
Le Sorelle Macaluso di Emma Dante è un opera incompiuta – la recensione di Marina
(da Venezia Marina Pavido – Le foto sono pubblicate per gentile concessione della Biennale)
Le Sorelle Macaluso è il secondo lungometraggio della celebre regista teatrale Emma Dante, tratto da una sua omonima pièce e presentato a #VE77 CONCORSO.
Maria, Pinuccia, Lia, Katia e Antonella sono cinque sorelle che vivono all’ultimo piano di una palazzina all’estrema periferia di Palermo. Senza genitori, le ragazze riescono a tirare avanti grazie a un allevamento di piccioni all’interno della mansarda del loro palazzo. Un giorno d’estate, le cinque decidono di andare al mare. Tutto sembra perfetto, finché un evento improvviso e inaspettato cambia le loro vite per sempre.
Tre capitoli – infanzia, età adulta e vecchiaia – dunque, per cinque storie di cinque donne legate l’una all’altra da profondi rapporti d’amore non privi di aspri conflitti. Cinque donne che si incontrano e si scontrano con la vita, spesso troppo impietosa. Cinque donne e una casa – trattata, qui, alla stregua di un vero e proprio personaggio – che muta con il passare del tempo, parallelamente a quanto accade ai corpi delle cinque protagoniste. Una casa che, man mano che gli anni passano, vede volare via un numero sempre maggiore di piccioni e che, insieme agli oggetti che hanno arricchito la vita delle cinque sorelle, si vede progressivamente svuotata anche dei mobili che l’avevano caratterizzata.
Un lavoro dalle enormi potenzialità, il presente Le Sorelle Macaluso. Ma è davvero sufficiente una scarsa ora e mezza a caratterizzare cinque personaggi dalle potenzialità così grandi? Ovviamente no. Ed è proprio questo, forse, il problema principale di questa ultima fatica di Emma Dante: lasciare allo spettatore, al termine della visione, una fastidiosa sensazione di incompiutezza. Vorremmo saperne tutti molto di più su queste cinque diverse personalità che, qui, ci vengono appena abbozzate. Maria sogna di diventare ballerina. Pinuccia è la più seducente delle cinque. Lia è la ribelle e continua a scontrarsi con Pinuccia. Katia sembra destinata ad appianare i conflitti, mentre la piccola Antonella è benvoluta da tutte, considerata quasi la mascotte del gruppo.
Se, dunque, fosse stato dedicato minor spazio ai frequenti – e spesso ridondanti – flashback e maggior attenzione alle protagoniste, forse il risultato sarebbe stato ben più soddisfacente. E di certo ci saremmo sentiti ancor più coinvolti dalla storia. Una storia in cui tutto sembra succedere troppo in fretta, in cui non si fa in tempo ad ambientarsi in una determinata situazione che il contesto cambia nuovamente. Un lavoro che ci fa pensare al fatto che Emma Dante ha, purtroppo, ancora qualche difficoltà ad adattarsi alla scrittura cinematografica.
Marina Pavido