Dopo la presentazione al #RomeFilmFest19 apprezzato dal pubblico e dalla critica, film per certi versi autobiografico per posposta persona tra il leggendario personaggio e il regista, approda nelle sale
Sinossi: 1934. In treno verso Stoccolma, dove riceverà il premio Nobel per la letteratura, Luigi Pirandello rivive il fascino dei personaggi che hanno popolato la sua vita e ispirato la sua arte. Eterno Visionario racconta infatti una fase della vita di Pirandello per rivelarne l’esistenza più intima, intrappolata fra l’amante e musa Marta Abba e la moglie Antonietta. Tutto ciò per restituire il ritratto autentico e vivido di un eterno visionario.
Recensione:
Eterno Visionario, il film diretto da Michele Placido, offre per la prima volta uno sguardo penetrante su una particolare fase della vita di Luigi Pirandello con un meraviglioso Fabrizio Bentivoglio, rivelando le sfumature della sua umanità, le passioni ardenti, le ossessioni e l’intimità più profonda dell’artista.
Questo capitolo della sua vita è caratterizzato da un amore travolgente e inarrivabile per Marta Abba (Federica Luna Vincenti), oltre che da un rapporto tempestoso con la follia della moglie Antonietta Portulano, interpretata da Valeria Bruna Tedeschi.
Eterno Visionario esplora il mondo emotivo di un uomo con legami conflittuali con i suoi tre figli Stefano, Lietta e Fausto, un rapporto controverso con il fascismo e il sogno di un amore assoluto. L’autore, insignito del Premio Nobel per la Letteratura, si distingue per il suo teatro provocatorio, sovversivo e sorprendentemente moderno, sfidando gli standard del perbenismo borghese della sua epoca.
L’opera abbraccia, in maniera affascinante, Roma, la Stoccolma dei Nobel, la vivace Berlino dei cabaret di Kurt Weill, la Sicilia rurale degli zolfatari e dei paesaggi ancestralmente suggestivi, la Milano incantata dei primi del Novecento e l’America che ha consacrato il suo genio sia a Hollywood che a Broadway.
L’obiettivo è restituire un ritratto autentico e vivido, catturando il tormento e la forza di un artista di immenso talento, un visionario eterno e implacabile, capace di trasformare la sua infelicità in arte.
All’interno della pellicola vi sono dei richiami più che evidenti alle opere letterarie di Luigi Pirandello, come il Teatro Valle di Sei personaggi in cerca d’autore, ed il pubblico potrebbe non intendere questa sfumatura; ma è proprio qui che l’energia sale attraverso la drammaticità accentuata che è presente nell’opera e sicuramente ciò generare una tale carica emozionale che alza l’asticella dell’aspettativa.
Michele Placido sta consegnando per altri autori la sua biografia privata ed artistica; ed è la sua magistrale esperienza che gli permette di narrare la testardaggine della comune umanità con un sussurro indiscutibile nelle orecchie del figlio, come un mantra costante: “scrivi, scrivi – leggi film, recita – che sai fare solo quello”.
In tutta la pellicola è presente una tensione durevole, una sensibilità nell’accogliere quel determinato sentimento, causato dalle follie della moglie di Pirandello.
La profondità è tangibile ed evidente anche nell’affrontare la strage degli zolfatari siciliani, avvenuta nelle miniere una volta di proprietà della famiglia Pirandello. Tra l’altro è questa una tematica quasi mai raccontata fino ad ora nelle opere cinematografiche.
Placido, scrive con Toni Trupia e Matteo Collura, dal libro di quest’ultimo Il gioco delle parti. Vita straordinaria di Luigi Pirandello, perfeziona un atto unico indomito e compreso, sincero e irredento, che sa essere più forte delle malcelate debolezze: è chiaro che l’aspetto teatrale in cui si accentua il dramma si fonde, in maniera eccelsa, con il tempo e l’energia del cinema.
Tutto questo denota una forma elevata di eccellenza, dando modo alla pellicola di far quel salto verso l’eterno, pieno di visioni.
Eleonora Ono