Von Cannes ein wenig Licht und spielerischer Film: Alle Männer von Victoria

In der italienischen Kinos von 25 Januar, Alle Männer von Victoria è l’ultimo lungometraggio della regista francese Justine Triet, als Eröffnungsfilm der Woche auf dem Cannes Film Festival Kritiker vorgestellt 2016.

Victoria, brillanter Anwalt und geschiedene Mutter von zwei Mädchen, jeden Tag versucht er zwischen Wohnung und Arbeit mit schlechten Ergebnissen zu teilen. Seine Probleme scheinen zu erhöhen, wenn sie seinen Freund vor Gericht zu verteidigen haben wird, von assaulting Freundin beschuldigt. zum Glück, Er wird kommen ihm zu Hilfe junge Praktizierende Sam, was es für sie wird eine Art Schutzengel.

Sind wir uns einig: il tema trattato non è particolarmente originale, né promette – almeno ad una prima, sommaria lettura della sinossi – rivoluzionari colpi di scena. und dennoch, come ben sappiamo, dal momento che la meravigliosa macchina del cinema può realizzare le cose più impensabili, una semplice storia può acquisire personalità e singolarità anche – e soprattutto – grazie alla propria messa in scena. und das, glücklicherweise, è ciò che accade con questo ultimo lavoro della Triet, dove una regia sapiente e ben calibrata ha contribuito a dar vita ad un prodotto piccolo ma raffinato nel proprio genere, a suo modo coraggioso ma mai eccessivo e che, gelegentlich, riesce a strappare anche qualche sorriso allo spettatore. Ma andiamo per gradi.

Zwangsläufig, quando pensiamo ad una commedia francese contemporanea, ci viene da pensare ad una serie di lavori molto simili tra loro che – salvo qualche eccezione – non sempre riescono a convincere fino in fondo. und dennoch, nel nostro caso, quando iniziamo a seguire le vicende della giovane – ma non più giovanissima – Victoria (interpretata da una capace Virginie Efira), fin da subito ci rendiamo conto di trovarci di fronte a qualcosa che va oltre, che mette in primo piano il dramma di una donna e lo fa in modo sì sottile e profondamente empatico, sondern auch, quando serve, leggero e giocoso. Oltre alla buona scrittura ed alla bravura della protagonista, deshalb, ciò che è particolarmente degno di nota è una regia essenziale e priva di fronzoli, die, unitamente ad un commento musicale ridotto quasi al minimo ed a lunghi, ma necessari silenzi, tanto sta a ricordarci le commedie della cineasta tedesca Maren Ade e, speziell, del suo fortunato lungometraggio Vi presento Toni Erdmann (2016).

und so, già dopo pochi minuti, non possiamo che affezionarci a una protagonista tanto indaffarata quanto buffa, tanto indipendente quanto bisognosa di amore e – vedendola sovente correre ripresa dall’alto da plongé che tanto stanno a ricordarci il Godard di Fino all’ultimo respiro (1960) – finiamo anche noi per sentirci parte di ciò che Justine Triet ha voluto questa volta raccontarci.

Gut, un film del genere di certo non può classificarsi come uno dei lungometraggi dell’anno, questo no. Eppure stupisce come, malgrado il proprio garbo e la propria eleganza, sia passato quasi in sordina al Festival di Cannes. Che siano solo i grandi nomi a catalizzare l’attenzione di stampa e pubblico? Ci auguriamo di no. L’importante, aber, ist, dass, trotz allem, un piccolo lavoro ben realizzato possa ottenere i propri giusti riconoscimenti.

 

Marina Ängste

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