SPECIALE #CANNES72 #5- 14/25 MAGGIO 2019 (DAYS 2&3)

Ken Loach si confronta con opere prime e le animazioni su Kabul forano lo schermo

Dopo l’apertura con l’ultimo film di Jim Jarmusch sul tappetto rosso viene presentata dalla Francia l’Opera prima LES MISÉRABLES di Ladj LY, che mostra in maniera didascalica le balienu parigine viste dal punto di vista dei poliziotti della securitè francese. Due poliziotti da tempo in servizio prendono in carico l’addestramento di un collega appena trasferito dalla provincia. Nella capitale le contraddizioni socioculturali dei ghetti neri africani sono palpabili anche nei confronti delle minoranze europee come ad esempio i circensi zingari con il loro fardello di odio verso la maggioranza della locale comunità africana. Ma è anche la ribellione dei giovani neri verso le “autorità non istituzionali” in combutta con l’autorità costituita. La decisione ultima del giovane protagonista di vendicarsi della violenza subita e rimasta impunita è lasciata alla fantasia dello spettatore in un crescendo di violenza tra gli ultimi contro gli ultimi. Invece dal Brasile BACURAU di Kleber MENDONÇA FILHO & Juliano DORNELLES. Una storia di una comunità indigena che per la sopravvivenza deve imitare gli avi cacciando letteralmente le teste dei nuovi invasori. Una denuncia antropologica e ambientalista su quello che succede oggigiorno nel Continente Sud Americano. Forse troppi gli argomenti affrontati che distraggono lo spettatore alle prese con un linguaggio cinematografico quasi perfetto. Atteso l’ultimo film di Ken LOACH dal titolo SORRY WE MISSED YOU. Il regista inglese dall’alto della sua esperienza denuncia, anzi prosegue la denuncia iniziata con il precedente film, tra l’altro vincitore proprio a Cannes. Nel precedente viene messa sotto accusa l’assistenza sociale del Regno Unito con i suoi modi di assistenza burocratici e disumani e messa in luce l’empatia tra gli ultimi sussidi di Sua Maestà la Regina. Qui si affronta la questione dei nuovi schiavi in balia dele multinazionali autrici di quella tanta decantata globalizzazione. Si parla di delivery e logistica portata alle estreme conseguenze. Ma si parla anche di Famiglia e di assistenza domiciliare degli anziani. Qui il regno è del dio denaro che come in un tritacarne distrugge le relazioni parentali. E si arriva all’assurdo che la più piccola di casa debba farsi carico della conduzione familiare e di mediare fra i vari componenti. Ken Loach però non ha ricette e in questo film il finale in un certo senso è pessimista nei confronti di una società globalizzata dove tutti siamo schiavi. Ma questo lo aveva purtroppo già previsto Bazin nel suo trattato La società dello spettacolo con la sua convinzione che i mezzi di produzione, ossia gli esseri umani, producono per potere poi consumare. Infatti domandiamoci se non almeno una volta abbiamo utilizzato canali di acquisto on line dove si risparmia, ma che purtroppo sono fonte di dolore e sfruttamento per altri. Come abbiamo detto Loach affronta il tema della Famiglia che in questo festival ha un posto importante come vedremo in altri titoli di film presenti sia nel cConcorso che a Un Certain Regard ma anche nelle due sezioni autonome.

Sempre in concorso una giovane regista Mati DIOP che con ATLANTICS torna alle sue origini ancestrali africane. La giovane protagonista Ada deve affrontare la questione del matrimonio con un giovane Omar di famiglia agiata che gli potrebbe offrire una vita migliore di quella della famiglia di origine. Gli ingredienti per un buon film ci sono tutti: una bella ragazza, un pretendente ricco e lo squattrinato amante. Le idee ci sono, il linguaggio cinematografico con i colori del paese di origine (Senegal) pure, ma manche una certa esperienza soprattutto nella sceneggiatura che non è del tutto risolta.

