#BERLINALE73 – 16/26 février 2023 SPÉCIAL #7 (JOURNÉE 5): Pilules des sections GENERATION

(Berlin Luigi Noera avec la collaboration de genre de Marina peur- Les photos sont publiées avec l'aimable autorisation de la Berlinale)

Un documentaire qui fait l'éloge du septième art trouvera sa place parmi les documentaires destinés aux nouvelles générations.

Et le roi dit, Quelle fantastique machine de A. Danielson et M. Van Aertryck

Il documentario è costruito con la tecnica del found footage ed ha una trama divisa in due parti, se chevauchant partiellement.

L'introduction s'ouvre dans une chambre noire, allestita in luogo pubblico in cui si invitano gli spettatori ad usufruire dello spettacolo dei passanti, dandogli modo di meravigliarsi di un qualcosa di antichissimo e che tuttavia è alla base delle moderne tecnologie.

Questa parte, segue poi con rigore i manuali di storia del cinema e spiega come nacquero la fotografia e le sue derivazioni, partendo da Niépce, passando per Méliès fino alle moderne riprese fatte nei giorni del terremoto di Haiti (2010). Da questo punto in poi la trama di carattere storico si ammorbidisce per condividere la narrazione con riflessioni più filosofiche.

Con drammaticità e sarcasmo si continueranno ad alternare sequenze importanti per la storia dell’umanità ad altre di carattere intrattenitivo, per supportare delle riflessioni sull’immagine portate avanti dal voice over.

le film, inizialmente pedagogico ma attraente, tende a perdere questa rigidità storica per riflessioni interessanti dal carattere ambiguo, apice forse raggiunto dalla sequenza dedicata a Leni Riefenstahl, nota regista tedesca.

Queste riflessioni anche se interessanti ed accompagnate da un montaggio sapiente, tendono a perdere la loro forza poiché sfiorate solo in superficie.

Molte tematiche attuali vengono citate: come l’utilizzo malsano dei social network e tutto ciò che comporta l’allineamento ad un determinato algoritmo, fino alla spettacolarizzazione della campagna elettorale di Donald Trump.

Il problema principale è l’eterogeneità degli argomenti che vengono discussi e che spaziano da riflessioni sulla posa fotografica, fino all’utilizzo smodato di Twitch fatto dai Lifestreamer.

Credo che oggi tutte le argomentazioni da loro scelte hanno una grandissima rilevanza e meritino il giusto spazio di riflessione; in questo film invece, tanto è il desiderio di elencarle che si finisce per creare un vorticoso mix tendente al kaos.

Le immagini hanno assunto un ruolo talmente centrale nella nostra società, tanto che da molti gli viene assegnato l’aggettivo di “iconocentrica”, ed è impossibile ad oggi, seguire simultaneamente tutte le implicazioni che ciò comporta.

Come affermano però i due registi, Axel Danielson e Maximilien Van Aertryck, nell’intervista fatta per Cineuropa a gennaio, il documentario ha lo scopo di aiutare lo spettatore nell’alfabetizzazione delle immagini, dando così il loro contributo per l’UNESCO (MIL-Media and information litteracy di cui fanno parte).

Dunque, i registi sono riusciti nel loro intento di creare un film educativo ma a tratti questo sembra essere disorientante.

Invece tra i lavori italiani segnaliamo un film di debutto:La proprietà dei metalli, l’esordio di Antonio Bigini

Presentato alla Berlinale Generation Kplus, il lungometraggio d’esordio di Antonio Bigini sceglie come contesto narrativo l’Italia rurale degli anni ’70, per una storia che indaga i limiti della comprensione umana.

La trama procede in maniera lineare: un professore universitario prende come caso di studio un bambino in grado di piegare metalli con il pensiero, ispirandosi alle passate cronache su Uri Geller.

Pietro (Martino Zaccara), le jeune protagoniste, vive una situazione complicata con un padre (Antonio Buil Pueyo) duro e sommerso di debiti e una nonna degente della quale prendersi cura.

L’incomprensione del mondo adulto nei riguardi di Pietro è totale. Non sono presenti, en fait, dialoghi significativi tra lui ed altri adulti che non siano il professore americano (David Pasquesi), che lo prende in esame. Simbolica in questo, la conversazione tra il giovane ed il padre, quest’ultimo dopo aver saputo di una possibile ricompensa in denaro, chiede al figlio se desidera qualcosa al bar, ma il ragazzo sceglie solamente un ghiacciolo, metafora esplicita del loro arido rapporto.

La regia sceglie uno stile sobrio (come la fotografia di Andrea Vaccari) che permette l’immedesimazione nella storia dello spettatore, attraverso l’invisibilità della messa in scena; cependant, Bigini, riesce a creare suspense in maniera naturale e ben calibrata, anche grazie alle ottime prove attoriali.

Il film oltre a narrare una storia indaga i sensi ed i loro limiti; vistoso in proposito, il riferimento al tema della sinestesia “fenomeno sensoriale-percettivo in cui determinati stimoli evocano una sensazione di natura diversa da quella normalmente sperimentata”.

Oltre a queste indagini di carattere più complesso, vediamo un continuo citare il limite dei nostri sensi come ad esempio l’udito, con cui possiamo appunto udire ma non comprendere.

Anche il limite della vista è ben espresso più volte, per esempio dalla scenografia presente nello studio del professore, circondato da stampe fotografiche e da un enorme poster di un microscopio: due strumenti con cui, per antonomasia, possiamo vedere “oltre” i nostri limiti.

Mattia Dell’Omo

NdR: Antonio Bigini mostra pure la differenza sociologica tra mondo contadino semplice ma concreto con il problema della sopravvivenza quotidiana e il mondo della cultura tutta protesa alla pura conoscenza quale è il fenomeno paranormale del piccolo protagonista capace di piegare barrette metalliche. Due facce dell’Umanità.

“Il mondo è pieno di forze invisibili. Ma la gente ha finito per non crederci più».

Synopsis: Un assortimento di oggetti di metallo è steso sul tavolo della cucina davanti a Pietro. Chiudendo gli occhi, allunga cautamente la mano. La notizia delle capacità psicocinetiche del ragazzo ha viaggiato ben oltre i confini del piccolo villaggio italiano; dicono che sia in grado di piegare più che semplici cucchiai. Quando un professore universitario inizia a far visita regolarmente a Pietro, gli esperimenti sono una gradita distrazione, perché nonostante la bellezza idilliaca del paesaggio, la vita qui è dura: debiti non saldati aleggiano nell’aria, insieme a ferite non rimarginate nella storia della famiglia. Un ritratto di un mondo in subbuglio; di un luogo e di un tempo in cui il dono di un ragazzo sembra un faro di speranza, portatore di promesse di una vita migliore.

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