Dei opera prima di Cosimo Terlizzi presentato al Bif&st 2018 ci mostra la dualità adolescenziale e le nostre radici

Presentato in anteprima come evento speciale al Bif&st 2018, Dei è il primo lungometraggio a soggetto di Cosimo Terlizzi, il quale ha un importante passato nel mondo del documentario e della videoarte e che qui ha deciso di cimentarsi nella difficile impresa del raccontare l’adolescenza e il sempre difficile percorso di crescita.

È questa la storia di Martino, diciassettenne appassionato di filosofia che sogna di potersi iscrivere un giorno alla vicina università di Bari e che, pertanto, vi si reca quasi quotidianamente con la sua migliore amica Valentina, pur essendo consapevole del fatto che i suoi non potrebbero permetterselo economicamente. Sarà l’incontro con l’affascinante e spregiudicata Laura e con i suoi amici a far capire al ragazzo ciò che davvero vuole dalla vita, al punto da spingerlo a rinunciare a qualcosa che ha da sempre fatto parte della sua vita.

Una storia delicata, complessa, a tratti dolorosa, questa che Terlizzi ha voluto mettere in scena. La storia sì di Martino, ma anche la storia di molti, moltissimi giovani alle prese con il difficile passaggio dall’infanzia all’età adulta. Sullo sfondo: il rapporto tra l’uomo e la terra, quale antico valore che si sta via via facendo più raro, al punto di rischiare di perdersi per sempre.

Il passato del regista nel mondo del documentario e della videoarte è praticamente evidente se si è, appunto, a conoscenza del suo curriculum. Eppure all’interno di un lavoro come Dei tutto scorre in maniera fluida, vi è una perfetta armonia tra tutte le componenti. Armonia che, volutamente, stride con il grande caos interiore del protagonista stesso. E questo non è l’unico contrasto presente all’interno del lungometraggio. Un’accurata scelta del cast, infatti, ha fatto sì che venisse scelto un ragazzo apparentemente grezzo, con lineamenti non sempre delicati, quasi come se ancora dovesse essere “battezzato” alla vita, il quale, appunto, si contrappone per questa sua singolare fisicità ai lineamenti perfetti, eterei, quasi come se fossero stati ritoccati da qualche artista, dei ragazzi da lui incontrati. E saranno appunto questi “dei” a traghettarlo nel mondo dell’età adulta e ad aprirgli gli occhi su sé stesso e sui propri desideri.

Un film, questo, dove, spesso e volentieri sono i silenzi a parlare molto più chiaramente dei dialoghi stessi. Un film dove la spensieratezza e la libertà tipiche della gioventù non fanno che contrapporsi al dolore della crescita. Un film in cui il non detto è molto più del detto e dove lo spettatore viene lasciato libero di trarre le proprie conclusioni e di dare al tutto una propria, soggettiva interpretazione. Quale migliore forma di rispetto – da parte di un autore – nei confronti degli spettatori? Ci si augura solo che questi ultimi sapranno apprezzare fino in fondo ciò che gli è appena stato regalato.

Marina Pavido

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