#CANNES77 – 14/25 maggio 2024 SPECIALE #16 (DAY6): Lo sguardo critico di Maria Vittoria dalla Croisette

Un immigrato, la bellezza della scuola (imparare/insegnare), le comunità indigene della foresta amazzonica a difesa dei loro territori sono i temi affrontati al giro di boa del Festival

(da Cannes Luigi Noera e Maria Vittoria Battaglia con la gentile collaborazione di Vittorio De Agrò (RS) – le foto sono pubblicate per gentile concessione del Festival di Cannes)

Un Certain Regard

L’HISTOIRE DE SOULEYMANE di Boris LOJKINE

Sinossi: La storia della diaspora africana in Europa su un fattorino guineano che ha due giorni per inventare una storia per il suo colloquio per la domanda di asilo a Lione.

Recensione: The story of Souleymane è un film toccante e profondamente umano che racconta la storia di un immigrato irregolare in Francia. Souleymane, interpretato con intensità e autenticità, lavora come rider per guadagnare qualche soldo da mandare a casa per le cure della madre malata e per acquistare i documenti necessari per la domanda di asilo.

Il giorno dell’intervista per la pratica d’asilo è un momento cruciale nella vita di Souleymane. Assistito da un esperto, ha memorizzato una storia di violenza e guerra, sperando che questa narrazione possa convincere le autorità a concedergli il permesso di soggiorno. Tuttavia, l’operatrice che conduce l’intervista l’ha già sentita innumerevoli e lo invita a raccontare la sua vera storia.

Inizialmente esitante, Souleymane si apre gradualmente, e ciò che emerge non è un racconto di orrori, ma una storia di speranza e desiderio. Il film cambia prospettiva, focalizzandosi non più sulla violenza, ma sulla libertà, sulla possibilità di superare una situazione paralizzante per aiutare le persone che ama. Questo cambio di focus è gestito con maestria dalla regia, che ci guida attraverso le emozioni e le aspirazioni di Souleymane, rendendo il suo viaggio interiore il vero cuore del film.

Il finale lascia aperta la questione del permesso di soggiorno, non sappiamo se otterrà i documenti che tanto desidera, ma ciò che sappiamo con certezza è che ogni storia merita di essere raccontata e ascoltata. La conclusione ci invita a riflettere sulla dignità umana e sull’importanza di dare voce a chi spesso non ne ha.

Il film offre un ritratto sincero della situazione degli immigrati, intrappolati tra il desiderio di lavorare e costruirsi un futuro e una società che li criminalizza per la loro condizione. Il film non cerca di fornire risposte facili, ma invita lo spettatore a confrontarsi con le difficoltà e le speranze di chi è costretto a vivere ai margini.

OUT OF COMPETITION – SPECIAL SCREENINGS

APPRENDRE di Claire SIMON

Sinossi: documentario sull’istruzione il cui titolo francese Apprendre può significare “insegnare” o “imparare”.

Recensione: Un film sulla bellezza della scuola. Un inno all’importanza della comunità educante, con uno sguardo sempre attento a tutte le sfumature della scuola elementare moderna sempre più complessa perché sempre più rivolta ai bisogni, ai tempi e alle potenzialità di ogni piccolo studente.

Loro, i piccoli studenti, sono i protagonisti di questo documentario, è attraverso il loro sguardo e i loro pensieri che assistiamo alle vicende della scuola Makarenko, nelle vicinanze di Parigi. Attraverso i loro giochi, i loro litigi, le loro convinzioni che spesso sono il riflesso di tutto il bagaglio culturale della propria famiglia. Li vediamo rubare con quei piccoli occhi curiosi e attenti ogni cosa che vedono, che scoprono, che sentono. E noi, grazie al delicato e autentico sguardo documentaristico della regista Simon, rubiamo un po’ quella gioia di imparare, quella fiducia nel mondo che ci circonda che forse abbiamo un po’ dimenticato.

Alla fine rimane un sorriso, forse un po’ disilluso, mentre pensiamo a quanto sarebbe bello se la scuola riuscisse ad essere sempre, per tutti, così.

QUINZAINE

EPHUS di Carson Lund

Sinossi: La commedia drammatica vede due squadre di baseball della Sunday League giocare un’ultima partita sul loro amato campo prima della demolizione, e presenta la voce del documentarista veterano Frederick Wiseman.

Recensione: Quando è stata quell’ultima volta? Si chiedeva Guccini in uno dei suoi tanti piccoli capolavori. Ecco, Eephus è proprio un film sull’ultima volta, che però non viene inconsapevole e inaspettata. È la storia di un campo da baseball che deve essere smantellato per costruire una scuola, e di squadre amatoriali di giocatori di mezza età che devono giocare la loro ultima partita su quell’erba. È la storia di una partita, un’ultima partita che non finisce mai, in un disperato tentativo di allontanare sempre di più l’addio a quel campo che tante ne ha viste.

Apparentemente infatti Eephus non racconta tanto, una semplice e lunghissima partita di baseball, resa noiosa da dei giocatori abbastanza incapaci, in cui non succede un granché fatto salvo qualche scambio di battute sarcastiche -di grande effetto- e il voiceover di stacchi pubblicitari.

