#MONGREL di Chiang Wei Liang e You Qiao Yin – direttamente da #Cannes77

In anteprima alla Quinzaine des Réalisateurs di #Cannes77 il film racconta di un migrante illegale che diventa badante per anziani e disabili nelle montagne di Taiwan, adesso inserito nella rassegna romana @Canness77@Roma

Recensione: Con una narrazione lenta, i cui dialoghi sono ridotti all’osso, l’opera denuncia la condizione di sfruttamento dei migranti lavoratori a Taiwan, costretti a loro volta a reclutare migranti e turisti che saranno condannati al loro stesso destino. Questa opera prima ti guarda dritto negli occhi e ti lancia al centro dell’ambientazione cupa, anche grazie alle scelte di fotografia di Michaël Capron.

Protagonista è Oom (Wanlop Rungkumjad), immigrato clandestinamente a Taiwan dalla Thailandia. Insieme ai suoi colleghi, spesso meno responsabili di lui, è chiamato a curare i malati terminali senza alcuna formazione. L’evento che stravolgerà la sua vita è la morte di Indri, sua collega, che cercherà di curare fino alla sua fine, assistendo impotente alla mancata degna sepoltura voluta dall’organizzazione criminale che è dietro il loro sfruttamento. Indri, avvolta da un telo e portata nel bosco, simboleggia una morte che non fa rumore, con tutti i colleghi concentrati soltanto a voler prendere il suo posto e il suo stipendio. Alla fine sarà Oom che riuscirà a prendere il posto dell’amica, promettendo di dividere in parti uguali lo stipendio che faticherà ad arrivare.

Il film è girato in 4/3, un formato vecchio, ma conciso, che costringe lo spettatore a vedere qualcosa di specifico che si trova al centro della scena: pianti, grida, violenza, calci, pugni, talvolta apatia, segnano un via vai di scene che porteranno chi siede sulle poltrone della sala a immedesimarsi nel lavoro duro del protagonista. Di certo c’è da fare i conti con il disgusto, reazione che serve anche a capire, però, che quella è la condizione senza uscita del protagonista, ormai abituato a un lavoro che non ama, ma che è l’unica possibilità per sopravvivere. Ogni volta che un suo “paziente” soffre, Oom soffre con lui. Ogni volta che sembra che un suo “paziente” stia perdendo dignità, Oom se ne prende cura cercando di attribuirgliela di nuovo.

Fra le persone che aiuta c’è una donna in particolare, che il ragazzo chiama “Zia”. Suo figlio è paraplegico e ha un ritardo, Oom lo aiuta, lo lava, lo pulisce e gli dà una mano nel soddisfare i suoi bisogni fisiologici. Il viaggio dell’eroe di Oom lo porterà ad accettare di aiutare la zia a porre fine alla vita di suo figlio. Atto sofferto per entrambi, con lei che sceglierà di compiere a sua volta un atto estremo e con lui che finirà in un turbine di depressione.

Proprio mentre Oom si trova a letto in balia dei suoi pensieri, viene raggiunto dal cane che aveva incontrato nel bosco, un cane zoppo. “Mongrel”, infatti, significa “meticcio”, un simbolo di fedeltà e dedizione, ma anche di sofferenza ed empatia, linguaggi che non solo nel rapporto finale fra l’uomo e il cane ma fra tutti i personaggi del film trovano la loro compiutezza pur non potendo esprimerla a parole.

Silvia Nobili

NdR: sono tanti i temi del film tra i quali anche l’ eutanasia, ma la recente cronaca dall’Agro Pontino di sfruttamento dei lavoranti indiani, uno dei quali è morto dissanguato dopo un incidente sul lavoro e abbandonato invece di essere soccorso, fa riflettere come la piaga dello sfruttamento non avviene solo nella lontana Taiwan. Dedichiamo quindi questo articolo ai tanti migranti sfruttati nel nostro “civilissimo” Bel Paese.

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