Il viaggio immaginario nel continente asiatico di Miguel GOMES merita un premio
(da Cannes Luigi Noera e Maria Vittoria Battaglia con la gentile collaborazione di Vittorio De Agrò (RS) – le foto sono pubblicate per gentile concessione del Festival di Cannes)
COMPETITION
GRAND TOUR di Miguel GOMES
Sinossi: un funzionario dell’Impero britannico in Birmania fugge il giorno del suo matrimonio, e viene inseguito attraverso l’Asia dalla sposa abbandonata.
Recensione: Edward Abbot giovane andato in Birmania all’epoca della colonizzazione aspetta con apprensione l’arrivo della sua fidanzata che non vede da 7 anni! E’ il 4 gennaio del 1918 e siamo appunto in Birmania all’epoca della colonizzazione in un viaggio immaginario attraverso il viaggio di Edward.
Abbot decide di fuggire dal destino di convolare a nozze con la promessa sposa e ci proietta nel periodo storico dello sviluppo dell’ibridazione del sudest asiatico con la cultura occidentale a partire dalla colonizzazione dei primi del ‘900 fino ai giorni nostri con salti temporali in avanti e indietro.
Si tratta di una pellicola festivaliera in B&N con a volte l’utilizzo del formato 4/3 che costringe lo sguardo dello spettatore ai dettagli mostrati sullo sfondo della famosa colonna sonora utilizzata da Stanley Kubrick in 2001 Odissea nello Spazio e ripresa in questa odissea asiatica ipnotica e creativa del regista portoghese Miguel Gomes.
Lo spettatore potrebbe non sapere esattamente dove sono diretti Gomes e i suoi personaggi, ma il viaggio è portato avanti con arguzia, immaginazione e intelligenza e fornisce intuizioni trasversali sul modo in cui vediamo il mondo e la storia.
Edward Abbot sta scappando dal suo futuro impersonato dalla fidanzata che lo insegue ma che arriva un attimo dopo in questo peregrinare nel Continente asiatico.
La voce narrante femminile si avvale dell’idioma di quei luoghi affascinanti ed inesplorati in un film festivaliero che a volte assume le caratteristiche di una piece teatrale grazie anche all’uso del B&N. Sotto questo aspetto è narrato da una varietà di punti di vista asiatici, da voci fuori campo nelle lingue di ogni luogo e Gomes si rifiuta di fornire sottotitoli per i dialoghi in cinese, vietnamita, giapponese, invertendo le regole della narrativa coloniale in cui l’orecchio e l’occhio occidentale hanno accesso a tutti i significati.
Il film si sofferma in tutta la sua bellezza grazie ai selvaggi paesaggi di un Continente quale quello Asiatico ai quei tempi ancora da esplorare, ma con rimandi ad oggi e alla caoticità delle moderne metropoli asiatiche. Ma anche la tipica arte delle marionette e dei giochi d’ombra in tante performance accompagnate dalle musiche tipiche dei gong tibetani.
Nella seconda parte del film il tema viene sviluppato dal punto di vista della fidanzata Molly Singleton che lo insegue con l’intento di sposarlo. Per rompere la monotonia il regista introduce la figura del ricco imprenditore Sanders che ha fatto fortuna in questi luoghi inesplorati che se ne innamora
Il film, girato in diversi paesi asiatici (Cina, Giappone, Filippine, Vietnam…) con la sua narrativa messa in scena da più mani di scrittori tra cui Maureen Fazendeiro, mescola filmati documentari girati in una serie di località asiatiche con un dittico di storie su una coppia occidentale nel 1917.
Grand Tour è uno di quei film che induce lo spettatore a chiedersi ripetutamente dove sta andando – e mentre procede, sembra come se si ponesse costantemente la stessa domanda, creando un’esperienza tonificante di scoperta in tempo reale. Non che il tempo sia lontanamente reale nel senso comune del termine: non solo Gomes introduce abbondanti anacronismi nella storia del 1918 (non ultimo tra quella musicale e immagine – una performance di arti marziali di Shanghai al suono di una scadente band di hotel della sequenza precedente) e l’abisso tra l’Asia di oggi, che sembrerà familiare a qualsiasi spettatore del cinema contemporaneo cinese o filippino, e l’idea di un “Est” esotico, infinitamente distante, situato in un passato “magico” permanente.
Al termine lo spettatore arrivato fino alla fine viene premiato con un viraggio decisamente a musical nel momento in cui Molly nel frattempo morta nella foresta si risveglia dal sonno eterno in un inno alla vita.
Luigi Noera