#HolyShoes di Luigi di Capua

La Società del consumo: quando abbiamo bisogno di un feticcio per sentirci a nostro agio in questa riuscita opera prima

Presentato in anteprima al Torino Film Festival, Di Capua, già membro dei The Pills, porta sul grande schermo quattro storie di personaggi che cercano tutti l’approvazione del prossimo attraverso un paio di scarpe limited edition: le Typo3.

Giulio (Simone Liberati) è un rivenditore che si assicura di ottenere questo paio di scarpe di tendenza per il figlio adolescente Carlo, speranzoso di aiutarlo in questo modo a fare amicizia a scuola. Purtroppo però il risultato sarà l’opposto, con il gesto del giovane genitore che spinge il ragazzo ancora di più nel baratro del bullismo. Parallelamente Mei (Tiffany Zhou) lavora al ristorante cinese del padre mentre aspetta l’accoglimento della domanda di sussidio che dovrebbe aiutarla ad andare a studiare a Boston. Quando si accorge dell’esito negativo, inizia a vendere le imitazioni dello stesso modello di scarpe e coinvolge anche il fratello più piccolo. Filippetto (Raffaele Argesanu), protagonista della terza storia, entra a sua volta in questo mercato nero, convinto di far ancora più breccia nel cuore di Marianna (Ludovica Nasti).

La quarta sottotrama, però, pur non avendo al centro le ambite sneakers, è quella che pare seguire un filo più coerente: quella della signora Luciana (Carla Signoris) sembra una vera e propria favola che parte da un senso di inadeguatezza e imbarazzo per il proprio corpo e per la propria vita sentimentale, fino ad arrivare a uno stato di appagamento e realizzazione personale grazie all’incontro con Agnese Comelli (Isabella Briganti), una conduttrice televisiva alla quale è stato amputato un piede, che funge a questa eroina da “mentore” durante tutto il suo arco narrativo. Seduta sulla sua sedia a rotelle, Agnese guarda i tacchi ai piedi di Luciana con invidia, che però tramuta, col tempo, nell’esatto contrario: apprezzamento e ammirazione nei confronti di una donna che forse lei non potrà mai essere. Quando Luciana sogna di poter camminare su un paio di tacchi a spillo, è proprio Agnese a insegnarle come si fa e quando si spezzeranno lei, anziché farne un dramma, riderà a crepapelle da sola sotto la pioggia, consapevole di aver acquisito la libertà che ogni donna merita.

Le Typo3, insomma, non sono calzature incantate ed è proprio Luciana a farcelo capire, sentendosi bellissima con un qualunque paio di scarpe addosso. La vera magia, anche se a volte distorta, sta insomma nell’importanza che si dà all’oggetto che si cerca di ottenere. Esemplificativo di tutto ciò è nel terzo atto dell’opera, quando dei raccordi di suono portano a un crossover delle varie sceneggiature che si incontrano in un epilogo fatale: la morte di una ragazza i cui piedi restano nudi quando Filippo ruba le scarpe che ha indosso. Un commercio clandestino che porta comunque a qualcosa di buono, ovvero alla possibilità di trovare libertà per Mei e suo fratello che riescono a fuggire dall’Italia pur avendo ottenuto i soldi necessari illegalmente.

Giulio infine, si sente pronto a prendersi le sue responsabilità, ma è a questo punto che entra in scena suo padre, il Generale Longoni (Orso Maria Guerrini), che grazie al suo potere evita al figlio la prigione. Se da una parte il forte personaggio interpretato da Carla Signoris ha raggiunto il massimo della sua compiutezza, quello debole di Giulio è totalmente logorato perché assolto contro la sua volontà da un crimine imperdonabile, influenzato da un padre mai fiero e mai presente, che gli salverà le penne anche stavolta.

Silvia Nobili

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