Si conclude la Semaine de la Critique con il premio SACD Award andato a Julie zwijgt (Julie Keeps Quiet) di Leonardo Van Dijl
(da Cannes Luigi Noera e Maria Vittoria Battaglia con la gentile collaborazione di Vittorio De Agrò (RS) – le foto sono pubblicate per gentile concessione del Festival di Cannes)
Un Certain Regard
FLOW di Gints Zilbalodis
Sinossi: film d’animazione che racconta la storia di un gatto che si sveglia in un mondo allagato e deve superare la sua paura dell’acqua.
Recensione: Flow è un film d’animazione che utilizza l’espediente narrativo di una catastrofe naturale per esplorare temi profondi come la solitudine e l’amicizia. La storia si apre e si chiude con la stessa scena: un gattino che si specchia in un ruscello. Tuttavia, mentre la scena iniziale lo ritrae solo, quella finale lo mostra circondato da improbabili amici – un cane, un lemure e un castoro – sottolineando il cammino emotivo percorso dai protagonisti.
La trama principale si sviluppa intorno a un’alluvione devastante che costringe i quattro animali a trovarsi su una barca, cercando di sopravvivere al diluvio universale. Durante la loro traversata del fiume in piena, affrontano numerose difficoltà: la pioggia incessante, le onde violente e il giudizio del branco che fatica ad accettare la collaborazione tra specie diverse. Le differenze nei loro versi e modi di comunicare rappresentano un ulteriore ostacolo, ma anche un’opportunità per far nascere un legame profondo e duraturo, dimostrando che l’amicizia può superare qualsiasi barriera.
Il film è, purtroppo, penalizzato da un ritmo che stenta a decollare. Molte scene risultano ripetitive, con il gattino che corre, nuota e miagola incessantemente, rallentando la narrazione e diminuendo l’impatto emotivo delle vicende. Tuttavia, nonostante questo difetto, Flow riesce a offrire una prospettiva diversa e innocente su temi di grande rilevanza, trattandoli in modo delicato e mai scontato e a trasmettere un messaggio positivo sull’importanza dell’amicizia e della collaborazione, anche nelle situazioni più disperate. Ideale per un pubblico giovane, ma capace di toccare anche il cuore degli adulti grazie alla sua semplicità e sincerità.
QUINZAINE
GAZER di Ryan J. Sloan
SINOSSI: La storia di una giovane madre con discronometria, ossia l’incapacità di percepire il tempo. Accetta un lavoro da una donna misteriosa con un passato oscuro.
Recensione: Paranoia, vendetta, suicidi, crimini perfetti: tutto questo e molto altro è Gazer, un film drammatico dalle sfumature horror, intriso di frequenti riferimenti lynchiani. La trama ruota attorno alla figura di Frankie, una giovane madre vedova affetta da una malattia neurodegenerativa. La sua vita, segnata da dolore e solitudine, diventa il fulcro di un intricato gioco di percezioni e realtà distorte, viste attraverso lo sguardo attento della protagonista. Tuttavia, la vera complessità delle persone rimane spesso nascosta dietro maschere impenetrabili. Questo diventa evidente quando entra nella sua vita Paige, una ragazza vittima di abusi da parte del fratello violento. Dopo aver assistito a un brutale pestaggio, la protagonista decide di intervenire, ma si trova inaspettatamente accusata dell’omicidio della stessa Paige.
La trama si complica ulteriormente con continui flashback che riportano Frankie al suicidio del marito, un altro mistero irrisolto che tormenta la sua mente. La narrazione si sviluppa in un crescendo di tensione e frenesia, rendendo difficile per lo spettatore seguire il ritmo incalzante degli eventi. La regia utilizza magistralmente i piani, i colori e il suono per creare un’esperienza immersiva, trascinando il pubblico in dimensioni narrative sempre diverse e coinvolgenti, trasformando il film in un labirinto di esperienze percettive che sfida le aspettative e mette alla prova le capacità interpretative dello spettatore.
TO A LAND UNKNOWN di Mahdi Fleifel
Sinossi: Il regista palestinese-danese Fleifel, nel suo primo lungometraggio di finzione racconta la storia del disperato tentativi di due cugini palestinesi rimasti bloccati ad Atene mentre cercavano di raggiungere la Germania.
Recensione: To a Land Unknown è un film intenso e potente, che si distingue per la sua capacità di trasmettere una realtà dura e spietata con straordinario realismo. Il film narra la storia di due giovani libanesi che vivono illegalmente ad Atene e lottano per raccogliere i soldi necessari per ottenere passaporti falsi e raggiungere la Germania.
