SPECIALE #CANNES71 #11 – 8/19 MAGGIO 2018 (DAY 12): In attesa dei Palmares

(da Cannes Luigi Noera – Le foto sono pubblicate per gentile concessione del Festival de Cannes)

I Premi collaterali sono stati assegnati al potente film libanese che è il più bello di #CANNES71

In attesa della cerimonia di chiusura durante la quale saranno assegnati i Palmares e seguita dalla proiezione Film di chiusura Fuori Concorso THE MAN WHO KILLED DON QUIXOTE di TERRY GILLIAM di cui fino all’ultimo era incerta la proiezione a causa di una lite con la produzione, sono stati assegnati i premi collaterali che tuttavia danno il polso della situazione. Innanzitutto parliamo del film danese GIRL che, dopo il riconoscimento al protagonista dalla Giuria guidata da Benicio del Toro, riceve dalla Federazione Internazionale dei Critici il Premio FIPRESCI tra quelli della Selezione UN CERTAIN REGARD. Questo conferma ancora una volta che la scelta di una sceneggiatura sulle diversità è sempre vincente. Ben inteso che il film è abbastanza noioso e ripetitivo e vedremo quale sarà il suo percorso dopo Cannes. E’ molto delicata la storia che LUKAS DHONT presenta in GIRL. Ci parla di Lara , una quindicenne che sebbene sia nata con il corpo di maschio sogna di diventare ballerina professionista. Sostenuta dal genitore in questo suo sogno Lara si rende conto presto che il suo corpo purtroppo non è adatto al suo sogno. Questo film come altri ci parla delle diversità e dei conflitti interiori con tale delicatezza senza cadere in quei stereotipi urlati che invece di perorare la causa ottengono l’effetto contrario.

Questa mattina è stato poi assegnato il nuovo premio istituito quest’anno PRIX de la Citoyenneté offerto dall’Associazione Clap Citizen Cannes che è andato al potente film libanese CAPERNAUM della giovane Nadine LABAKI che è il miglior film visto insieme a DONBASS e YOMEDDINE. La giuria è stata guidata dal Presidente Abderrahme SISSAKO che amiamo molto per il suo impegno dei diritti umani Sempre in ambito dei riconoscimenti FIPRESCI  sono stati premiati il coreano BURNING e l’ungherese ONE DAY presentato alla Semaine de la Critique. Infine la Giuria ecumenica ha premiato di nuovo la libanese Nadine LABAKI con una menzione speciale al Spike Lee ed il suo film politico BLACKKLANSMAN. E’ la storia di Ron Stallworth, un poliziotto afro-americano che riuscì a entrare a far parte del Ku Klux Klan e sventare un attentato ai danni della Presidente del Black Power. Ci sono tanti rimandi alla politica dissennata di Trump come ad esempio AMERICA FIRST. Ma è anche una storia di integrazione e non di contrapposizione. Se un premio merita possiamo dire che i due protagonisti Adam Driver e JOHN DAVID WASHINGTON possono aspirare alla Palma d’argento. Ron Stallworth è un ufficiale di polizia afro-americano del Colorado il quale riesce a infiltrarsi con successo nel clan locale del Ku Klux Klan fino al punto da diventarne uno dei seguaci più importanti.

A questo punto facciamo qualche previsione per la serata finale con i primi cinque film che riteniamo meritevoli in ordine di gradimento.

Nadine LABAKI CAPERNAUM

A.B SHAWKY YOMEDDINE  – opera prima

Matteo GARRONE DOGMAN

KORE-EDA Hirokazu SHOPLIFTERS

JIA Zhang-Ke ASH IS PUREST WHITE

Ma partiamo dal giovane regista A. B. SHAWKY alla sua prima esperienza con un toccante lungometraggio YOMEDDINE dai toni di road movie ci mostra le diversità ed il senso di solitudine che ne consegue. I due protagonisti sono un anziano lebbroso copto ed un ragazzino nubiano orfano tra i quali c’è un rapporto empatico che li accomuna. Da sempre hanno vissuto ai margini della società egiziana senza mai uscire dal recinto dove sono relegati dalla società civile che li vede come diversi e quindi non graditi. I due lasciano per la prima volta i confini del lebbrosario e intraprendono un viaggio attraverso l’Egitto per cercare ciò che resta delle loro famiglie, scoprendo una società civile diversa da quella che immaginavano.

Per la cinematografia orientale il regista cinese JIA ZHANG-KE ci presenta una storia d’amore ma anche l’ascesa, e la parabola discendente di un gangster di provincia e della ballerina perdutamente innamorata di lui. JIANG HU ER NV (LEASH IS PUREST WHITE) non è solo una storia d’amore, ma anche di tradimento e lealtà ambientata nel mondo della malavita della Cina. La giovane ballerina Qiao si innamora di Bin, un gangster locale. Durante uno scontro a fuoco tra bande rivali, Qiao spara per proteggere l’amato che le costano cinque anni di carcere. Dopo aver scontato la pena, va a cercare Bin per ricominciare la vita da dove l’avevano interrotta, ma la storia prende una piega inaspettata. Come sempre ricordiamoci delle differenze di civiltà ed allora riusciremo a capire questa tenerissima storia di amore.

