggi e la gentrificazione a New York negli anni ’80, il diritto all’aborto, gli interventi violenti degli Stati Uniti in America Latina. A suo trempo venne definito Un collage infinito fatto di livelli di significato contraddittori dà come risultato connessioni e contesti sempre nuovi. “Rainer non sta cercando una sorta di correttezza educata o una nozione magistrale e paterna di ‘chiarezza intellettuale trascendente’; piuttosto, tende verso una sorta di processo di ribaltamento, uno squilibrio tra potere, linguaggio e corpo.

luigi Noera

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