Due Amici ovvero il triangolo perfetto di Louis Garrel – la recensione di Marina Pavido

Se appena pochi mesi fa ha avuto grande successo in sala il lungometraggio L’Uomo fedele, opera seconda dell’attore e regista – nonché figlio d’arte – Louis Garrel, ecco arrivare nelle sale italiane, il 4 luglio, anche la sua opera prima, ossia Due Amici, realizzato nel 2015.

Rispecchiando appieno i canoni del cinema post nouvellevaguista, Due Amici racconta, di fatto, un tenero e tormentato triangolo amoroso. Il triangolo amoroso che si viene a creare tra il timido e impacciato Clément (Vincent Macaigne), il suo amico di sempre Abel (lo stesso Louis Garrel) e la bella e misteriosa Mona (Golshifteh Farahani), la quale di giorno lavora come commessa presso una panetteria alla Gare du Nord, mentre alla sera fa ritorno in carcere, dove sta finendo di scontare una pena. Sarà soltanto dopo aver perso un treno della sera che la ragazza, in compagnia dei due amici, riscoprirà l’amore per la vita e l’importanza della libertà.

E se, dunque, analogamente a quanto ha fatto suo padre – il grande regista Philippe Garrel – Louis ha da sempre prestato molta attenzione ai rapporti di coppia e, più in generale, interpersonali, anche in questa sua interessante opera prima non esita a indagare sui complessi legami amorosi e di amicizia instauratisi tra i tre protagonisti. E la cosa in sé, pur nella sua complessità, risulta alquanto riuscita.

Due Amici è, di fatto, un piccolo prodotto tenero e delicato, dai chiari echi truffautiani (impossibile non pensare, su tutto, al bellissimo Jules et Jim, del 1962), che funziona principalmente grazie anche a una macchina da presa che mai si stacca dai tre protagonisti e dai loro volti, regalandoci ogni volta intensi primi piani e rendendosi perfettamente in grado di scavare nei loro animi, per un risultato finale con una ben marcata personalità e un gradito gusto rétro che, da che mondo è mondo, non guasta mai.

Marina Pavido

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