SPECIALE #VENEZIA76 #8 – 27 AGOSTO/7 SETTEMBRE 2019: (DAY 5) Wasp Network di Olivier Assayas – la recensione di Marina Pavido

(da Venezia Luigi Noera con la gentile collaborazione di Marina Pavido e Annamaria Stramondo- Le foto sono pubblicate per gentile concessione della Biennale ASAC)

Olivier Assayas ci offre una visione distaccata dei fatti portati in scena

Presentato in concorso alla 76° Mostra d’Arte Cinematografica di Venezia, Wasp Network è l’ultima fatica del cineasta francese Olivier Assayas.

Ambientato in una Cuba degli anni Novanta, Wasp Network (basato su una storia realmente accaduta) vede protagonista René Gonzalez (impersonato da Edgar Ramirez), stimato pilota di linea cubano che decide di disertare – abbandonando la moglie (Penelope Cruz) e la figlia – per recarsi a Miami e collaborare con un gruppo di altri dissidenti cubani, con lo scopo di destabilizzare il regime di Fidel Castro.

Abbandonando per un attimo, dunque, un pur sempre gradito andamento dalle venature del giallo (psicologico e non) o l’inconfondibile impronta del cinema d’Oltralpe, Assayas si è trasferito momentaneamente dall’altra parte dell’oceano per mettere in scena un importante capitolo dei decenni scorsi senza dimenticare la componente umana, con un riuscito focus su ognuno degli attivisti e sulle loro vite private. Ed è forse proprio questo il fattore che maggiormente differenzia un prodotto come Wasp Network dagli innumerevoli lavori del genere in cui a essere messe sotto i riflettori sono quasi esclusivamente le questioni riguardanti la politica nazionale e internazionale.

E se la cosa in sé sembra complessivamente funzionare è merito soprattutto di una sceneggiatura di ferro (in questo, bisogna riconoscerlo, Assayas è sempre stato un maestro) che non teme frequenti salti spazio-temporali in cui i flashback sono assai frequenti, ma che, tuttavia, non risultano mai talmente eccessivi da risultare gratuiti o da confondere lo spettatore. Se a tutto ciò aggiungiamo anche una buona caratterizzazione dei personaggi, una regia (serve dirlo?) pulita e priva di fronzoli e un buon andamento narrativo, ecco che gli ingredienti per un lavoro compiuto a dovere vi sono tutti. In poche parole, una confezione (quasi) perfetta. Troppo? Decisamente sì.

Malgrado, infatti, la complessiva buona riuscita dell’intero lungometraggio, al termine della visione Wasp Network non soddisfa appieno. Colpa, molto probabilmente, di un approccio registico non ancora abituato a rapportarsi a storie del genere, colpa, forse, di un eccessivo distacco da parte del regista stesso nel mettere in scena le vicende sopracitate o, ancora più probabile, colpa del fatto che il pubblico, solitamente, è portato ad aspettarsi da Assayas molto ma molto di più. La nostalgia, dunque, per quel cinema che lo ha reso grande si fa sentire palpabile e, più che altro, si ha l’impressione di trovarsi di fronte a un lavoro quasi impersonale, decisamente sterile, in cui il distacco con cui vengono messi in scena i fatti risulta indubbiamente la pecca maggiore.

Marina Pavido

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