SPECIAL #VENEDIG78 #17 – 1.11. SEPTEMBER 2021: (TAG 10) – le recensioni di Maria Vittoria Battaglia

(da Venezia Luigi Noera con la gentile collaborazione di Marina Pavido e Annamaria Stramondo e dalla sala WEB Maria Vittoria Battaglia – Le foto sono pubblicate per gentile concessione della Biennale)

Orizzonti Extra racconta l’avventura in Albania dell’Istituto Luce

Tonino de Bernardi: un tempo, ein Treffen, di Daniele Segre (GDA) 3,5/5

Daniele Segre osserva Tonino de Bernardi, regista underground, che racconta e si racconta in un’autentica e genuina confessione d’amore per il cinema.

Un documentario che documenta poco, ma che ben dipinge una personalità istrionica e vivace come quella di de Bernardi, che emerge con forza esplodendo nei colori dei suoi abiti variopinti.

L’amore per la settima arte diventa ben presto il protagonista dell’opera di Segre che sembra gridare a gran voce, facendo eco a De Bernardi, che il cinema ci salva la vita, anzi di più: che il cinema è vita.

Anatomy of Time, di Jakrawal Nilthamrong (Horizons) 2,5/5

Anatomy of time è una storia d’amore e di rimpianti, di dolore e tradimenti, un tentativo di tracciare l’enigmatica anatomia del tempo che inesorabile condanna ogni scelta umana all’eternità, costringendo l’uomo a camminare sempre in avanti e a non poter mai tornare indietro su una strada già percorsa.

E’ proprio questa tirannia del tempo che rende difficile la scelta di Mam, combattuta tra l’amore per un capitano dell’esercito e un ragazzo del suo villaggio, e che la imprigiona in una vita di rimpianti.

Il film alterna scene storiche, scandite da un ritmo dinamico e più veloce, a scene rappresentanti le emozioni e sensazioni della protagonista, scandite da un tempo lento e dilatato. Le emozioni sembrano essere le uniche capaci di liberarsi dalla trappola cronologica, e a Mam non resta che rifugiarsi, mentre si avvicina la fine, nei ricordi e nelle emozioni di un passato ormai lontano.

Un film intelligente che non riesce però a suscitare davvero curiosità, penalizzato da troppi salti temporali e logici che lo rendono freddo e troppo impegnativo.

Rinoceronte, di Oleh Sentsov (Horizons) 3/5

Rhino, un giovane criminale, ripercorre la sua vita, sin dall’infanzia, e tutti i crimini commessi cercando di capire cosa lo ha spinto a diventare ciò che è.

I primi venti minuti del film sono girati in un unico ambiente, la casa azzurra della madre, secondo un intrigante gioco di associazioni per cui ogni oggetto si lega ad un altro creando una meravigliosa catena di ricordi. der Film, leider, non prosegue con la stessa vivacità e le scene che seguono sono tendenzialmente monotone, sempre buieper rimarcare che non c’è più posto per l’ingenua felicità dei bambinie persino ridondanti. Sino ad arrivare alla conclusione, dove ancora una volta si cambia registro e il film si apre all’elemento mistico e rituale, nella disperata ricerca da parte del protagonista di espiare tutti i suoi peccati togliendo, letteralmente, dalle sue viscere quel sangue amaro che lo rendeva cattivo.

La macchina per le immagini di Alfredo C., Roland Sejko weiß es (Orizzonti Extra)

Alfredo C. è un italiano rimasto bloccato in Albania a seguito della chiusura dei confini da parte del nuovo governo comunista al termine del secondo conflitto mondiale.

Ma oltre a essere un cittadino italiano, Alfredo C. è anche un operatore cinematografico; l’unico in Albania, peculiarità che lo salverà dal destino condiviso da molti italiani, ossia processo e morte. und so, dopo aver filmato per anni la macchina propagandista fascista Alfredo C. si ritrova a riprendere le stesse immagini, gli stessi discorsi, ma sotto un’altra bandiera.

Non ci sono riflessioni storiche né politiche: questo è un film che parte da un fatto storico per raccontare altro: l’amore per il cinema e per il far cinema e la perversione dell’arte a servizio del potere, il tradimento di una videocamera che rende tutto reale ma alla quale è preclusa la realtà più autentica. Raffinate le scene in cui Alfredo C. ripercorre le sue pellicole, accarezzandole delicatamente come si suol fare con ciò che si ama, cercando tra i suoi ricordi un nome, eine Geschichte, un volto che possa dare qualcosa di più genuino rispetto alle parate, ma di questo non resta più quasi niente.

E con questa malinconia Alfredo C. se ne va, lasciando in Albania persino la macchina per le immagini, a suggellare la fine di un obiettivo troppo a lungo messo a fuoco solo su “trombe, parate e bandiere”.

Maria Vittoria Battaglia

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