Annabelle 3 di Gary Dauberman non convince ma provoca una vittima in sala – la recensione di Marina Pavido

Nelle sale italiane dal 3 luglio, Annabelle 3 – per la regia di Gary Dauberman – è l’ultimo capitolo della fortunata saga cinematografica ispirata alla coppia di demonologi Ed e Lorraine Warren e alle loro vicende con l’ormai celeberrima bambola Annabelle.

I personaggi li conosciamo quasi tutti. Ed e Lorraine Warren decidono di portare la bambola Annabelle a casa loro, al fine di tenerla al sicuro rinchiusa dentro una teca all’interno del loro Museo dell’Oscuro. Una volta allontanatisi da casa ed avendo lasciato la loro bambina insieme alla babysitter, accadrà, purtroppo, l’inevitabile: un’amica della suddetta babysitter aprirà per curiosità la teca in cui è contenuta Annabelle e tutte le persone presenti in casa – compreso un loro amico trovatosi lì per caso – verranno minacciate da oscure presenze.

Gli ingredienti per un gustoso slasher dal gradito sapore rétro, dunque, sembrano esserci davvero tutti. Riuscirà Dauberman a sfruttarli tutti a dovere? La risposta, purtroppo, non si farà attendere molto: assolutamente no. Se, infatti, è vero che, nel momento in cui ci si trova all’interno di una casa in balia di pericolose forze oscure, possono accadere le cose più impensabili, è anche vero che il regista, lavorando principalmente di effetti sonori, con qualche apparizione di gente morta qua e là che a stento riesce a provocare qualche accennato salto sulla poltrona, ha dimostrato soltanto una grande, grandissima difficoltà a portare a termine un prodotto dalla sceneggiatura eccessivamente debole e pericolosamente prevedibile, che nulla aggiunge e nulla toglie a quanto già ampiamente realizzato in passato, stando a dimostrare, al contrario, una sterile povertà di idee.

Il problema principale di un lungometraggio come Annabelle 3, di fatto, sta proprio nel trascinarsi stancamente fino alla fine, rivelandosi un prodotto superfluo e totalmente inutile a concludere una già di per sé debole saga. E se necessità produttive hanno ritenuto opportuno che ai due prodotti della serie ne venisse aggiunto anche un terzo, al termine della visione si ha come l’impressione che il tutto sia stato realizzato in modo frettoloso e a tratti meccanico, senza che nessuno – regista compreso – credesse realmente in ciò che si stava facendo.

Marina Pavido

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