SPECIALE #CANNES75 – 17/28 maggio 2022 #07 (DAY 3)

Anche il Festival di Cannes è solidale con la martoriata Ukraina la cui sofferenza viene ricordata con la proiezione dell’opera postuma di Mantas Kvedaravicius su Mariupol

(da Cannes Luigi Noera e Marina Pavido – Le foto sono pubblicate per gentile concessione del Festival di Cannes)

Al secondo giorno della Selezione Un Certain Regard si distingue con l’opera prima RODEO della regista Lola QUIVORON

armageddon-time-james-gray-cannes75Concorso ufficiale

ARMAGEDDON TIME di James GRAY – Dall’acclamato regista J una storia di formazione profondamente personale sulla forza della famiglia e la ricerca generazionale del sogno americano. Il film presenta un cast stellare tra cui Anthony Hopkins, Anne Hathaway e Jeremy Strong. (RECENSIONE)

Un Certain Regard

HARKA di Lotfy NATHAN

Per sbarcare il lunario un uomo vende la miscela di benzina rubandola. E’ ai margini della società e vive di espedienti come questo.  L’unico modo e via di vivere è l’immigrazione sfuggendo dalla Tunisia. Ma sono pochi quelli che riescono.

L’immigrazione vista da parte di quelli che fuggono! “Vendi un uomo, non vendere un gatto”: in questo imperativo tutto il dramma del flusso di immigrati dall’Africa all’Europa.

La narrazione sapientemente è in terza persona per lasciare una certa distanza da quanto accade.

Sono tanti i modi che il protagonista mette in atto per fuggire dalla Tunisia senza riuscire. Lo stile ricorda tanto la narrazione di Ken Loach ossia dalla parte dei fragili, dei deboli. Gli uffici di emigrazione sulle sponde sud del Mediterraneo sono senza umanità e a tutto questo il protagonista si ribella con il gesto disperato di darsi fuoco.

In questo primo lungometraggio di finzione dello sceneggiatore/regista britannico-egiziano-americano Lotfy Nathan ci racconta che è passato un intero decennio da quando le proteste della Primavera Araba hanno cambiato il corso della storia in gran parte del Nord Africa e del Medio Oriente. Liberamente ispirato alla storia del venditore ambulante tunisino Mohamed Bouazizi, la cui autoimmolazione ha scatenato l’ondata di proteste che si sono fuse nella primavera araba, il film è schietto nella sua condanna della corruzione del governo e dell’indifferenza della società, e risoluto quando si tratta di rappresentare il conseguenze della disperazione del fondo.

Il titolo, Harka, ha due significati, entrambi collegati alla difficile situazione in cui si trova Ali. Un significato è “bruciare”. L’altro è un linguaggio colloquiale per la migrazione illegale attraverso il Mediterraneo in barca. È una scelta del titolo che parla minacciosamente del futuro di Ali – è giusto dire che nel film non mancano gli indizi che prefigurano il suo destino.

 RODEO di Lola QUIVORON  In questo film di debutto il regista mette a fuoco la storia di una giovane caraibica Julia, appassionata di moto e di gare di esibizione con moto Bike e ci fa scoprire un mondo giovanile fatto di eccessi ma anche di profonda insicurezza.

La protagonista per poter soddisfare la sua passione deve ricorrere al furto in maniera fantasiosa di motociclette in vendita dai malcapitati privati. Ma soprattutto è l’unica femmina del gruppo di fanatici dei motori truccati che è generalmente un hobby tutto al maschile.

Girato con camera in spalla quest’opera prima sconta appunto la giovane età della regista che promette bene per un futuro secondo film dove le sue possibilità espressive ci auguriamo vengano fuori preponetemene.

Nella narrazione c’è un ondeggiare tra documentario e finzione, ma per gli amanti delle due ruote si tratta di due ore emozionanti.

Nell’intreccio c’è pure l’amicizia femminile con la quale  si intrattiene nella ricerca di un senso delle cose; il marito di quest’ultima non vede bene l’amicizia e come gli atri ragazzi la minaccia.

Ecco che arriva il culmine del film con un colpo di scena impensabile poiché la protagonista non accetta il rifiuto e si da fuoco.

Un finale imprevedibile che non appartiene al film e che lo rende meno appetibile di quanto sembrava all’inizio.

FUORI CONCORSO

MARIUPOL 2 di MANTAS KVEDARAVICIUS

Opera postuma del giovane regista Kvedaravicius ucciso durante all’inizio della guerra a Mariupol all’inizio di aprile durante le riprese del film, presumibilmente colpito allo stomaco da soldati russi a seguito della invasione Russa dell’Ucraina.

Le immagini e i suoni non hanno bisogno di commenti, parlano da sole. L’angoscia di vite sospese ti entra nelle ossa da subito anche se si cerca di mantenere una certa distanza. Quello che non si percepisce è l’odore acre delle bombe, ma il fumo degli incendi provocati dallo scoppio è esotto gli occhi, come quando durante un temporale prima si vede il bagliore del tuono e dopo si ode i rumore del fulmine. Ma ci sono anche altri rumori: l’abbaiare dei cani che devono ancora essere nutriti e il tubare dei piccioni viaggiatori appollaiati su ciò che resta della facciata della proprietà del loro padrone. Anche se il resto della sua casa è un mucchio di macerie, li nutre e li chiama ancora, perché cos’altro puoi fare?

