SPECIAL # ROMAFILMFEST14 #2 - 17 /27 octobre 2019: (JOURNÉE 1): commentaires #1 di Francesca Salmeri

 

(Rome Luigi Noera avec la collaboration de type Francesca Salmeri- Les photos sont publiées avec l'aimable autorisation du cinéma Fondazione per Roma)

INIZIA OGGI INSIEME ALLA FESTA DI ROMA LA 17ma ED. DI ALICE NELLA CITTA’

Nella sezione a latere autonoma Alice dans les villes come già è accaduto nelle precedenti edizioni c’è una certa effervescenza, ma quest’anno anche una presenza poderosa che rischia di oscurare la Festa. Innanzitutto per il CONCORSO ALICE le film Lola del belga Laurent Micheli, accompagnato nella sezione PANORAMA INTERNAZIONALE dal film statunitense Bull di Annie Silverstein e da Maternal di Maura Delpero.

Lola, di Laurent Micheli, France, Belgique, 2019, durata 87’, con Mya Bollaers, Benoît Magimel, Els Deceukelier, Sami Outalbali, Jérémy Zagba.

Il film di Laurent Micheli è un’interessante rivisitazione del classico roadmovie padre-figlia alla riscoperta del loro rapporto. La protagoniste, Lola, si ritrova costretta a dover intraprendere un viaggio con il proprio padre con il quale non si parla da tempo. Il padre di Lola non ha accettato la scelta del proprio figlio, Lionel, di cambiare sesso e accetta con fatica la compagnia della figlia nel viaggio che gli porterà ad esaudire i desideri della defunta madre di Lola, quello che le proprie ceneri vengano sparse nel Mare del Nord, luogo della sua infanzia. La furia di Lola nei confronti del proprio padre non le impedirà di accompagnare la madre durante il suo ultimo viaggio. L’aspetto più interessante nello svolgimento dei personaggi è la fermezza che questi dimostrano nel voler portare avanti le proprie convinzioni, aldilà di qualsiasi pretesa di correttezza intellettuale e politica.

I due personaggi principali accettano di percorrere un viaggio insieme, non di condividere posizioni sulle scelte che non sono riusciti ad accettare l’uno dell’altro. Un punto di vista interessante e spesso trascurato in virtù di ideologie più apparentemente accettabili. Forse in questo dettaglio è racchiuso il punto di forza del film, che risulta ben dosato non solo nello sviluppo della trama ma anche e soprattutto nei suoi aspetti tecnici. A volte la grandezza di una storia sta nella capacità di raccontarla in modo da mostrarne aspetti che in altri modi non sarebbero stati tanto evidenti. Lola ci riesce conquistando il pubblico e lasciandolo, sembra volutamente, perplesso.

Maternal, Maura Delpero, Italie, Argentine, 2019, 91′

Maternal è un interessante film argentino, arricchito da elementi tipici del cinema italiano. Un film sulle donne, sulla maternità e sulla spontaneità dell’amore che non lascia particolare spazio ad una parallela analisi del mondo maschile, rappresentato da ruoli di poca importanza.

Dei personaggi che ci vengono presentati sappiamo pochissimo, non ci vengono raccontate le storie delle due ragazze, le vie che le hanno portate nel centro religioso dove conoscono Suor Paola. Il personaggio di più grande rilievo, su cui il film si concentra per portare alla luce la trasformazione di una donna che scopre ed accetta il suo essere donna attraverso l’accettazione del sentimento più spontaneo di tutti: l’amore materno. Nell’abbandonare il velo Suor Paola incontra la sessualità e la tenerezza attirando a sé il disprezzo delle donne, rappresentate dalle consorelle, che non hanno subito la stessa trasformazione.

Rimane forte e costante il legame con una religione che fonda la sua stessa natura sulla figura della madre e dell’accettazione dell’amore materno. Il mondo che racconta Maura Delpero è un mondo duplice, fatto di un pudore eccessivo, di divieti antichi e severi e di donne sexy, ornamenti e ricchezze che non sempre sono condivise e comprese.

Il risultato finale è quello di un film intelligente, caratterizzato da una direzione precisa, che invita ad una riflessione originale e forse necessaria.

Bull, di Annie Silverstein Stati Uniti, 2019, 101', con Rob Morgan e Amber Havard

Se c’è una cosa che c’ha insegnato Leon (1994) è che una coppia che funziona nel cinema è quella rappresentata dalla bambina innocente e dall’uomo “grande lavoratore”. Se nel famosissimo film francese, Natalie Portman scopre la grandezza e l’umanità che possono nascondersi in un sicario, Bull può essere letto come un interessante capovolgimento delle posizioni.

Sicuramente la giovane protagonista – Amber Havard – non ci racconta la storia di una ragazza cattiva, non è – come non può esserlo nessun bambino – responsabile della difficile situazione che vive. La madre è in carcere, la nonna è anziana e malata, si prende cura di sua sorella ma scivola negli errori che commettono gli adolescenti, cercando affetto e distrazione trova invece la perdita di sé stessa.

È l’incontro con il personaggi di Abe – Rob Morgan – a regalarle una nuova visione dei realtà. Una visione che comprende la scoperta della passione, dell’impegno, dello spendere il proprio tempo in modo concreto, utile, adrenalinico, un modo che le permetta di crescere. Un realtà in cui Kris può smettere di sentirsi ed essere una bambina sola per scoprire di essere una bambina che da grande vuole diventare un bullfighter.

L’atmosfera drammatica del racconto è ben dosata e spezzata da momenti di grande adrenalina e dolcezza, modalità tipica del cinema americano che guadagna in respiro e potenza tra l’immagine di un toro scatenato e quella della sorella più piccola di Kris che piange perché ha paura di rimanere sola.

Importante l’assenza di banalità in un racconto che sarebbe anche potuto affogarci. La ragazza non ha una famiglia ma non incontra una nuova mamma o un nuovo papà. Incontra una persona che le insegna ad essere lei stessa la sua famiglia, che la mette davanti alla possibilità di cambiare realmente le proprie emozioni, non solo le proprie attività quotidiane.

Un messaggio importante quello racchiuso in Bull, un messaggio che rimanda all’importanza della passione, della responsabilizzazione e della scoperta.

 

Francesca Salmeri

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