E per una parte del pubblico, che non conosce il baseball, che non pratica sport a livello amatoriale, in quell’età in cui ti dicono che non é più il caso dedicarci tempo, forse il film può sembrare un po’ piatto, quasi asettico.

Ma chi conosce il sapore di quelle domeniche, chi riconosce il mondo, la vita e la passione che ci sta dietro gli occhi lucidi dei protagonisti nel salutare il campo, il loro campo, quell’ultima volta, non si farà ingannare dall’ironia, dalla caratterizzazione macchiettistica dei personaggi e dalla lunghezza improbabile della partita, dell’ultima partita, riconoscendo invece l’infinita tenerezza di questo film.

THE FALLING SKY di Eryk Rocha & Gabriela Carneiro da Cunha

Sinossi: Il documentario, basato sull’omonimo libro di Davi Kopenawa e Bruce Albert, racconta la lotta di 30.000 indigeni Yanomami, le cui foreste sono state invase dai cercatori d’oro in Brasile.

Recensione: Straordinario documentario che esplora le comunità indigene della foresta amazzonica, The falling sky mostra una grande cura e un’attenzione ai dettagli che raramente si vedono in produzioni simili. Dai volti dipinti ai rituali sacri, ogni elemento è catturato con una precisione e un rispetto che trasmettono la profondità culturale e spirituale di questi popoli.

Il documentario si distingue per la sua narrazione potente e senza filtri. Le persone intervistate parlano con una franchezza disarmante della loro rabbia, delle loro lotte quotidiane e delle paure che affrontano. L’espediente narrativo dell’apertura di una nuova miniera ai confini delle loro terre è solo un pretesto per raccontare una storia molto più vasta e complessa. Questa miniera diventa il simbolo di un’intera esistenza segnata dall’oppressione e dalla sopraffazione per mano dell’uomo bianco spinto da un’avidità insaziabile e da un desiderio incessante di possesso, indifferente alle conseguenze devastanti per le persone e per l’ambiente.

Il documentario è, in effetti, un inno alla resistenza che si pone come un megafono per voci raramente ascoltate, offrendo uno sguardo intimo e toccante sulle vite e le lotte degli indigeni. Ma non si ferma qui: è anche un severo monito sulla responsabilità che tutti noi abbiamo nel preservare il nostro mondo. La terra, vista come una madre da queste comunità, è presentata come la nostra linfa vitale, essenziale per l’equilibrio e la sopravvivenza.

Gli indigeni sono rappresentati come i veri guardiani dell’equilibrio naturale e i difensori della natura. Attraverso le loro parole e i loro avvertimenti, lo spettatore viene messo di fronte a una dura verità: se permettiamo che questa distruzione continui, il prezzo sarà la caduta del cielo, il collasso del mondo e, in ultima analisi, la morte di tutti noi.

Semaine de la Critique

Blue Sun Palace di Constance Tsang

Blue Sun Palace è un film spiazzante e ricco di sfaccettature. Inizia con una storia d’amore tra due adulti, le cui prime fasi dell’innamoramento hanno una forma quasi adolescenziale: cene romantiche fuori, sogni condivisi di una casa al mare, serate spensierate al karaoke e notti trascorse abbracciati. Questa dolce e tenera storia d’amore è affiancata dalla forza e dalla spensieratezza dell’amicizia, anch’essa caratterizzata da connotati adolescenziali, con selfie divertenti e scherzi affettuosi.

Tuttavia, questo quadro idilliaco si inserisce in un contesto ben più complesso: il lavoro, lo sfruttamento, le persone che si approfittano l’una dell’altra. È una rappresentazione della vita nella sua cruda realtà, dove la brutalità del quotidiano spesso infrange le più belle promesse e speranze.

La svolta tragica arriva inaspettatamente durante i festeggiamenti del capodanno cinese, quando un colpo di pistola rompe la magia. Da quel momento, il film assume un tono più cupo e il ritmo rallenta prepotentemente. La narrazione si immerge nel dolore, nella tristezza e nel difficile percorso di affrontare un’insuperabile tragedia. I protagonisti si trovano a fare i conti con una perdita devastante che sembra paralizzarli, in una sorta di paralisi emotiva che sembra impossibile da superare.

Il regista riesce però a condurre il pubblico attraverso questo dolore, fino a un finale dai tratti joyceiani. In un momento epifanico, i protagonisti trovano la forza di superare l’esperienza totalizzante del lutto. Il cambiamento, seppur lento e doloroso, avviene e porta con sé una nuova speranza.

Il film si chiude con un tramonto catartico al mare, un’immagine che rappresenta la rinascita e la possibilità di un nuovo inizio. Il regista, attraverso questa conclusione visivamente potente, restituisce allo spettatore una sensazione di speranza, suggerendo che anche dalle esperienze più dolorose può nascere qualcosa di bello e vitale. Blue Sun Palace, con la sua profonda esplorazione dei sentimenti umani e delle dinamiche sociali, si rivela così un’opera complessa e toccante, capace di rimanere a lungo nella memoria di chi lo guarda.

Maria Vittoria Battaglia

 

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