Su una nave in mezzo al mare, lontani dalla società, sei uomini decidono di fare un gioco; l’obiettivo è diventare “cavaliere” e la sfida sta nel dimostrare di “essere il migliore in tutto”.
Così, con carta e penna alla mano, i sei passeggeri, di ritorno da una battuta di pesca, cominciano a osservarsi l’un l’altro e giudicarsi su ogni aspetto delle loro vite.
Ne viene fuori un ritratto comico quanto subdolo, che mette a nudo le insicurezze maschili, così come lo stato sociale contemporaneo.
Viene da pensare al mitico Druk (Un altro giro, di Thomas Vinterberg), così come alle avvincenti commedie di Francis Veber.
Ma questa volta, seppur ci troviamo in un contesto esclusivamente maschile, la regia è donna, ed è firmata da Athina Rachel Tsangari. Firma anche la sceneggiatura insieme a Efthymis Filippou (rinomato per le sue collaborazioni con Lanthimos in The Lobster e l’appena uscito Kinds of Kindness).
In un’epoca in cui si vive di competizione, questi sei ritratti maschili ci permettono di riflettere sui valori della società nella quale viviamo.
Il caffè preso la mattina con o senza zucchero diventa un criterio di giudizio.
La postura mentre si è assopiti, un altro.
Per non parlare delle “dimensioni” che sono al centro delle vanità dei sei giocatori.
Canoni e stereotipi si accumulano, in cerca di un ideale di “perfezione” che non ha nulla di sostanziale.
La corsa ad “essere il migliore” non è altro che una fiera dell’apparenza dove non c’è posto per il pensiero.
Il cast unicamente maschile è formato da Vangelis Mourikis, Makis Papadimitriou e Sakis Rouvas, tra gli altri.
Con nove anni di ritardo, Chevalier arriva nelle sale italiane, nell’ambito della seconda edizione di Greek Weird Wave: una rassegna dedicata alla New Wave greca ed ai suoi esponenti principali.
Valentina Vignoli