Il film scelto per l’apertura della selezione Un Certain Regard è A BROTHER’S LOVE della regista canadese Monia CHOKRI la quale con questa Opera prima mette in risalto un certo genere di commedia che poco si adatta ad una selezione festivaliera. Il tema è quello della famiglia, ricorrente in questa edizione di Cannes come avremo modo di riferire nel seguito.

L’altra Opera prima proviene dagli USA. Ci riferiamo a BULL della nuova promessa Annie SILVERSTEIN che in un racconto corale di una comunità texana ci racconta alla maniera di Roberto Minervini, ma con una fiction il mondo degli ultimi in quella parte degli USA.

Il primo dei film di animazione è lo struggente THE SWALLOWS OF KABUL di Zabou BREITMAN Eléa GOBBÉ-MÉVELLEC. Le rondinelle ai tempi dei talebani sono le donne coraggio di Kabul che non si tirarono indietro davanti alle atrocità del regime islamico dopo l’invasione dei russi negli anni ’80. L’animazione prende corpo su frame di acquarello nei quali è racchiuso la sofferenza di un popolo con tradizioni culturali radicate. Il finale racchiude un sentimento di riscossa di antico popolo che si è trovato, e si trova tuttora a lottare per la libertà.

Un ritorno tanto atteso è poi quello del cineasta russo Kantemir BALAGOV che presenta BEANPOLE, una mastodontica opera che trova la sua essenza nel rigido canone cinematografico russo e tratta delle conseguenze sulle ceneri della II Guerra Mondiale nella Unione Sovietica di Stanlin. Come sappiamo il tributo in termini di vite umane fu di decine di milioni di uomini, ma ancor più drammatiche furono le conseguenze su una società fatta soprattutto di giovani donne a cui furono strappate come carna di macello le vite dei loro uomini. Se un paragone è possibile è quello dei reduci dell’armata americana in Vietnam. Nelle oltre due ore di proiezione sono tanti i personaggi tra cui anche una voce di fondo radiofonica

Hors Compétition

Fuori Concorso un documentario sulla guerra civile in Siria dal punto di vista degli abitanti di Aleppo, solo da poco liberata dall’ISIS. Si tratta di FOR SAMA di Waad Al KATEAB & Edward WATTS. La narrazione in prima persona di una filmaker che insieme al marito medico dell’unico ospedale civile di Aleppo ha resistito dal 2011 (anno della rivoluzione nel mondo arabo) sino a due anni fa alla necessità di espatriare. I suoi due figli sono nati ad Aleppo e conoscono solo il deflagare delle bombe. Una domanda viene spontanea: ma perché non c’è alcuno accenno alle nefandezze dell’ISIS? Questo DOC insieme a tanti altri è un altro tassello utile a comprendere il perché dei flussi migratori di civili dalle parti del mondo che sono in Guerra.

La sezione autonoma QUINZAINE si è inaugurata con Le Daim (Deerskin) di Quentin Dupieux (Francia) / WP . Un messa in scena particolare dove il protagonista è un abbigliamento ricavato dalla pelle di daino. Un racconto dell’assurdo dove alla fine il daino si prende la rivincita con l’incidente di caccia occorso all’uomo cacciatore che perde la vita. Sempre dalla stessa sezione And Then We Danced di Levan Akin (Svezia, Georgia, Francia) / WP. Una storia ambientata in Georgia dove c’è una forte tradizione della scuola nazionale di ballo. La scuola rappresenta l’identità culturale del popolo georgiano che ai tempi dei Soviet venne sottoposto alla Dittatura del Popolo. La nazione georgiana sconta infatti 50 anni di USSR. Nel film viene affrontatoa la questione omofoba nel racconto intimo di due ballerini della Accademia Nazionale di danza.

Per la 58^ Semaine de la critique abbiamo scelto il Film d’apertura: Litigante, Opera seconda di Franco Lolli. Un racconto autobiografico del regista che insieme alla madre affronta la malattia della stessa con un approccio di super IO. Ma sappiamo bene che la natura fa comunque il suo corso anche se ogni mattina sorge il sole.

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