Inizia una nuova giornata a Mariupol con una preghiera di ringraziamento, mentre le giornate scorrono con l’allestimento di un fuoco di fortuna per la preparazione di un piatto caldo per la comunità parrocchiale ifugiatasi nei sotterranei della Chiesa. Lì si dorme tutti insieme, mentre il rumore dei combattimenti si avvicinano al luogo delle riprese. La comunità ha la sua mascotte in un cane che si affezionato ad essa e dalla quale riceve anche lui cibo.

Il doc si domanda  cosa sei disposto a fare nel luogo in cui vivi diventato improvvisamente zona di guerra come Mariupol a Odessa? Qualcuno sposta  i cadaveri di una coppia dal portico della loro casa in modo da poter prendere il generatore portatile per fornire energia a tutte le persone – inclusi molti bambini – che si stavano rifugiando nella tua chiesa?

Mariupolis 2 parla della resilienza umana mentre la vita è sospesa.

A differenza dei notiziari televisivi, che riportano per lo più il bilancio quotidiano delle vittime e le lacrime di coloro che sono lasciati a piangere, il quarto lungometraggio del regista lituano Mantas Kvedaravicius è più interessato alla banalità di guerra come la vita di tutti i giorni va avanti in circostanze inimmaginabili. Tragicamente, Mariupolis 2 è anche il lungometraggio finale di un regista che stava iniziando a farsi un nome sulla scena dei festival. Aggiunto alla selezione ufficiale di Cannes pochi giorni prima dell’inizio del festival, il documentario è stato completato dalla partner ucraina di Kvedaravicius, Hanna Bilobrova, che, dopo il titolo di apertura “un film di Mantas Kvedaravicius”, è accreditata come co-regista.

Ci sono infinite inquadrature, attraverso le finestre, di fumo che fluttua nel cielo all’orizzonte, e diversi momenti suggestivi con flussi di luce del giorno attraverso una porta dall’esterno – uno spettacolo che per coloro che si rifugiano sottoterra porta sia speranza che paura.

Quinzaine des Realisateur

les-harkis-faucon-cannesLES HARKIS (RECENSIONE) Alla fine degli anni ’50, all’inizio degli anni ’60, la guerra in Algeria continuò. Salah, Kaddour e altri giovani algerini indigenti si uniscono all’esercito francese come harkis. Alla loro testa, il tenente Pascal. L’esito del conflitto lascia presagire l’imminente indipendenza dell’Algeria. Il destino degli harkis sembra molto incerto. Pascal si oppone alla sua gerarchia per ottenere il rimpatrio in Francia di tutti gli uomini del suo reparto.

GOD’S CREATURES di SAELA DAVIS & HANNA ROSE HOLMER

Emily Watson si esibisce in una performance imponente in questo dramma tradizionale irlandese madre-figlio

La quiete di un paesino di mare delle isole irlandesi dove l’attività di sostentamento  risiede nella pesca e nella lavorazione del pescato viene improvvisamente turbata dalla morte di un giovane pescatore.

Mentre nella famiglia di Mary si prega tanto come si addice in questa terra irlandese, alla morte inaspettata segue il ritorno del figlio Brian da tanti anni immigrato in Australia.

Madre e figlio ricongiunti decidono di ripristinare l’allevamento di ostriche abbandonato dal padre e dal nonno.

Non tutti sono entusiasti di dargli il bentornato come la madre Aileen. Nella sceneggiatura viene introdotto sapientemente un tassello sul passato di Brian proprio sull’isola nativa.

Questa è una preoccupaziome per la madre che viene ben descritta appunto nei rapporti madre figlio.

E’ doveroso dire che il paesaggio struggente del Donegal è parte integrante ed aiuta la storia finalmente a decollare. Come accennato il film è girato nel Donegal, che sostituisce il Kerry. Ma con la sua atemporalità e insularità, questa potrebbe essere qualsiasi comunità remota, anche se la topografia è identificabile. Una colonna sonora carica di archi è un eloquente accompagnamento a questo dramma familiare.

Il piccolo e selvaggio villaggio di pescatori nel Kerry è il centro di un dramma elementare e senza tempo in una storia sferzante che si avvale di un mix tra superstizione e religione (i pescatori si rifiutano di imparare a nuotare, ma la benedizione delle barche è un evento da non perdere), questa è la vecchia Irlanda che incontra il nuovo mentre le sue donne lottano con forza contro lo status quo.

La premiere a Cannes nella sezione autonoma Quinzaine des Realisaetur permetterà sicuramente il lancio di questa storia che affronta il tema urgente della diaspora e i temi del “figliol prodigo”.

the-woodcutter-story-love-according-to-dalva-cannesSemaine de la Critique

Metsurin tarina The Woodcutter Story – Pepe è un taglialegna in un’idilliaca cittadina della Finlandia. Nell’arco di un paio di giorni, una serie di tragici eventi distrugge gradualmente la sua vita tranquilla e felice, ma a Pepe sembra che tutto vada bene. Come se custodisse un segreto dell’esistenza difficile da afferrare (RECENSIONE).

Luigi Noera

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