La loro situazione è disperata: per sopravvivere, sono costretti a rubare e svolgere altri lavori illegali, finendo per essere anche loro truffati dalla zia di un bambino che cercano di aiutare a emigrare in Italia. Questa truffa li spinge a ideare un piano disperato: spacciarsi per trafficanti per rubare soldi ad altri disperati come loro. Impossibile biasimarli: Il regista dice che ha voluto raccontare questa storia -che tra l’altro è una storia vera- perché non ha il privilegio di raccontare del passato, non ha quel privilegio di raccontare di vincitori. Ecco, forse il privilegio è proprio la chiave di lettura di questo film, perché i due fratelli sono consapevoli delle loro azioni, ne provano vergogna e sono afflitti dai sensi di colpa, ma non hanno alternative. Non hanno il privilegio di scegliere, tantomeno di essere “buoni”.
Uno dei meriti più grandi del regista è proprio questo: riesce a trasmettere con grande realismo la cruda realtà di Atene, mostrando la faccia più autentica della disperazione e dell’immigrazione. Ogni personaggio, ogni parola pronunciata nel film, è carica di umanità.
È triste constatare come questioni tanto importanti vengano spesso relegate all’espressione artistica. To a Land Unknown non è solo un film, ma un potente messaggio di umanità e una denuncia delle ingiustizie legate all’immigrazione. La sua capacità di rappresentare una realtà così cruda e reale lo rende un’opera di grande valore artistico e sociale.
Semaine de la Critique – AWARDS
Ecco i premiati dalla Giuria della 63ma edizione con Presidente Sylvie Pialat, coadiuvata da Ben Croll, Iris Kaltenbäck, Virginie Surdej, Eliane Umuhire
Grand Prize a Simon de la montaña di Federico Luis (recensione)
French Touch Prize della Giuria a Blue Sun Palace di Constance Tsang (recensione)
Louis Roederer Foundation Rising Star Award a Ricardo Teodoro in Baby di Marcelo Caetano (recensione)
Il Gan Foundation Award e il SACD Award è andato a Julie zwijgt (Julie Keeps Quiet) di Leonardo Van Dijl che abbiamo recuperato:
Sinossi: il dramma circonda una stella del tennis che si rifiuta di parlare quando il suo allenatore viene sospeso mentre è sotto indagine.
Recensione: Julia Keeps Quiet è un film che esplora con delicatezza e realismo la complessità delle dinamiche di potere e delle relazioni in un contesto sportivo. La protagonista, Julia, è una giovane tennista di talento che si allena intensamente per le selezioni federali. Tuttavia, un evento drammatico scuote la sua società sportiva: il suicidio di un’altra giovane tennista porta alla luce sospetti su Jeremy, il coach della protagonista.
La trama si sviluppa attorno alla protezione che Julia dimostra verso il coach, lasciando lo spettatore incerto sul confine tra professionalità e abuso. Il ringraziamento di Julia a Sophia, il dirigente sportivo che allontana Jeremy, e la sua richiesta al nuovo allenatore di seguirla anche nel caso di un ritorno del primo, suggeriscono però implicazioni più profonde.
Il film evita di drammatizzare eccessivamente gli eventi, scegliendo invece di rappresentarli con una sobrietà che colpisce. La dinamica tra un allenatore e una quindicenne, che passa più tempo con lui che con i suoi genitori, rimane problematica anche se Jeremy afferma di essersi fermato quando l’atleta glielo ha chiesto. La vera questione, infatti, è che non avrebbe dovuto iniziare affatto.
Julia è un personaggio che non sa come affrontare ciò che è accaduto. Il suo silenzio non è dettato dalla paura, ma dalla difficoltà di esprimere qualcosa che, pur nella sua ordinarietà, ha avuto un impatto profondo su di lei. Quando finalmente ringrazia Sophia, il suo silenzio diventa un segno di gratitudine, non di timore.
Apprezzabile la scelta della regista di non aver cercato un finale drammatico o un’evoluzione forzata del personaggio. Invece, osserva Julia nel suo silenzio, rispettando le sue domande e le sue emozioni senza giudizi o paternalismi.
Julia Keeps Quiet è un film che colpisce per la sua autenticità, lasciando un segno profondo proprio nella sua semplicità e nella sua onestà narrativa.
Maria Vittoria Battaglia