SPECIALE #FestivalDeiPopoli#60 #2 – 2/9 Novembre 2019: (DAYS 2/7) – I migliori Film visti al 60/mo Festival dei Popoli

(da Firenze Luigi Noera – Le foto sono pubblicate per gentile concessione del Festival dei Popoli)

La prima italiana del documentario “Cunningham 3D” di Alla Kovgan, sul leggendario ballerino e coreografo americano, con rare immagini d’archivio e le vicende di alcuni stranieri in cerca di una nuova vita in Val Pellice, Piemonte, nel documentario di Tomaso Clavarino, “Ghiaccio” sono le ottime premesse di questa edizione a tutto tondo del Festival .

Cunningham 3D è un poetico documentario che ricorre nel centenario del leggendario coreografo, ripercorre l’evoluzione artistica di Cunningham nell’arco di tre decenni densi di rischi e scoperte (1944-1972) a partire dai primi anni come ballerino che lotta per affermarsi nella New York del dopoguerra, fino a quando si impone come uno dei coreografi più visionari e influenti del mondo. Grazie alla tecnologia 3D la filosofia e le vicende di Cunningham vengono intrecciate, dando luogo a un percorso in profondità all’interno del mondo del coreografo.

Per il Concorso Italiano “Ghiaccio” è il documentario d’esordio di Tomaso Clavarino, ambientato in Val Pellice, provincia di Torino, una valle che come tante si sta spopolando e in cui, negli ultimi anni sono arrivati a vivere decine, centinaia, di richiedenti asilo che provano a costruirsi una vita nuova. Il doc segue le vicende di sei ragazzi che fanno parte dell’unica squadra Europea di curling composta interamente da richiedenti asilo. Riuscirà un elemento del tutto nuovo come il ghiaccio, ad aiutarli a trovare una collocazione nella loro nuova vita?

Ma anche il mastodontico Il funerale di Stalin con rare immagini d’archivio, una amicizia legata dal parkour tra Gaza e Firenze e la storia di una transazione dal femminile al maschile vengono proposti in questa interessante edizione.

La retrospettiva al maestro Sergei Loznitsa, alla sua presenza, con l’imponente State funeral che con filmati d’archivio inediti mostra il funerale di Stalin, in una nuova macchina del tempo e del ritmo che attraverso l’analisi del grande apparato della propaganda sovietica “aggredisce” e interpella lo spettatore di oggi. Il documentario è stato presentato fuori concorso alla 76/esima Mostra Internazionale d’Arte Cinematografica di Venezia. La notizia della morte di Stalin, il 5 marzo 1953, fu uno shock per l’intera Unione Sovietica. La cerimonia della sepoltura fu seguita da decine di migliaia di persone a lutto. Il documentario ricostruisce le fasi del lutto, descritto dalla Pravda come “il Grande Addio”, facendo accedere all’esperienza spettacolare e assurda della vita e della morte nel regno di Stalin. Il film evidenzia – si legge in una nota diffusa sul festival – che il culto della personalità di Stalin era una forma di illusione indotta dal terrore. Approfondisce la natura del regime e della sua eredità che ancora perseguita il mondo di oggi.

Il regista Emanuele Gerosa con One More Jump racconta di Jehad e Abdallah, due atleti di parkour, dalle grandi doti acrobatiche, divisi dal destino e oggi separati dal Mediterraneo. Jehad è ancora nella nativa Gaza, allena la nuova generazione del Gaza Parkour Team e si arrovella per ottenere il passaporto. Abdallah vive e si allena a Firenze. One More Jump è il ritratto, doppio e speculare, di due esistenze difficili in cui sogni e speranze – ingredienti essenziali della gioventù – vengono messi a dura prova dai vincoli di un mondo in cui l’unica libertà.

Per il Concorso Italiano in prima mondiale, “Un uomo deve essere forte” l’esordio alla regia per Ilaria Ciavattini e Elsi Perino. È il primo film documentario in Italia che racconta una transizione FtM lungo la durata del percorso, mostrando col corpo e sul corpo la potenza di uno stravolgimento prima di tutto identitario. Il progetto infatti è in lavorazione da novembre 2015, quando Jack ha iniziato il suo cambiamento.

Quello che ha attirato la nostra attenzione è il Doc sulla più grande discarica di rifiuti elettronici del pianeta nella prima italiana di “Welcome to Sodom”. Invece risulta didascalico il documentario “Mister Wonderland” di Valerio Ciriaci che da Lucca agli Stati Uniti offre un omaggio al CINEMA.

