(da Venezia Luigi Noera con la gentile collaborazione di Marina Pavido e Annamaria Stramondo- Le foto sono pubblicate per gentile concessione della Biennale)
Emma Dante con Le sorelle Macaluso non entusiasma mentre dal Giappone si palesa un possibile Leone d’Oro
Dobbiamo ringraziare Marina Pavido che ci ha dato la continuità nel raccontare questa edizione della Mostra dimezzata dalla presenza dei giornalisti, ma che è andata avanti con prudenza nei confronti della pandemia. Siamo quasi al termine e sono tre i titoli scelti da Marina dal #VE77 CONCORSO. Vi anticipiamo che il primo è stata una delusione (RECENSIONE). Si tratta di LE SORELLE MACALUSO di EMMA DANTE. L’infanzia, l’età adulta e la vecchiaia di cinque sorelle nate e cresciute in un appartamento all’ultimo piano di una palazzina nella periferia di Palermo, dove vivono da sole, senza genitori. La regista spiega forse perché consapevole dei limiti della pellicola: Le sorelle Macaluso è un film sul tempo. Sulla memoria. Sulle cose che durano. Sulle persone che restano anche dopo la morte. È un film sulla vecchiaia come traguardo incredibile della vita. Il secondo viene dal Sol Levante e ha suscitato grande entusiasmo(RECENSIONE). Il titolo è emblematico SPY NO TSUMA (WIFE OF A SPY) di KIYOSHI KUROSAWA. Vi lasciamo alla lettura delle impressioni di Marina riportando quanto ha detto il regista: Ambientato in una città della campagna giapponese, durante il periodo angosciante e terribile della guerra, il film narra la lotta di una coppia per superare la sfiducia e restare fedele al proprio amore l’uno per l’altra. Si tratta del mio primo film ambientato nel passato. Muovendomi in un contesto storico e sociale già determinato, ho avuto modo di fare delle riflessioni molto interessanti mentre immaginavo quanto le persone dovessero sentirsi tormentate quando pensavano a cosa le aspettava in futuro.
Purtroppo il terzo film ha avuto una stroncatura netta (RECENSIONE) e ci dispiace che venga da una cinefila esperta di filmografia dei lingua tedesca. Parliamo di UND MORGEN DIE GANZE WELT (AND TOMORROW THE ENTIRE WORLD) di JULIA VON HEINZ/ Germania, Francia Peccato perché c’erano tutte le buoni intenzioni dell’autrice: L’estrema destra è spinta dalla paura e dall’odio. Per gli attivisti di sinistra l’idea è quella di un mondo dove regnino pace e uguaglianza. Ma come è possibile conquistarle?
Pure alle battute finali #VENEZIA77 –ORIZZONTI con due pellicole d’autore e di cinema sperimentale. La prima SELVA TRÁGICA di YULENE OLAIZOLA/ Messico, Francia, Colombia. Siamo nel cuore della giungla maya, un territorio senza legge dove abbondano i miti, un gruppo di uomini addetti all’estrazione della gomma si imbatte in Agnes, una misteriosa giovane beliziana. Cosa imperson, come è uso in pellicole dell’america latina il simbolismo ha il sopravvento e lo viene calato in un ambiente ostile. Per la regista La giungla è un essere vivente tormentato da quegli uomini che cercano di usurpare i suoi tesori; la sua vendetta assume forme diverse e si avvale di piante velenose, sciami di zanzare, belve, e dei sortilegi di creature misteriose . Il secondo sempre da terre lontane ZHELTAYA KOSHKA (YELLOW CAT) di ADILKHAN YERZHANOV/ Kazakistan, Francia Ambientato nella steppa kazaka questa piece teatrale tragico comica sulla libertà nel paese che dopo lo sgretolamento dell’Unione Sovietica cerca ancora un suo equilibrio. I toni accesi della fotografia ne fanno una perla di nuovo cinema che avanza.
Terminiamo questa cronaca con un doc presentato a #VENEZIA77 FUORI CONCORSO – NON FICTION che ci presenta il genio italiano Felliniano invidiatoci da tutti dal punto di vista di chi ha scommesso su di lui: Giuseppe Amato. Si tratta di LA VERITÀ SU LA DOLCE VITA di GIUSEPPE PEDERSOLI Italia Siamo nel 1958 quando Federico Fellini attraversa un periodo professionale complicato. Ha già vinto due Oscar per La strada e Le notti di Cabiria, ma nessuno vuole produrre il suo nuovo progetto: una storia intitolata La dolce vita. Soltanto Giuseppe Amato, già produttore di capolavori come Umberto D., Francesco Giullare di Dio, Don Camillo, comprende la straordinarietà del soggetto. Amato sembra l’unico a capire che quello che ha tra le mani è un capolavoro.
Peppino Amato grande amante del cinema del dopoguerra ha un chiodo fisso: vuole produrre la Dolce Vita. Ma prima di tutto c’è da superare un ostacolo: i diritti detenuti da Dino De Laurentis. Ci riesce barattando la produzione di un altro film capolavoro: La Grande Guerra!
Il doc si basa sul rapporto epistolare quotidiano tra Felllini e Rizzoli e Amato dove man mano le spese correvano e divenivano insostenibili. La narrzione è condotta da Mario Sesti con musiche di Nino Rota. Insomma un doc imperdibile per i cinefili.
La nostra avventura veneziana termina con due pellicole passate nelle szioni collaterali. La prima alla 17ma Giornate degli AUTORI. Si tratta di MA MA HE QI TIAN DE SHI JIAN (MAMA) di Li Dongmei – opera prima Cina, che ci racconta con toni bucolici i ricordi della dodicenne e la memoria della sua estate al villaggio – Mama racconta sette giorni in un villaggio della Cina rurale degli anni Novanta. Non mancano certo le gioie per le nascite, ma anche il dolore per le perdite: fanno parte della vita. Invece dalla 35 Settimana Internazionale della Critica sic arriva un racconto dai toni tragici nella tradizione del suo curatore Giona Nazzaro. Si tratta di 50 OR TWO WHALES MEET AT THE BEACHdi Jorge Cuchí. Messico, 122’ – film nerissimo e follemente lirico è la storia d’amore di due adolescenti con tendenze suicide che decidono di giocare insieme finché morte non li separi.