Doppio scivolone di Alice Rohrwacher grazie ai quali riceve il Palmares per la sceneggiatura a Cannes

E’ arrivato nelle sale italiane il film di Alice Rohrwacher, presentato in concorso alla 71° edizione del Festival di Cannes, dove ha vinto la Palma d’Oro alla Miglior Sceneggiatura, ex aequo con Three Faces di Jafar Panahi.

Abbiamo da subito tacciato di furbate Lazzaro felice e ci dispiace che il doppio scivolone venga da una regista che è tra le giovani speranze italiane. Non c’è paragone con il rigoroso regista iraniano che condivide con Alice il premio.

Ma veniamo alla trama che racconta del giovane Lazzaro, non ancora ventenne, il quale vive insieme alla numerosa comunità e lavora come contadino a servizio di una nobildonna. La proprietaria terriera sfrutta gli ignari e poco istruiti contadini, costringendoli a vivere come schiavi, senza che sappiano nulla di come vadano le cose al di fuori della campagna in cui vivono. Nel momento in cui le autorità si accorgeranno di tale situazione, saranno tutti finalmente liberati, ma non sarà affatto facile adattarsi alla vita al di fuori del loro piccolo mondo.

Poteva essere un tema potente di sempre, metafora della società di ieri e di oggi, dei giochi di potere effettuati da padroni, datori di lavoro e banche, ma anche dell’ultimo secolo della storia non solo della nostra Italia. Particolarmente interessante, a tal proposito, è l’ambientazione: durante le prime scene, girate all’interno del casolare di campagna con atmosfere che omaggiano il cinema di Ermanno Olmi. Eppure, nella universalità del tema trattato vi elementi che rimandano all’epoca contemporanea. La cosa si fa maggiormente evidente nel momento in cui i carabinieri fanno irruzione in quel piccolo mondo fuori dal tempo, riportandoci immediatamente ai giorni nostri. Il tutto resta comunque volutamente ambiguo, dal punto di vista spazio-temporale e, unitamente a piccole caratteristiche dei protagonisti e dello stesso Lazzaro, assume un carattere  surreale, di magico, addirittura di onirico.

E poi c’è il giovane Lazzaro, interpretato da un esordiente Adriano Tardiolo, sempre sereno, sorridente, sembra non desiderare mai nulla per sé, ma, al contrario, sembra vivere solo affinché agli altri possa fare del bene. Una sorta di santo che non fa miracoli e che vedrà nella figura di Tancredi – figlio della nobildonna per cui lavora – il suo primo, vero amico. Un amico che non smetterà mai di cercare per tutta la vita.

E così, questo complesso lavoro della Rohrwacher – realizzato rigorosamente in pellicola – è riuscito a conquistare anche il pubblico di Cannes. Come mai? Ebbene c’è da ricordare che le due scene anticlericali inserite volutamente e non risolutive per la narrazione lo sono per l’audience che ha anche ahimè colpito favorevolmente la giuria di Cannes politically correct diretta da Cate Blanchett.

Non ce ne voglia Alice, ma film siffatti non aiutano la nostra cinematografia a crescere.

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