Documentario apocalittico “Welcome to Sodom”, ambientato in Ghana, nella più grande discarica di rifiuti elettronici del pianeta, destinazione finale dei nostri smartphone e dei nostri computer, dei registi Florian Weigensamer e Christian Krönes, l’evento speciale della quinta giornata della 60esima edizione del Festival dei Popoli, in programma mercoledì 6 novembre, alle 21 al cinema La Compagnia (la proiezione è in collaborazione con Fondazione Finanza Etica). I registi ci portano ad Accra, in Ghana, nella più grande discarica di rifiuti elettronici del pianeta. L’ambientazione apparentemente apocalittica è, per coloro che vivono lì, un luogo pieno di prospettiva. Non c’è alcun segno di quel sentimento di “fine dei giorni”, anzi il contrario. Nella speranza di un futuro migliore hanno convertito la discarica in un luogo pieno di vita e “alzati e vai”. Tutti qui a Sodoma vivono in un modo o nell’altro a causa delle benedizioni dell’era dei computer, molti muoiono per colpa loro. Il film ritrae le persone la cui esistenza e vita quotidiana non è solo formata dalla tecnologia moderna ma minacciato anche da questo.

Mister Wonderland” diretto da Valerio Ciriaci e scritto insieme allo storico del cinema Luca Peretti, racconta l’incredibile storia di Sylvester Z. Poli, un artigiano di umili origini che a fine Ottocento emigrò da un paesino della lucchesia agli Stati Uniti, dove divenne il più grande impresario teatrale e cinematografico del suo tempo.

Non poteva mancare un documentario sulla  Siria vista dagli occhi del personale medico dell’ospedale di Ghouta con “The Cave” e per il Concorso Internazionale, tra gli altri, la regista Mary Jimenez presente per By the name of Tania, documentario sulla “prostituzione” in Perù.

Al Ghouta, Syria – Dr Amani amongst rubble. (National Geographic)

“The Cave” del regista Feras Fayyad, sulla Siria oggi, vista dagli occhi del personale medico dell’ospedale di Ghouta, che porta avanti i propri compiti in condizioni che vanno oltre ogni immaginazione. Da Feras Fayyad (già nomination agli Oscar per il suo Last Men in Aleppo) arriva un toccante racconto di guerra e resistenza vincitore del Premio del Pubblico al Toronto Film Festival. Nell’ospedale siriano di Ghouta il personale medico e paramedico porta avanti i propri compiti in condizioni che vanno oltre ogni immaginazione. Ambulatori e sale operatorie, interamente sotterranei per resistere ai bombardamenti, sono angusti e perennemente affollati, i medicinali sono terminati e il cibo scarseggia. Tra le tante figure, emerge la giovanissima direttrice dell’ospedale, che guida il proprio team attraverso ogni tipo di difficoltà, non ultimo il preconcetto che una donna non debba avere simili occupazioni. Il suo volto, segnato dalla fatica ma illuminato dalla forza di volontà, è l’emblema di un’umanità che ha deciso di mantenersi tale aprendo le proprie porte a tutti, tranne che alla brutalità.

By the name of Tania di Bénédicte Liénard, Mary Jiménez è, come dice il titolo, un film che parla “a nome di”, e al tempo stesso “per mezzo di”; un film che raccoglie voci, testimonianze, tracce di esperienze collettive. Le esperienze sono quelle di tante ragazze peruviane costrette a prostituirsi mentre sono alla ricerca di condizioni migliori di vita. Le parole e i pensieri di Tania, il personaggio creato nel film, sono il risultato del montaggio dei loro pensieri, delle loro preoccupazioni, desideri, sogni, paure.

Il Festival si è chiuso con Bob Dylan nel documentario d’archivio “Dont Look Back”  di D.A. Pennebaker.

Il documentario “Dont Look Back” di D.A. Pennebaker, del 1967, selezionato dall’archivio del Festival dei Popoli, è stato prodotto da John Court e Albert Grossman (l’impresario già manager del cantautore Bob Dylan), distribuito dalla Docurama. Girato in bianco e nero, con una durata di poco più di un’ora e mezzo, il documentario si basa essenzialmente sulla tournée di concerti che Bob Dylan tenne nel Regno Unito nel 1965.  “È uno dei ritratti – si legge in una nota diffusa nel catalogo del festival – più radicali ed eccedenti di Bob Dylan. Il film è la ‘quintaessenza’ dello stile filmico di D.A. Pennebaker”, regista scomparso proprio quest’anno.

Segnaliamo infine che il Focus sul maestro Sergei Loznitsa oltre alla Masterclass ha avuto un interessante Q&A dopo la proiezione del suo unico lungometraggio di Fiction In the Fog di cui in appresso potete rivedere le parti salienti sul nostro canale YOUTUBE:

 

 

 

A questo punto non resta che attendere il verdetto della Giuria Internazionale e naturalmente del pubblico di MyMovies.

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