Once upon a time in Hollywood di Quentin Tarantino – la recensione di Francesca Salmeri

L’ultimo film di Quentin Tarantino arriva anche nelle sale italiane con Leonardo DiCaprio, Brad Pitt, Margot Robbie. Stati Uniti d’America/Regno Unito/ 161’

Feste in ville lussuose, arti marziali, i western, Tarantino stesso ha definito la sua nona fatica “una lettera d’amore per L.A. per il mio mondo” ed effettivamente di fronte alla visione di Once upon a time in Hollywood non si può non avere l’impressione di essere stati catapultati in una romantica fiaba ambientata in una Los Angeles perduta.

La tempistica, seppur in classico stile Tarantino nel suo passare continuamente dal raccontare un personaggio all’altro, sorprende poiché gli eventi che scandiscono la trama, contingenze giornaliere dei protagonisti magistralmente interpretati, fanno a malapena capolino nella scena, lasciando spazio ad ampie rappresentazioni e descrizioni dell’atmosfera tesa e onirica della Hollywood del 1968.

Leonardo di Caprio nel ruolo di Rick Dalton, Brad Pitt nel ruolo di Cliff Booth e Margot Robbie, nel ruolo di Sharon Tate, reggono sulle proprie spalle l’evoluzione narrativa in un contorno costellato dall’attenzione per i dettagli e da uno scenario che racconta la stessa storia dei personaggi. Sharon, Rick e Cliff vivono la stessa Hollywood ma ognuno di loro né mostra una frazione differente, passando dal punto di vista di una stella emergente a quello di un attore che prova più timori di quelli che dovrebbe a quelle di uomo, un ex veterano di guerra, che non sbaglia un colpo ma manca totalmente di aspirazione.

Dakota Fanning e Margaret Qualley sono solo due fra le parti minori che arricchiscono il racconto nei suoi dettagli più intimi e delicati. Sullo sfondo gli avvenimenti della setta di Charles Manson mostrati con abilità ed originalità si fondono ai piani narrativi già trattati restituendo un panorama più teso e meno fiabesco che arricchisce l’interesse per la pellicola.

L’intreccio svela la malinconia del ricordo grazie ad immagini di grande effetto estetico ed emotivo, come un’imbarazzata Sharon Tate, seduta tra le poltrone di un cinema semi vuoto emozionata nell’ascoltare e scoprire le reazioni del pubblico ad ogni sua scena.

Francesca Salmeri

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