Da #CANNES75 GOD’S CREATURES di SAELA DAVIS & HANNA ROSE HOLMER

Emily Watson si esibisce in una performance imponente in questo dramma tradizionale irlandese madre-figlio

La quiete di un paesino di mare delle isole irlandesi dove l’attività di sostentamento  risiede nella pesca e nella lavorazione del pescato viene improvvisamente turbata dalla morte di un giovane pescatore.

Mentre nella famiglia di Mary si prega tanto come si addice in questa terra irlandese, alla morte inaspettata segue il ritorno del figlio Brian da tanti anni immigrato in Australia.

Madre e figlio ricongiunti decidono di ripristinare l’allevamento di ostriche abbandonato dal padre e dal nonno.

Non tutti sono entusiasti di dargli il bentornato come la madre Aileen. Nella sceneggiatura viene introdotto sapientemente un tassello sul passato di Brian proprio sull’isola nativa.

Questa è una preoccupazione per la madre che viene ben descritta appunto nei rapporti madre figlio.

E’ doveroso dire che il paesaggio struggente del Donegal è parte integrante ed aiuta la storia finalmente a decollare. Come accennato il film è girato nel Donegal, che sostituisce il Kerry. Ma con la sua atemporalità e insularità, questa potrebbe essere qualsiasi comunità remota, anche se la topografia è identificabile. Una colonna sonora carica di archi è un eloquente accompagnamento a questo dramma familiare.

Il piccolo e selvaggio villaggio di pescatori nel Kerry è il centro di un dramma elementare e senza tempo in una storia sferzante che si avvale di un mix tra superstizione e religione (i pescatori si rifiutano di imparare a nuotare, ma la benedizione delle barche è un evento da non perdere), questa è la vecchia Irlanda che incontra il nuovo mentre le sue donne lottano con forza contro lo status quo.

La premiere a Cannes nella sezione autonoma Quinzaine des Realisaetur ha permesso il lancio di questa storia che affronta il tema urgente della diaspora e i temi del “figliol prodigo”.

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