#CANNES77 – 14/25 maggio 2024 SPECIALE #28 (DAY 11): Lo sguardo critico di Vittorio De Agrò dal Palais

Nel rush finale il Festival mette la marcia in più grazie al film iraniano che ipoteca la Palma d’Oro

(da Cannes Luigi Noera e Maria Vittoria Battaglia con la gentile collaborazione di Vittorio De Agrò (RS) – le foto sono pubblicate per gentile concessione del Festival di Cannes)

COMPETITION

THE SEED OF THE SACRED FIG di Mohammad Rasoulof

(ndr: recentemente andato in esilio volontario dall’Iran)

Sinossi: La storia riguarda un giudice istruttore del tribunale rivoluzionario di Teheran alle prese con sfiducia e paranoia che lo portano a sospettare della sua stessa moglie e delle sue figlie.

Recensione: Ciclicamente leggiamo, ascoltiamo storie e  vediamo immagini di proteste e di insofferenza da parte degli studenti e soprattutto  delle donne contro  l’oppressione e repressione degli ayatollah per mano dei Guardiani della Rivoluzione  Islamica e dei servizi segreti.

Ci siamo quasi  abituati all’orrore di vite spezzate di giovani donne perché  colpevoli di non portare il velo nel modo “corretto”.

Ma cosa sappiamo realmente  della società  iraniana? Una famiglia  “normale ” che vive integrata nel sistema  , è  immune ai venti del cambiamento?

The Seed of the Sacred Fig apre , forse per la prima volta, uno squarcio sull’apparente monolite iraniano. Iman è  un uomo, un marito e padre di 2 figlie, che da 20 vent’anni lavora  nella polizia  iraniana. È  ormai nell’aria la sua promozione al grado di investigatore, passaggio necessario  per poi ambire al ruolo di giudice. Iman e la sua devota  moglie  sono uniti nel raggiungimento  di questo  prestigioso  obiettivo , sapendo  bene che le “trappole” tese dagli invidiosi  e le false denunzie  potrebbero far saltare la promozione  all’ultimo momento.

Così la donna decide di “catechizzare” le due figlie affinché  tengano  un comportamento  assolutamente  irreprensibile, evitando  ogni possibile  situazione equivoca.

Proprio in questo momento decisivo per la carriera di Iman, l’Iran ribolle. Le università  della capitale sono attraversate da proteste e movimenti  studenteschi. Anche nelle  stesse  scuole e   per le strade il vento della ribellione sembra spirare forte.

Sana e Razeva ,sebbene siano  figlie di un funzionario del regime, non possono né vogliono fingere che niente stia succedendo nel loro Paese.

Le notizie ed i video girati dagli  stessi studenti e donne  mentre  sono aggrediti dagli squadroni  della morte girano veloci da un cellulare  all’altro smentendo  la propaganda  del regime.

La quiete della “famiglia normale”, lentamente  viene meno, dando vita a vivaci  confronti generazioniali tra la madre filo governativa e le due figlie.

Quando Sanafa, amica e collega di Razeva, viene aggredita e picchiata quasi mortalmente dalla polizia  durante  una retata nei dormitori dell’Università,  Razeva non esita un attimo a  portala a casa.

La madre vedendo il volto insanguinato  della giovine, mentre amorevolmente la medica, per la prima volta sul suo volto appare il dubbio, lo sconcerto  di fronte  alla barbara repressione  della polizia.

Ormai il grado di tensione tra la madre e le figlie è  molto forte, ma nulla sarà  in confronto  a ciò  che accadrà da lì a poco.

Il personaggio  di Iman rimasto finora ai margini  dopo il bel inizio,  si prende il centro  della scena a tutti i livelli, quando  l’uomo si appresta ad andare al lavoro, cerca la pistola  che dà qualche tempo porta a casa per motivi di sicurezza.

La pistola è  introvabile  ed il responsabile  del furto  non può non  essere che un componente  della sua famiglia.

Razev è  la sospettata numero uno , essendoci stata la sera precedente alla scomparsa della pistola, un duro scambio  con il padre,  in cui la figlia  aveva accusato  Iman, quale rappresentante  delle istituzioni ,di avere  le mano sporche di sangue di giovani innocenti.

Il mondo e  soprattutto  la psiche di Iman si sgretola rapidamente, non potendo l’uomo accettare di perdere la propria  credibilità professionale  e che le sue stesse figlie possano mettere in dubbio la legge e volere  di Dio.

Inizia così una folle e contorta operazione verità che passa dal sottoporre  moglie e figlie all’umiliante quanto angosciante  interrogatorio  da parte dell’esperto in torture psicologiche.

Ma per Iman, l’unica strada possibile  è  ottenere una piena confessione dal responsabile del furto.

Così convince la famiglia  a scappare via da Teheran, rifugiandosi nella vecchia casa nel deserto.

Da questo preciso momento il regista   Mohamed  Rasoul cambia ancora genere e ritmo al film, riscrivendo ed adattando  al deserto  e all’Iran, le iconiche e terrorizzanti  scene di Shinnig.

Lo spettatore  si ritrova a seguire , palpitare per mix narrativo ed emotivo magistralmente  scritte, girare e rese magnificamente da un cast artistico  di grande valore e carisma, creando le condizioni per un finale tragico quanto liberatorio.

I regimi prima o poi sono destinati a cadere , sarebbe auspicabile il prima possibile.

Stasera  dalla Croisette è   partita un importante spallata   , probabilmente, a forma di Palma d’Oro.

Vittorio De Agrò (RS)

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