Sempre dal Sol Levante si respira aria di nouvelle vague con KORE-EDA HIROKAZU che ha presentato un ritratto della società giapponese in difficoltà come lo sono le maggiori società occidentali con MANBIKI KAZOKU (UNE AFFAIRE DE FAMILLE). Nella megalopoli tra i grattacieli futuristi vivono anche nuclei familiari che sono lo scarto della società. Eppure in tale situazione riescono a condurre una vita semplice e serena. Per sbarcare il lunario il capofamiglia Osamu lavora come manovale. Lui e il figlio Shota sono però costretti a rubare nei negozi ciò di cui ha bisogno la famiglia nella vita di tutti i giorni. Eppure c’è in loro tanta umanità ed empatia; infatti Osamu non ha remore ad aiutare chi sta in difficoltà e non esita a soccorrere la piccola Yuri infreddolita e portarla nella casupola dove vive con la moglie Nobuyo, la cognata Aki e la suocera Hatsue. La famiglia in realtà si sostiene con la pensione della nonna. La vita scorre, ma succede qualcosa che rompe il fragile equilibrio di questo microcosmo scarto della opulenta società metropolitana. Un film delicato che affronta temi sociali attuali. Un noir ma con altro respiro quello proveniente dalla Corea: BURNING di LEE CHANG-DONG. Un giovane che sbarca il lunario con lavoretti saltuari incontra una sua compaesana Hae-mi nella metropoli dove vive. La vecchia amicizia si trasforma in passione e qui il racconto prende una piega inaspettata con la comparsa di Ben un personaggio enigmatico facoltoso che li conduce su una china pericolosa. La scomparsa della giovane insospettisce il protagonista che inizia a pedinare Ben fin tanto questi non gli confessa la sua passione adrenalinica. Uno script ben fatto con dettagli che rimandano alla cinematografia di Hitchcock non fanno peasre le oltre due ore di pellicola con un finale liberatorio.

Ma veniamo adesso al film italiano che si colloca nella cinquina di gradimento. E’ un rinnovato MATTEO GARRONE il quale presenta DOGMAN. Marcello e Simone sono le due facce dell’umanità, il debole e buono ed il cattivo che può permettersi violenze inaudite verso la comunità degradata di una nostra metropoli qualsiasi. Marcello vuole essere amico di tutti e svolge con tanto amore il suo lavoro di curarsi dei cani nel suo negozio. Fanno da sfondo altri personaggi decisamente negativi come lo spacciatore, il proprietario di un locale di slot machine ed un negozio di compro oro che non disdegna di ricettare oggetti rubati. Sebbene siano così cattivi i loro traffici sono disturbati dalla scheggia impazzita di Simone il carnefice tossico del quartiere. In questo giuoco di ruoli c’è un lato positivo nella piccola Alida figlia di Marcello con momenti di serenità per far riposare lo spettatore. Con una sceneggiatura che non da spazio a vie di uscite se non il nichilismo come in ogni storia che si rispetti la vittima si trasformerà in carnefice senza però avere l’appoggio della comunità liberata.

Di tutt’altra fattura e capacità emozionale il film della regista libanese NADINE LABAKI che con CAPHARNAÜM a sorpresa mette una ipoteca sui Palmares con una tragica storia contemporanea ambientata in Libano. La sceneggiatura ben concepita inizia all’interno di un Tribunale dove ZAIN, un ragazzo di 12 anni, si trova davanti al GIUDICE: IL GIUDICE: Perché stai facendo causa ai tuoi genitori? ZAIN: Per avermi dato la vita. Come ricordato dalla regista all’inizio Capharnaüm conteneva svariati temi tra i quali quelli sugli immigrati illegali, i bambini maltrattati, i lavoratori immigrati, la nozione di confini e la loro assurdità, il fatto che abbiamo bisogno di un pezzo di carta per dimostrare la nostra esistenza, che potrebbe essere invalidata se necessario, ma anche razzismo, paura dell’altro, indifferenza verso la Convenzione dei diritti dei bambini. Durante lo sviluppo della sceneggiatura il tema centrale viene a polarizzarsi sulla tragica esistenza del dodicenne Zain, che decide di citare in giudizio i suoi genitori per averlo concepito sebbene non fossero in grado di allevarlo adeguatamente, anche se solo per dargli l’amore genitoriale. La lotta di questo ragazzo maltrattato, i cui genitori non sono stati all’altezza del loro compito, risuona come l’urlo di tutti coloro che sono trascurati dal nostro sistema. Un’accusa universale vista attraverso gli occhi candidi.

E adesso non ci resta che gustarci questa 71ma Cerimonia dei Palmares.

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