#CANNES76 – 16/27 maggio 2023 SPECIALE #5 (DAY1) Le incursioni critiche di Marina sulla Croisette

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Tra passato e presente

(da Cannes Luigi Noera e Marina Pavido – Le foto sono pubblicate per gentile concessione del Festival di Cannes)

FUORI CONCORSO

jeannedubarryJEANNE DU BARRY di MAÏWENN – Film d’apertura

Nata in povertà, la cortigiana Jeanne du Barry è una giovane donna della classe operaia
affamata di cultura e piacere, che usa il suo fascino per scalare i gradini della scala sociale fino a
diventare la favorita del re. Ignaro del suo status di cortigiana, Luigi Xv riacquista
interesse per la vita grazie alla loro relazione. I due si innamorano perdutamente. Contro ogni
decoro ed etichetta, Jeanne si trasferisce a Versailles, dove il suo arrivo scandalizza la corte. Lo ha visto per noi Luigi Noera (LA RECENSIONE).

CANNES CLASSIQUES

amourfouL’AMOUR FOU di Jacques Rivette

Il Festival di Cannes 2023 è iniziato nel migliore dei modi. Prima della cerimonia di premiazione e della successiva proiezione di Jeanne du Barry, il film d’apertura a opera della regista e attrice francese Maïwenn, infatti, è stato proiettato, in versione restaurata, L’Amour Fou, diretto da Jacques Rivette nel 1967, nonché uno dei capolavori dell’autore nouvellevaguista.

In L’Amour Fou, dunque, vita e spettacolo si alternano in continuazione, si fondono, si confondono, fino a diventare quasi due realtà imprescindibili l’una dall’altra. La storia messa in scena è quella del regista Sébastien (impersonato da Jean-Pierre Kalfon), il quale sta per mettere in scena Andromaca di Racine e, a tal fine, organizza numerose prove con il suo gruppo di attori. Di tale gruppo fanno parte anche Claire (Bulle Ogier), sua moglie, e Marta (Josée Destoop), la sua ex moglie. Man mano che si va avanti con le prove, Claire è sempre più insofferente alle tensioni che si vengono a creare e decide di abbandonare lo spettacolo (sostituita poi da Marta), fino ad arrivare al punto di lasciare suo marito.

Nel mettere in scena L’Amour Fou, Rivette ha optato per un approccio registico il più realista possibile. Il cinema rappresenta la vita senza filtro e senza taglio alcuno, rendendo ogni singolo momento superfluo ed essenziale allo stesso tempo. A tal proposito, particolarmente importante è l’uso del montaggio, unico elemento a differenziare lo spettacolo cinematografico dalla vita reale, appunto, con i suoi cambi di scena e i suoi (non troppo) frequenti tagli. I dialoghi – ora in teatro, ora in una camera da letto che tanto ci fa pensare al bellissimo Fino all’ultimo Respiro (Jean-Luc Godard, 1960) – svolgono qui un ruolo centrale e fanno in modo che noi stessi ci sentiamo parte integrante delle vite dei protagonisti.

Jacques Rivette ha sempre optato per un approccio “estremo”, rendendo spesso i suoi film (e, dunque, anche il presente L’Amour Fou) estremamente lunghi, magnetici nella loro messa in scena e mai eccessivi o sopra le righe. Il realismo professato dai suoi colleghi della Nouvelle Vague vede qui un suo degno compimento. Rivedere la pellicola sul grande schermo a molti anni di distanza dalla sua realizzazione non ha prezzo.

Marina Pavido

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