A ridosso delle Elezioni USA un tuffo nel ventre molle dell’impero americano
Sinossi: Il primo lungometraggio in lingua inglese del regista iraniano-danese Abbasi mostra Donald Trump nei panni di un giovane dirigente immobiliare nella New York degli anni ’70 in un “accordo faustiano” con l’avvocato e faccendiere Roy Cohn – da una sceneggiatura dell’autore di The Loudest Voice In The Room di Gabriel Shermann.
Recensione: Vi ricordate il tormentone di Fahrenheit 11/9 di Michael Moore del 2018 che ci spiegava a modo suo l’ascesa di Trump al potere. Ebbene in “The apprentice” anche Ali Abbasi, si propone di raccontare le origini del Trumpismo con una docufiction dal sapore televisivo. Trump viene descritto, come un ragazzo timido e impacciato, schiacciato dalla figura paterna, che si è trasformato in un assertore della bugia e della manipolazione.
L’incipit è dato da un filmato di repertorio che vede il presidente repubblicano Richard Nixon negare pubblicamente di aver mai mentito, fatto spiare i suoi avversari politici e tratto vantaggio dalla sua posizione. Pochi mesi dopo Nixon sarà costretto a dimettersi per il caso Watergate.
L’incontro causale (ma sarà proprio vero?) con un signore magnetico e cortese Roy Cohn, celebre avvocato dai molteplici contatti e dai pochissimi scrupoli, capace di condizionare la vita politica ed economica della Grande America.
Cohn diventa ben presto il mentore e consigliere del fenomeno Trump. L’uomo usa tutta la sua influenza per impedire una causa che avrebbe portato al fallimento dell’azienda edile di Trump Senior, e in seguito sostiene l’ambizione di Donald nel costruire la celebre Trump Tower. E gli insegna tre regole auree per eccellere nell’arte di fare affari: attaccare sempre, negare tutto e non accettare mai una sconfitta.
Nella seconda parte del film, si vede come Trump abbia recepito e fatto sua la lezione, arrivando a superare il maestro e ribaltando i rapporti di forza con Cohn. Emblematica in questo senso è l’ultima scena di “The Apprentice”, con il mentore, ormai in fin di vita, che mostra delusione e disgusto per la persona che ha contribuito a creare. Ma sarà verò anche questo?
“The Apprentice” ci da un’idea di chi potrebbe diventare Presidente degli Stati Uniti. Di nuovo.
Ma tanto è tutto inutile, più menti più fai presa sull’elettorato che democraticamente ti vota.
Vittorio De Agrò (RS)